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Il Patto di Stabilità, l’insieme di regole che sta alla base della politica economica, con tutto quello che ne consegue, della UE, è, come noto, “in freezer” dallo scoppio della pandemia. Da quel momento, infatti, sono stati sospesi il rispetto di 2 parametri fondamentali: il 3% nel caso del rapporto deficit/PIL e il 60% nel rapporto debito/PIL (questo, a dire il vero, il vero  nodo della UE, visto che il rapporto medio è pari all’85,1%, con lo sforamento che riguarda molti dei 27 Paesi membri – la stessa Germania, “paladina” del rigore, rientra, seppur di poco, tra questi, visto che si trova al 66,3%).

Dopo oltre 3 anni, passata l’emergenza Covid (ma non quella economica) il Patto di Stabilità tornerà in vigore a partire dall’anno prossimo. In questi giorni, in vista della presentazione di domani, sono in corso discussioni tra i vari Paesi, come al solito divisi tra chi vorrebbe un ritorno “rigido” a quei parametri e chi, invece, spinge per una maggior gradualità. Ormai abbiamo imparato che l’Europa, più di altre organizzazioni complesse, vive di equilibrismo e tatticismo, facendo del compromesso un elemento indispensabile per la propria esistenza.

Emergono quindi le prime indicazioni su quanto Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’economica e Vladimir Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea, esporranno nel loro intervento. I parametri (3% e 60%) resteranno immutati. Ciò che cambierà sarà la strada per raggiungerli, “parametrandoli” al Piano Next Generation EU. Di fatto viene stabilito un orizzonte temporale compreso tra i 4 e i 7 anni, senza parametri di rientro rigidi (l’abbattimento dell’1% annuo del rapporto debito/PIL dovrebbe rimanere una semplice indicazione e non un requisito da rispettare rigorosamente). Se così fosse, indubbiamente a uscirne “vincitori” sarebbero i Paesi, come il nostro, il cui debito pubblico ha assunto dimensioni assai problematiche. Assumere atteggiamenti di forte rigore potrebbe essere controproducente per l’Europa: questa sembra essere la logica che ha guidato le trattative. Imporre parametri difficili da ottenere, infatti, potrebbe rivelarsi un boomerang: le difficoltà di un Paese come il nostro, tra i “fondatori” dell’Europa e tra le prime 7 economie al mondo, si estenderebbero con tutta probabilità all’Europa, con conseguenze forse inimmaginabili.

Forse non a caso, Goldman Sachs in un’analisi pubblicata ieri ritiene che lo spread BTP/Bund possa arrivare a 235 bp (oggi è a 185 bp), invitando i propri clienti a prendere in considerazione l’eventualità di “switchare” gli asset attualmente investiti sul debito italiano verso i Bonos spagnoli. A detta della Banca americana, infatti, la Spagna, oltre ad avere i numeri “più in ordine”, sembra meglio impostata sul PNRR, con idee più chiare e una migliore organizzazione attuativa. Oltre al fatto che è venuto meno l’acquisto (cosa peraltro comune a tutti i Paesi Ue) l’acquisto di titoli dei debito da parte della BCE: solo nell’anno in corso ne arriveranno a scadenza circa € 36 MD (su un totale “in pancia” alla BCE di circa 363MD, oltre a quelli direttamente detenuti da Bankitalia), ulteriore elemento che potrebbe mettere sotto pressione lo spread. Se poi ci aggiungiamo prospettive di crescita di certo non entusiasmanti (per quest’anno inferiore all’1%) il quadro è fatto.

Poco mosse le chiusure di ieri a Wall Street, con il Dow Jones a + 0,20% e il Nasdaq a – 0,24%.

Questa mattina indici asiatici contrassegnati dal segno meno: Shanghai – 0,32%, Hang Seng a Hong Kong – 1,17%, Kospi Seul – 1,3%.

Si distingue a Tokyo il Nikkei, che riesce a mantenere un pallido sego più (+0,10%).

Aperture deboli in Europa (Eurostoxx – 0,67%).

Segnali negativi anche per quanto riguarda i futures americani, indicativamente intorno al – 0,5%.

Petrolio stabile, con il WTI  $ 78,94.

Gas naturale Usa a $ 2,439 (- 1,46%).

Quello europeo scende sotto € 40 per megawattora (€ 39.30,facendo segnare un prezzo inferiore a quello dell’inizio del conflitto ucraino).

Oro di un soffio sopra i $ 2.000 (2.001,50).

Spread a 187 bp, con il BTP a 4,30%.

Bund a 2,42%.

Treasury Usa a 3,47% dal precedente  3,55%.

€/$ oltre 1.10 /1,1032).

Bitcoin ancora in discesa, a $ 27.270.

Ps: Bernard Arnault, il proprietario di LVMH, è l’uomo più ricco del mondo, avendo superato tutti i vari magnati americani, indiani e cinesi, con un patrimonio personale di oltre $ 211 MD (il secondo, Elon Musk, ormai è distanziato di un cinquantina di miliardi). Solo nella giornata di ieri, la fortuna del fondatore della “maison francese” è cresciuta di 1,1 MD: infatti, LVMH è diventata il primo gruppo europeo a superare i $ 500 MD di capitalizzazione. Il lusso, insomma, parla sempre più francese.

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ultimo aggiornamento: 25-04-2023


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