Direttore: Alessandro Plateroti

Erano molto attesi, ieri, i dati della First Republic Bank, la banca regionale americana diventata famosa sulla scia del fallimento della Silicon Valley Bank.

Le preoccupazioni del mercato sono state in parte confermate da numeri impietosi: nei primi 3 mesi dell’anno, l’Istituto americano ha perso ben $ 100 MD su depositi complessivi pari a $ 175 MD. Un calo tremendo, che ha portato a perdere oltre il 50% del proprio valore di borsa. Peraltro, a partire dal mese di aprile le cose sembrano essersi stabilizzate, con deflussi pari solo all’1,7% dei depositi. Con tutta evidenza, i risultati non certo positivi di First Republic Bank hanno riacceso il faro sul settore bancario americano, con il timore che “l’onda lunga” della Silicon Valley Bank non sia ancora terminato.

Ad una lettura più attenta, però, le cose, per il settore creditizio americano, non sono così negativi come potrebbe sembrare. Al di là dei risultati piuttosto positivi dei primi 6 gruppi bancari Usa, pubblicati la settimana scorsa, con JP Morgan che ha superato i $ 12 MD di utili trimestrali, alcuni indicatori ci dicono che il momento più difficile potrebbe essere alle spalle.

Per esempio, il rallentamento, per non dire lo stop, dei deflussi di liquidità dai depositi non riguarda solo la First Republic ma un po’ tutto il settore delle banche regionali. Molto hanno aiutato le iniezioni di liquidità (circa $ 30 MD) delle principali banche USA su sollecitazione della Federal Reserve.

Un secondo elemento positivo è quello relativo all’andamento dei Money Market Funds, vale a dire i fondi che investono in titoli governativi con scadenze a breve termine (che in Usa offrono rendimenti superiori al 4%): dopo che per mesi hanno drenato liquidità dai depositi bancari, arrivando a toccare uno stock di oltre $ 5.200 MD, la settimana scorsa si è assistito ad un calo di circa $ 60 MD.

Ma forse il fattore più importante riguarda le operazioni di sostegno al settore bancario da parte delle principali Banche Centrali: infatti, dal prossimo 1 maggio verranno sospese in quanto ritenute non più necessarie. Si ritiene, quindi, che il sistema sia tornato in sicurezza e abbia ripreso la normale attività.

Rimangono peraltro alcune zone d’ombra, come per es. che i profitti del settore bancario siano destinati a scendere dopo la corsa degli ultimi mesi, ovvero il fatto che le banche, soprattutto quelle americane, torni non a “chiudere i rubinetti”, aggiungendosi alle politiche rigorose della FED o della BCE. Un limitato (oltre che molto più caro) accesso al credito potrebbe diventare un pericoloso “collo di bottiglia” che non farebbe che dare ulteriore spazio alle probabilità di una recessione.

Insomma, il crollo delle quotazioni di First National Bank è sembrato un po’ eccessivo, soprattutto alla luce di quanto si sta verificando da aprile in poi, assumendo quasi le sembianze di un pretesto, come spesso succede, per alleggerire un comparto che, nella prima parte dell’anno, ha dato non poche soddisfazioni.

Anche se la First National Bank è dall’altra parte dell’oceano, a farne le spese più gravi è stato il nostro indice MIB. La spiegazione è piuttosto semplice, essendo il nostro listino quello più “infarcito” di titoli bancari/finanziari, il settore maggiormente colpito nella giornata di ieri.

Questa mattina gli umori degli investitori sembrano un po’ diversi: nella serata di ieri Alphabet-Google e Microsoft hanno pubblicato le loro trimestrali, con numeri, soprattutto per Microsoft, migliori delle aspettative (che hanno portato il titolo a crescere, nell’after-hour, di oltre l’8%).

Si stanno comportando bene le borse della Great China, con Hong Kong che cresce dello 0,90% e Shanghai in rialzo dello 0,10%. Penalizzata, invece, Tokyo, dove il Nikkei scende dello 0,7%.

Ancora negativo il Kospi a Seul, in calo dello 0,4% dopo che Bank of America ha rivisto al ribasso (da + 1,9% a + 1,4%) le stime di crescita.

In forte rialzo i futures sul Nasdaq (+ 1,31%), mentre sembrano più cauti quelli sullo S&P 500 (+ 0,47%).

In Europa Eurostoxx – 0,51%.

Petrolio in ripresa dopo il – 2% di ieri; questa mattina WTI a $ 77,83, + 0,87%.

Gas naturale Usa a $ 2.412 (- 1,19%).

Oro stabile a $ 2.008 (+ 0,10%).

Spread in crescita a 190 bp, certamente penalizzato dalle analisi di Goldman Sachs (che lo “vede” a 235 bp) e dalle problematiche legate all’attuazione del PNRR che stanno “allarmando” l’Europa.

BTP intorno a 4,30%.

Treasury Usa a 3,40% dal 3,47% di ieri.

€/$ a 1,1001.

Risale il Bitcoin: questa mattina lo ritroviamo a $ 28.258, + 0,13%.

Ps: il turismo e la ricettività sono 2 aspetti fondamentali per il nostro Paese e per il contributo al PIL. Più che comprensibile che il Ministero del Turismo abbia deciso di lanciare una campagna pubblicitaria per rilanciare, nel mondo, il nostro Paese e le bellezze che lo contraddistinguono. Quello che però spinge a qualche riflessione sono le modalità con cui si vuole far passare il messaggio, a partire da una Venere di Botticelli “tra-vestita” da influencer. Per non parlare della degustazione di vino italiano girata in Slovenia con vino sloveno. O del fatto che il sito è disponibile solo in 4 lingue (senza neanche il francese e il cinese), mentre, per esempio, il sito spagnolo ne ha 11. O il fatto che per le traduzioni è stato utilizzato il traduttore automatico di Google: Brindisi è diventata Toast, mentre Camerino Garderobe….

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ultimo aggiornamento: 26-04-2023


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