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Tutte le attenzioni sono rivolte al conflitto ucraino, tra le speranze di un armistizio (anche se in pochi ritengono che i negoziati che a breve dovrebbero svolgersi tra le delegazioni dei 2 Paesi possano essere risolutivi – e già il fatto che si svolgano in Bielorussia, nazione molto vicina a Putin può essere letto come un indizio in questo senso) e le preoccupazioni di un’escalation militare ben più grave (vedi il riferimento del leader russo a “rispolverare” l’armamento nucleare).

Le conseguenze della crisi alle porte dell’UE intanto cominciano ad intravedersi.

A parte quelle economico-finanziarie, al momento le più evidenti e su cui i Governi stanno facendo leva, attraverso le sanzioni, per riportare la Russia a più miti consigli, già si notano cambiamenti di rotta in diversi Paesi.

Forse quello più evidente è quello emerso ieri in Germania. Il cancelliere Sholz, infatti, in un discorso al Parlamento tedesco, ha annunciato che, pe la 1° volta da 77 anni, cioè dalla fine della 2° Guerra Mondiale, la Germania aumenterà, per i prossimi anni, la spesa per la difesa aumenterà, annualmente, sopra il 2% del PIL (nel 2021 pari ad € 3.400 MD circa, per cui € 70MD all’anno). Oltre alla creazione di un fondo straordinario pari ad € 100MD per ammodernare le forse armate.

Scattano oggi le sanzioni che praticamente mezzo mondo (dagli USA alla UE, dal Canada al Giappone alla Svizzera) ha deciso nei confronti della Russia.

Sembra ormai certo il blocco SWIFT per alcune banche russe: in sostanza, saranno impedite le transazione finanziarie da e verso la Russia. Sarà impedito, alla stessa Banca Centrale Russa, di scendere in campo per poter operare a difesa, per esempio, del cambio del rublo. Che infatti, stando a quanto si inizia a vedere, dovrebbe aprire le contrattazioni in calo di circa il 30% verso le principali valute internazionali. Sorte analoga, probabilmente, toccherà alla borsa di Mosca, oggetto, già la settimana scorsa, di fluttuazioni eccezionali, come dimostra una volatilità (VIX) mai raggiunta da nessuna borsa occidentale (ben il 127%).

Molto probabilmente quella odierna sarà un’altra giornata di “passione” per i mercati.

Da quando, circa una settimana fa si era capito che le probabilità di un’invasione russa erano in crescita, il valore delle quotazioni a livello globale è sceso di circa $ 1.800 MD, pari a circa il 2.6%. Una percentuale peraltro non così drammaticamente negativa.

Peraltro non è che gli asset dei beni rifugio (safe-haven) abbiano avuto chissà quale incremento e, soprattutto, hanno avuto un andamento non così lineare. Se nella giornata di giovedì, prima giornata di conflitto, avevano avuto una forte crescita (l’oro, per esempio, era arrivato a $ 1.970, e il petrolio, non un bene rifugio, ma comunque direttamente “chiamato in causa” da un ipotetico blocco delle forniture aveva superato, con il WTI i $ 100), nella giornata di venerdì hanno visto le proprie quotazioni cadere sino a $ 1.890 il primo e a $ 91 il secondo.

L’incertezza probabilmente sarà, non solo oggi, regina del mercato. Che, inoltre, è in attesa di conoscere quali saranno le decisioni delle Banche Centrali, in primis FED e BCE. Se fino a pochi giorni fa la strada sembrava chiaramente segnata, con la Banca USA pronta ad  un primo rialzo nell’ordine dello 0,50% per iniziare a fermare l’inflazione, oggi già si parla di un rialzo dello 0,25%. E se prima il numero dei rialzi previsti era, nel corso dell’anno, tra gli 8 e i 9, oggi si nota qualche pensiero diverso, che li ridurrebbe a 6 – 7. Si calcola che il peso delle sanzioni, se dovessero continuare nel tempo, potrebbe causare una riduzione della crescita, in USA e in Europa, tra lo 0,5% e l’1%. Naturale, quindi, che la cautela inizi a farsi largo tra gli analisti. Vero che le riserve russe ($ 630 MD, di cui in oro circa n$ 145 MD) consentirebbero al Paese di “andare avanti” per parecchi mesi (si parla addirittura sino a 1 anno), ma la valutazione, evidentemente, non tiene conto del “peso politico”: per quanto tempo Putin sarebbe in grado di resistere ad un’opinione pubblica che già oggi da segnali di protesta mai visti in quel Paese e, soprattutto, agli oligarchi, i più esposti al peso delle sanzioni (infatti già diversi hanno dichiarato, in maniera piuttosto netta, che la guerra è la soluzione sbagliata)?

Intanto, nella notte, le borse asiatiche, dopo un avvio piuttosto negativo, hanno quasi tutte recuperato le perdite: il Nikkei ha chiuso a + 0,19%, mentre Shanghai si trova, a poco dalla chiusura, a + 0,32%, Negativo, per quanto lontano dai minimi intra-day, Hong Kong, a – 0,57%. Positiva anche la Corea del Sud, con il Kospi a + 0,84%.

Negativi, al momento, i futures sui vari indici occidentali, anche se, anche questi, in recupero verso i minimi delle prime ore della giornata. Quelli sul Nasdaq, per es, che facevano segnare – 2,7%, ora sono a – 1,7%. Più pesanti quelli sull’Europa, dove quelli sul Dax  sono in calo del 3%.

In rialzo tutte le materie prime: petrolio (WTI) a $ 95,81 (+ 4,51%), Gas naturale $ 4,619 (+ 3,11%), oro a $ 1.900 /+ 0,67%).

Spread a 162,5bp, con il BTP appena sopra l’1,80%.

Treasury USA a 1,89%, in calo dello 7 bp.

In rafforzamento €/$ con il $ che si spinge sino a 1,1187 verso €.

In calo il bitcoin, a $ 38.463, – 1%.

Ps: mai si ricorda una inverno così privo di piogge (e di neve). Se non fosse per le temperature, si potrebbe tranquillamente pensare che siamo in piena estate. Tant’è vero che il livello idrometrico del Po, nei pressi di Pavia, segna – 3,07 mt, un livello inferiore a quello di ferragosto. Con le riserve derivate dalla neve in calo del 58% rispetto alla norma. Che sembrerebbe fare il paio con un problema ben più ampio: si calcola che i ghiacci dell’Antartide siano scesi a 1.980 ML di km, dai 2,1 ML del 2017.

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ultimo aggiornamento: 28-02-2022


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