Direttore: Alessandro Plateroti

Pare dunque che i 27 Paesi UE abbiano trovato un accordo sulle forniture energetiche “targate” Mosca.

L’accordo decorrerà formalmente da gennaio e prevede il blocco del greggio che arriva via mare, equivalente a circa il 90% dell’export russo verso l’Europa. Viene escluso quello che viaggia con l’oleodotto Druzbha” (il paradosso vuole che si chiami “amicizia”), che raggiunge l’Ucraina e da lì si biforca, proseguendo da una parte verso nord (Polonia-Germania), dall’altra verso l’Ungheria (il vero ostacolo all’accordo) e altri Paesi quali Slovacchia e Repubblica Ceca. In effetti l’Ucraina, che dipende dall’import russo per 65% del proprio fabbisogno,  non ha sbocchi sul mare (come peraltro la Slovacchia, la Repubblica Ceca o l’Austria), per cui l’esclusione del petrolio che raggiunge l’Europa via “terra” consente la “sopravvivenza” energetica a Orban. Che però, non contento, chiede ulteriori garanzie in merito al fatto che, attraversando l’oleodotto una zona di guerra, se fosse danneggiato il suo Paese continuerà a ricevere le forniture necessarie.

Di contro, Germania e Polonia, indirettamente favorite per il fatto che l’oleodotto raggiunge il loro territorio, hanno già comunicato che non usufruiranno del “tubo” russo.

Rimane escluso, per ora, il gas, per il quale si potrebbe arrivare ad una “calmierazione” dei prezzi. Prezzi che negli ultimi mesi hanno avuto oscillazioni fortissime, arrivando a toccare anche € 200 per megawattora, mentre ora è a € 88,20. Un prezzo comunque ben più alto rispetto a quello medio degli ultimi anni, pari a € 15.

Prezzo che coprirebbe ampiamente i costi di produzione.

Si calcola, infatti, che il “puro” costo estrattivo sia intorno ad € 5 per MWh, a cui si debbono aggiungere altri € 5 per la logistica e il trasporto. Si arriverebbe, quindi, ad un costo medio di € 10 per MWh. Diventa importante fissare pertanto un prezzo limite a livello europeo, in modo da non creare difformità tra i Paesi membri.

I maggiori ostacoli arrivano dai Paesi più ricchi.

In primis dalla Norvegia, quella che forse ha maggiormente beneficiato della folle corsa dei prezzi: non è un caso che il più potente Fondo Sovrano sia di quel Paese e abbia un patrimonio di ben $ 1.300 MD.

Segue l’Olanda, Paese in cui è nato il TTF (Title of Transfer Facility), che definisce i futures sul gas sul mercato di Londra, oltre al fatto che è anche un forte esportatore, grazie all’importante giacimento di Groninga.

E infine la Germania, da sempre in affari con la Russia, oltre al fatto che le sue coste affacciano sul Mare del Nord, dove, come noto, si trovano diversi siti estrattivi.

Un prezzo considerato “equo” potrebbe essere intorno ai 30€, che definiscono i contratti “take or pay”, quelli che riguardano le forniture immediate (simili ai contratti relativi alle forniture di petrolio) e non quelli “futures”.

Venendo all’inflazione, l’altro “tema caldo” del momento, ieri sono stati resi noti i dati tedeschi: l’aumento dei prezzi ha toccato l’8,7%, superiore alle attese, mentre il Cpi nazionale si è attestato al 7,9%, la percentuale più alta dal 1952, ben superiore al 7,1% toccato negli anni 70. Anche in Spagna sono stati toccati livelli preoccupanti, pari all’8,7%, mentre l’inflazione “core” si è attestata al 4,9%.

Oggi verrà pubblicato il dato europeo, con attese al 7.6% (ma il rischio è che si arrivi vicino all’8%).

Salgono gli indici della Great China dopo i la pubblicazione dei dati sull’attività economica in Cina, con l’indice PMI sulle aspettative dei direttori acquisti delle aziende salito a 49.6 (il mercato si aspettava 49): Shanghai si appresta a chiudere con una crescita dell’1,17%, mentre Hong Kong sale dell’1,14%. Debole in chiusura Tokyo, che arretra di un marginale 0,33%.

Riapre oggi Wall Street, dopo la festività di ieri.

Futures al momento deboli, in arretramento di circa mezzo punto.

Balzo del petrolio, con il WTI ormai prossimo ai $ 120 (119,26, + 3,54% anche questa mattina).

Gas naturale $ 8,77, + 0,33%.

Stabile l’oro, a $ 1.858.

Spread a 193,80, con il BTP che “naviga” intorno al 3%.

Risale anche il rendimento del treasury, sulla spinta dell’inflazione tedesca: questa mattina lo troviamo al 2,83%, dal 2,74% di ieri.

€/$ 1.0739, sui livelli di ieri.

Continua la sua corsa il bitcoin: questa mattina tocca i $ 31.551, il rialzo del 2,75%.

Ps: è morto ieri, all’età di ben 108 anni (era nato il 26 agosto 1913) lo scrittore triestino (ma di lingua slovena) Boris Pahor. Scrittore deportato e sopravvissuto all’Olocausto e forse più noto all’estero che nel nostro Paese (in Francia, per esempio, è stato insignito della Legion d’onore, mentre da noi, il suo libro più noto – Necropoli – scritto nel 1965, è stato pubblicato solo nel 2008).

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ultimo aggiornamento: 31-05-2022


Crisi energetica, embargo o blocco dei prezzi

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