Direttore: Alessandro Plateroti

L’isolamento della Russia oramai è quasi “paralizzante” per il Paese.

Per la pressochè totalità dei cittadini è impossibile lasciare i confini nazionali, e non perché ci siano direttive governative in tal senso.

Se un cittadino russo volesse andare a Parigi, oggi impiegherebbe tra le 35 e le 45 ore di viaggio: il blocco dei voli è di fatto totale (ed è di ieri la notizia che Airbus e Boeing hanno bloccato le manutenzioni agli aerei della flotta Aeroflot e delle sue controllate). Oltre che ai bancomat, si registrano lunghe code, per esempio, alle farmacie, mentre nei supermercati molti prodotti cominciano a scarseggiare, oltre che a subire notevoli rincari.

Senza contare il moltiplicarsi delle proteste in molte città.

Non è necessario essere strateghi o esperti di guerre per intuire che ogni giorno che passa rende più difficile, per Putin, giustificare le proprie azioni, non solo davanti al mondo (ieri l’Assemblea dell’Onu ha votato con oltre 141 voti a favore la risoluzione per imporre alla Russia la fine della guerra, con soli 5 voti contrari (tra cui, ovviamente, la Russia e la Bielorussia, praticamente una sua “colonia”) e 35 astenuti (comprendenti la Cina, che fino ad ora non ha ancora preso, e forse mai lo farà, una posizione precisa, attenta com’è in primo luogo a “portare a casa business”), ma soprattutto al suo interno. Il Paese è di fatto al “bando” internazionale.

Nessuno vuole più fare affari con quel che resta dell’Unione Sovietica. E anche laddove qualcuno volesse, le difficoltà a cui andrebbe incontro sconsigliano di avventurarsi in un percorso molto molto accidentato. Non solo per via dello stop imposto a diversi istituti bancari sul circuito SWIFT. Non va molto meglio per le assicurazioni: quasi tutte le Compagnie di assicurazione si rifiutano di coprire dai rischi le merci e le operazioni da e verso il Paese. Peggio ancora per la logistica: Maersk e MSC, 2 tra le maggiori Compagnie di navigazione, hanno già sospeso le rotte, seguite da moltissime Compagnie minori. E già qualche Paese (vedi Gran Bretagna e Canada) ha chiuso i porti alle navi russe. Nessuno vuole più il petrolio russo: e quei pochi che sarebbe disposti a comprarlo (tra l’altro anche a prezzi inferiori a quelli di mercato) non riesco ad averlo per problemi sui trasporti. Tant’è vero che ieri un’asta di Surgutneftegas per 7 carichi di greggio è andata deserta.

La “fuga” dall’economia russa è ben dimostrata dai valori degli asset finanziari “made in Mosca”. Ancora chiusa, dopo 3 giorni, la borsa di Mosca, i valori delle società russe quotate a Londra sono letteralmente collassati: Gazprom, per esempio, è passata da Lst 9,5 a 0,58. Sberbank, per quanto non colpita direttamente dal blocco dello SWIFT, che a fine 2021 capitalizzava circa $ 100 MD e le cui azioni valevano $ 16, oggi non vale praticamente più nulla, con le azioni a $ 2 centesimi…

Il “fuggi fuggi” degli oligarghi potrebbe essere un primo segnale. E’ di ieri la notizia che Roman Abramovich, forse il più conosciuto tra gli “amici” di Putin e accreditato di un patrimonio di circa $ 15 MD, ha deciso di vendere il Chelsea, acquistato circa 20 anni fa, oltre ad innumerevoli altri asset immobiliari, per un valore complessivo di diversi miliardi: ma fa forse ancor più scalpore il fatto che il ricavato verrà devoluto per le vittime della guerra ucraina.

L’attenzione sulle vicende belliche distoglie l’attenzione dalle vicende prettamente economico-finanziarie, vicende che peraltro proseguono e che incideranno indubbiamente sul prossimo futuro. Due in particolare vanno ricordate. Ieri Jerome Powell ha confermato che la FED procederà nelle prossime settimane, al 1° aumento del costo del denaro. Peraltro ha ammesso come stiano emergendo difficoltà sulla strada della crescita, in parte ovviamente dovute alla guerra: pertanto l’aumento non sarà dello 0,50%, come fino a poche settimane fa dato per certo, ma dello 0,25%. E anche il numero degli incrementi sarà inferiore a quello che molti analisti paventavano, riducendosi a 6 nel corso dell’anno(qualcuno si era spinto sino a 8 – 9). Di conseguenza l’aumento del costo del denaro dovrebbe attestarsi all’1.50%.

In Europa, invece, il Commissario Gentiloni ha dichiarato che, in seguito alla nuova situazione che si è venuta a creare la crescita nell’area UE, prevista intorno al 4%, dovrebbe essere inferiore (si calcola dello 0,5/1%). Ecco perché anche per il 2023 si è deciso di tenere ancora in sospeso il patto di stabilità (la norma stabilità all’entrata in vigore dell’che impone agli stati membri “non in regola” un taglio del debito pari a 1 ventesimo all’anno). A rendere ancora più complicata la situazione il “cammino” dell’inflazione: i dati confermano l’ulteriore scatto in avanti in Europa, con i prezzi che hanno raggiunto un aumento del 5,8% (5,1% a gennaio, previsione degli analisti 5,3%).

A decisione della FED ieri ha rivitalizzato Wall Strett, che ha chiuso la giornata con un  rialzo intorno all’1,80%.

Nella notte indici asiatici mediamente positivi: Nikkei + 0,70%, Hong Kong + 0,33%, Seul + 1,5%. Piatta invece, sul finale di giornata, Shanghai.

Futures in leggera crescita ovunque, in attesa degli sviluppi del nuovo negoziato previsto oggi in Bielorussia.

Ancora in rialzo le materie prime.

Petrolio (WTI) oramai a $ 115 (+ 3,9%).

Gas naturale a $ 4,91 (+ 2,94%). Il megawattore ieri è arrivato a € 160, in aumento del 40% circa.

Oro a $ 1.929 (+ 0,26%).

Spread a 152 bp, con il rendimento del BTP intorno a 1,40%.

Treasury a 1,86% dall’1,74% di ieri.

$ stabile, con €/$ a 1.1102.

Leggero passo indietro del bitcoin, – 0,80% a $ 43.600.

Ps: 3.047.000. A tanti, ammontavano (dati 2020, difficile che oggi siano migliorati) i giovani (fascia di età 15-34 anni) senza un percorso di studi e non occupati (i cosi detti Neet, acronimo di Not in Education Employment or Training) nel nostro Paese. Praticamente 1 su 4. In questa terribile classifica veniamo superati, in Europa, solo da Montenegro (28,6%) e Macedonia (27,6%), oltre che dalla Turchia (33,6%), da molti considerata “semi” Europa. Ancora peggio se prendiamo l’età scolare (15-19 anni), dove la percentuale raggiunge il 75% in  più della media europea, mentre nella fascia universitaria (20-24 anni) la percentuale è del 70% in più. Però, in questi giorni, nel Governo si litiga per il catasto….

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ultimo aggiornamento: 03-03-2022


Una nuova Europ

Le conseguenze economiche della guerra