Ormai è chiaro che la “presa” dell’Ucraina può diventare, per Putin, un boomerang devastante. Una “guerra di posizione” è l’ultima cosa che avrebbe voluto; per motivazioni ben diverse, l’azione di guerra potrebbe diventare un nuovo “Afghanistan”, allo quando, negli anni 80, “l’armata sovietica” fu costretta al ritiro, pur disponendo di una potenza bellica infinitamente superiore a quella del Paese medio-orientale. All’epoca i generali sovietici non avevano fatto i conti con una morfologia del territorio che rendeva pressochè inutilizzabili gran parte dei mezzi di cui disponeva l’esercito. Questa volta, probabilmente, non sono state prese nella giusta considerazione la “resistenza” da parte non solo dell’esercito, ma anche della popolazione ucraina. Oltre che, soprattutto, le possibili reazioni da parte della comunità internazionale.
Non dimentichiamo che in questo caso si tratta di una guerra quasi “fratricida”: la popolazione dei 2 Paesi ha la stessa origine, molte sono le famiglie che hanno parenti oltre i rispettivi confini. Molti comuni cittadini russi non comprendono le effettive motivazioni che hanno spinto Putin ad invadere il Paese ucraino e le continue manifestazioni che si stanno svolgendo nelle principali città russe, per quanto represse dalla Polizia, di certo non aiutano la popolarità del Presidente.
Ma forse il principale effetto ottenuto, quello che potrebbe mettere in ginocchio non solo il Paese, ma anche il dominio politico dello “zar” di Mosca (perché, nei fatti, di questo si parla), è l’aver compattato i propri “avversari”.
Dagli USA alla UE, dal Giappone alla Svizzera, dal Canada ai Paesi nordici, nessuno escluso, si sono trovati d’accordo nel varare sanzioni mai viste (solo la Cina, per il momento, è rimasta ad “osservare”, non assumendo nessuna particolare decisione, ma limitandosi a dichiarazioni in cui si invita a deporre le armi). Il blocco del sistema Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), che consente lo svolgimento delle transazioni di pagamento tra banche, unitamente al blocco delle riserve valutarie della Banca Centrale Russa (che detiene asset per oltre $ 640 MD, o meglio, deteneva: dopo la giornata di ieri si calcola che siano notevolmente diminuiti), si è abbattuto come un meteorite sull’economia russa, con conseguenze finanziarie mai viste.
Il rublo, che era arrivato a perdere oltre il 30% del proprio valore, ha chiuso in ribasso di oltre il 12%; la borsa di Mosca è rimasta chiusa (e lo stesso sarà oggi), ma questo non ha evitato che alcune società, quotate sul mercato londinese, abbia pagato un prezzo salatissimo. A farne le spese peggiori Sberbank, il principale istituto bancario russo, crollato di oltre il 74%. Ma anche società operanti in altri settori hanno registrato perdite colossali: Gazprom, la principale società di energia, ha ceduto il 51%, Lukoil il 62,8%, Rosneft il 42,3%. Elvira Nebiullina, Presidente della Banca Centrale, è stata costretta ad aumentare il costo del denaro dal 9,5% al 20% nel tentativo, vano, di sostenere la valuta locale. E il Governo ha imposto a tutte le società che ricevono pagamenti in valuta straniera di convertire almeno l’80% in Rubli.
I correntisti si sono precipitati agli sportelli bancari e ai bancomat, formando lunghissime code, preoccupati che venga bloccata l’erogazione di contante.
Ma forse il rischio maggiore, per Putin, potrebbe arrivare non tanto dalla “gente comune” (verso la quale non ha mai dimostrato grande riguardo), quanto piuttosto dalle persone a lui più vicine. Molti oligarghi già hanno fatto intendere, in maniera per niente equivoca, di non essere d’accordo sulla strategia adottata; ma il vero rischio, per il Presidente russo, potrebbe essere il “contagio”, e quindi la possibilità anche dentro l’esercito e il Parlamento “monti” lo schieramento di chi si oppone alla guerra. Che poi, neanche troppo velatamente, è ciò a cui mirano, attraverso le sanzioni, tutti i Paesi che si sono schierati contro l’invasione.
Si comincia, inoltre, a fare “i conti” su quanto potrebbe accadere se la guerra perdurasse. Data per certa una profonda crisi economica in Russia, con il PIL che potrebbe crollare di almeno il 5% (- 20% nel trimestre), le ricadute su UE e USA potrebbero essere di un calo dello 0,5%. Ma quello che i mercati cominciano a stimare è che le Banche Centrali potrebbe, almeno in parte, rivedere le loro politiche monetarie, “allentando” un po’ la presa e alleggerendo, di conseguenza, il previsto “rigore”. Non è detto, in sostanza, che vengano mantenuti i rialzi già “scontati” dai mercati (il primo, da parte della FED, è previsto per metà marzo).
Se ne ha evidenza anche osservando quanto successo ieri al nostro BTP, tornato nel mirino dei “compratori”, con lo spread sceso sotto i 160 bp, con il rendimento ai minimi da oltre 3 settimane, sull’ipotesi che la BCE possa estendere gli acquisti anche oltre il mese di marzo.
Dopo la chiusura positiva del Nasdaq (+ 0.34%) di ieri sera e il recupero dello S&P (che ha chiuso si in negativo – – 0,24% – ma lontano dai minimi intra-day), tutte borse asiatiche si muovono in territorio positivo: Nikkei + 1,20%, Shanghai + 0,77%, Hong Kong + 0,50%, per quanto penalizzata dall’effetto contagi, che non accennano a diminuire.
Futures, per il momento, a 2 velocità: segnali di leggera debolezza per quelli europei, mentre a Wall Street stanno dando segnali di maggior forza. In discesa, seppur moderata, il Vix.
Petrolio in leggero rafforzamento, con il WTI a $ 96,97 (+ 1,31%).
Gas naturale a $ 4,372, – 0,89%.
Appena positivo l’oro, a $ 1.909 n(+ 0,35%).
Spread a 155,9 bp, con il BTP intorno a 1,75%.
Treasury poco mosso, a 1,85%.
Leggermente debole il $, con €/$ a 1.1223.
Continua la corsa del bitcoin, favorito dal blocco delle transazioni finanziarie con la Russia: infatti, molti hanno iniziato ad utilizzarlo per “aggirare” il blocco. Motivo per cui questa mattina lo troviamo ad oltre $ 43.500, in rialzo del 13%.
Ps: anche le Compagnie Aeree, per evitare il blocco degli spazi aerei reciprocamente imposti (la UE e gli altri Paesi al sorvolo da parte delle compagnie russe, la Russia a quelle di tutti i Paesi a lei avversari), devo “aggirare” i blocchi, allungando non di poco le loro rotte. Si calcola, per esempio, che dall’Europa al Far East i tempi di volo cresceranno di almeno un’ora. Senza contare, ovviamente, l’aumento dei consumi di carburante, con conseguente, c’è da credere, aumento dei costi di trasporto. Altro che stop all’inflazione…