Si sa che l’economia e la finanza (e di conseguenza i mercati finanziari) si reggono su regole piuttosto precise. Regole che negli ultimi anni sono state messe in discussione dagli interventi straordinari da parte delle Banche Centrali, interventi il cui lungo protrarsi ha creato una sorta di “realtà modificata”. Il mare di liquidità che ha invaso i mercati, con un debito globale (sommatoria del debito pubblico oltre al debito di famiglie e imprese) che a fine 2020 aveva toccato i $ 227.000 MD (ma che alla fine di quest’anno potrebbe addirittura sfiorare i $ 300.000 MD), pari a 2,5 volte il PIL globale (chediventerà quasi 3 volte a fine 2021), sta provocando un cambiamento dei paradigmi che stanno alla base dei processi economici.
Sappiamo anche che negli ultimi mesi, peraltro, un tema in particolare tiene banco, facendo passare in secondo piano tutto il resto. E i dati pubblicati venerdì scorso non fanno che confermarlo.
Abbiamo quindi appreso che l’inflazione USA ha raggiunto livelli che non vedeva da circa 40 anni (1982). A novembre è arrivata al 6,8%, rispetto al 6,2% di ottobre. Un rialzo che arriva per il 6° mese consecutivo, e che fa impennare anche l’inflazione core, vale a dire quella depennata dalle componenti più “volatili” (energia e alimentari), che si attesta al 4,9% (4,6% ad ottobre). Aumenti per il momento a cui non ha ancora fatto seguito quello dei salari che, negli USA, nell’ultimo anno, hanno perso circa il 2% in termini reali.
Un rialzo che dovrebbe ulteriormente accelerare il tanto atteso “tapering” (diminuzione del piano di acquisto di titoli da parte della Federal Reserve): ormai dato per scontato, si stanno ora facendo largo ipotesi di un aumento da $ 15 MD a $ 30 MD mese di minori acquisti, il che, se fosse vero, vorrebbe dire che nell’arco di 4 mesi (e quindi a fine marzo 2022) gli acquisti di Treasury e altri titoli di debito controgarantiti terminerebbero, aprendo la strada, a quel punto, ad un probabile aumento dei tassi.
Eppure i mercati USA hanno chiuso la settimana (i dati sono stati comunicati a contrattazioni aperte) ancora in rialzo, avvicinando gli indici di Wall Street ai massimi. Un movimento, almeno apparentemente, in contraddizione con quanto, soltanto sino a poche settimane fa, erano le previsioni, che vedevano nella fine degli interventi di sostegno l’inizio di una fase difficile per i mercati azionari. A spingere gli operatori a credere che i mercati azionari potranno ancora dare soddisfazioni sostanzialmente 2 fattori. Il primo è che il rialzo è di fatto in linea con le attese, cosa che aveva portato i mercati (nelle ultime settimane piuttosto volatili) a “digerire” un’ipotesi che si è confermata realtà. E poi, soprattutto, la sensazione che con questo ulteriore incremento l’inflazione abbia toccato il suo picco: infatti, in gran parte è stato dovuto agli aumenti dei costi dell’energia, che però, nell’ultimo periodo, pare abbiano invertito la rotta. Cosa che ha portato molti investitori a posizionarsi sui treasury, i cui rendimenti sono tornati a scendere, dando nuovo “ossigeno” ai titoli tecnologici, i più “sensibili” alle variazioni dei tassi.
Comunque le attese degli operatori dureranno ancora poco tempo: domani e dopodomani si riunirà il Comitato Direttivo della FED, chiamato a decidere sulle nuove politiche monetarie. Subito dopo (giovedì) anche la BCE sarà chiamata a “dire la sua”. Già si sa che non dovrebbe continuare il piano di acquisti da € 60-80 MD mese la cui scadenza è prevista per marzo 22. Allo stesso tempo, però, Christine Lagarde dovrebbe confermare le altre scelte accomodanti della politica monetarie della BCE. E, sempre giovedì, anche la Bank of England comunicherà le proprie decisioni.
Inizio settimana mediamente positivo per i mercati asiatici, anche se si avviano a chiusure lontane dai massimi di giornata. Nikkei a + 0,71%, Shanghai a + 0,40%, mentre ancora una volta Hong Kong è il “fanalino di coda”, trovandosi intorno alla parità (penalizzata nuovamente dalla difficoltà in cui si trovano le società del settore immobiliare).
Futures in rialzo su tutte le piazze, con quelli USA più brillanti.
Petrolio che apre la settimana con un nuovo aumento, con il WTI a $ 72,74 (+ 1,40%).
Gas naturale in prossimità di $ 4 ($ 3,986, + 1,38%).
Oro stabile a $ 1.785 per oncia.
Stabile anche lo spread, che riparte da 130 bp, per un rendimento del BTP appena sotto 1%.
€/$ sempre in area 1,13 (1,1286).
Bitcoin senza particolari spunti, a $ 48.900 (- 0,57%).
Ps: oggi su tutte le prime pagine dei giornali grande spazio all’incredibile conclusione del mondiale di F1, con la vittoria all’ultimo giro di Max Verstappen. Ma la vera notizia, per noi italiani, è la nuova vittoria di Federica Brignone nel SuperG di St. Moritz. Vittoria che le consente di superare Deborah Compagnoni nel numero di successi (17 vs 16) e diventare la sciatrice italiana più vincente di sempre.