Direttore: Alessandro Plateroti

Non più tardi di un paio di settimane fa, il mondo sembrava ripiombato in un incubo. L’apparizione della variante Omicron faceva presagire nuovamente tempi bui, con chiusure, limitazioni, il ritorno dello “stay at home”, con la scienza messa spalle al muro dal virus modificato.

A distanza di pochi giorni, il quadro assume già tinte diverse.

Se da un punto di vista meramente sanitario ed epidemiologico la situazione rimane complicata, con la pressione sugli ospedali in aumento ovunque (in Francia, per esempio, solo nella giornata di ieri si sono registrati oltre 60.000 nuovi contagi) e tutti i Governi che sono alle prese con nuovi provvedimenti restrittivi, sui mercati sembra tornato il sereno. Fenomeno, questo, già visto in precedenti occasioni (e non solo riferite al virus): spesso gli “incidenti di percorso” diventano una sorta di alibi per “raffreddare” gli animi, prendere fiato, “portare a casa” le plusvalenze accumulate e permettere agli operatori di “rientrare” a prezzi più convenienti.

Come sempre, la calma permette di guardare gli accadimenti con maggior lucidità e oggettività. Non più tardi di ieri si faceva riferimento all’emotività dei mercati: certamente i fattori che li muovono (e li condizionano) sono molti. Ma certamente quando gli operatori vogliono vedere rosa, è molto probabile che il rosa arrivi. Non a caso è nata la scuola di pensiero “TINA”, acronimo di There is no alternative. Neppure ora che siamo alla vigilia di un cambiamento delle politiche monetarie delle Banche Centrali che definire epocale potrebbe sembrare non esagerato.

Se volessimo sintetizzare (estremamente sintetizzare) i fattori che spingono le scelte degli analisti e degli investitori, il qui e ora, le attese e l’emotività sono i 3 elementi chiave che condizionano i mercati.

Sul qui e ora, siamo reduci da una corsa che oramai è cominciato nei mesi immediatamente successivi all’arrivo della pandemia, grazie agli aiuti pressochè illimitati degli organismi monetari e a politiche fiscali mai viste da parte dei Governi. L’economia globale è cresciuta quest’anno del 5,6%, e si prevede che il 2022 possa essere nuovamente ricco di soddisfazioni. Ma, qua e là, qualche segnale dovrebbe indurre a qualche riflessione: per esempio, ieri è emerso che la produttività USA ha toccato, nel 3° trimestre, il minimo da 40 anni (– 5,2%) e in Germania l’indice Zew, che sta ad indicare il sentiment sullo stato dell’economia, è ancora in calo, scendendo dai 31,7 punti di novembre agli attuali 29,9.

Sulle attese, sappiamo che le Banche Centrali, a partire dalla FED, si stanno preparando a politiche di maggior rigore già a partire da questo mese. In questi mesi l’arrivo di questa fase era vista come il peggior nemico per i mercati azionari, evocando scenari molto negativi: infatti, un rialzo dei tassi significherebbe che i rendimenti delle nuove emissioni obbligazionarie tornano ad essere “competitivi” con quelli azionari, il cui “premio al rischio”, però dovrebbe essere nettamente superiore. Eppure, nonostante appaia evidente che ci si sta avvicinando a quel momento, ieri i listini hanno vissuto una delle giornate più positive degli ultimi 2 anni…There is no alternative, appunto: PIL in crescita significa economia in salute. Economia in salute, a sua volta, vuol dire aziende in crescita. E aziende in crescita valori che aumentano, a cominciare dai dividendi. Parlando, per esempio, di dividendi, si stima (e quindi “attese”) che, per quanto riguarda il  nostro indice Ftse MIB, nel 2022 le aziende quotate dovrebbero distribuire dividendi pari ad una media del 3,75%, in aumento rispetto al 3,17% di quest’anno (e al 3,44% medio degli ultimi 10 anni).

Vero che ci si avvicina a fine anno, periodo tradizionalmente positivo per i mercati, con le case d’investimento, le Banche d’affari, le società di asset management a fare a gara per “vincere” sul fronte dei rendimenti, come il colpo di reni dei ciclisti impegnati allo sprint, ma questo non deve far perdere di vista la realtà. Una realtà fatta, ancora per un po’, di inflazione alle stelle, di stretta monetaria in arrivo, di pandemia non ancora sconfitta, di disoccupazione in molti Paesi (e noi tra quelli) a livelli ancora pericolosi. Senza dimenticare il rincaro delle materie prime e i colli di bottiglia negli approvvigionamenti. A cui si potrebbero aggiungere crisi locali, come quella dell’immobiliare in Cina (dove Evergrande è sempre più pericolante, con il rischio di un contagio per tutto il settore in quell’area) o i “venti di guerra” tra Russia e Ucraina, con spettatori non indifferenti gli USA, con il Presidente Biden che già minaccia rappresaglie economiche in caso di invasione da parte della Russia.

Intanto “godiamoci” il momento. Ieri, come detto, giornata memorabile per i mercati azionari, con rialzi quasi ovunque superiori al 2% (Nasdaq addirittura + 3%). La corsa sembra continuare questa mattina sui listini asiatici, dove solo Hong Kong è leggermente negativa, a causa del “peso” del settore immobiliare (questa mattina, al di là della crisi di Evergrande, un’altra importante società immobiliare, Kaisa, ha annunciato il proprio “stato di crisi”, comunicando la sospensione delle negoziazioni dei propri titoli): Nikkei + 1,42%, Shanghai + 1.18%.

Futures ancora positivi oltre Oceano, mentre in Europa le negoziazioni dovrebbe iniziare all’insegna di un modesto ribasso.

Petrolio che rifiata dopo la corsa degli ultimi giorni, con il WTI a $ 71,5 (- 0,78%).

Gas naturale invece in rialzo (+ 2,72%, $ 3,816) in considerazione delle tensioni tra Russia e Ucraina.

Oro che cerca di tornare a “brillare”: + 0,31%, $ 1.792.

Ancora debole lo spread, a 129 bp, con il BTP  tra 0,90 e 0,95%. Ad appesantire le quotazioni le tensioni politiche provocate dallo sciopero generale proclamato dai sindacati per il 16 dicembre.

Sul fronte valutario, nulla da segnalare, con l’€/$ sempre a 1,1285.

Rifiata il bitcoin, a $ 50.500 (- 0,90%).

Ps: ieri, alla Prima della Scala, quasi 6’ di applausi per il Presidente Mattarella. Il Macbeth doveva ancora iniziare, ma si sono sentiti moltissime richieste di bis…Ben sappiamo come, storicamente, la Scala, nel tempo, sia stata un po’ la voce degli stati d’animo dell’opinione pubblica (anche se qualcuno potrebbe obiettare che è rappresentativa del ceto più “borghese” e benestante). E anche il Direttore Riccardo Chailly, nel suo saluto al Presidente, gli ha ricordato “le hanno richiesto il bis, come ai grandi cantanti, ed è rarissimo alla Scala”. Chissà…

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ultimo aggiornamento: 08-12-2021


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