E’ un rincorrersi di incontri tra diplomazie, telefonate tra Capi di Stato, dichiarazioni le cui parole vengono passate al “microscopio” alla ricerca del “non detto”. Eppure la guerra in Ucraina è di casa da anni, almeno dal 2014, anno in cui la Russia “si è” annessa la Crimea, senza contare la battaglia per il Donbass, la regione nella zona est del Paese, un conflitto che ha praticamente distrutto Donetsk, la città più importante della regione. Sembra che ci sia accorti della gravità della situazione solo nelle ultime settimane: eppure quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra alle porte dell’Europa non sono una novità dell’ultima ora.
Che la Russia sia uno dei principali fornitori di energia dell’Europa (si accennava ieri alla “dipendenza” energetica di molti Paesi europei, tra cui il nostro e la Germania) non è una novità. E neppure che un eventuale conflitto farebbe andare alle stelle i prezzi di gas e petrolio. Ma tant’è sembra di assistere al conto alla rovescia di un lancio spaziale: secondo l’intelligence americana l’ora “x” è fissata per domani. Non a caso ieri hanno chiuso la propria ambasciata a Kiev.
Oggi ci saranno, peraltro, ulteriori incontri (il più importante tra il cancelliere tedesco Sholz e il presidente russo Putin), con il nostro ministro degli esteri Di Maio che oggi sarà a Kiev e il presidente Draghi che domani volerà a Parigi, con l’Italia impegnata a trovare un ruolo nella soluzione della crisi (una scelta quasi obbligata per evitare un ulteriore shock energetico che metterebbe seriamente a rischio una crescita che inizia a far intravedere segnali di debolezza). Anche se, forse, l’elemento di maggior criticità sembrerebbe quello di permettere a Putin una retromarcia dignitosa, senza quindi “perdere la faccia”, visto il punto fino a cui si è spinto, con un dispiegamento di truppe eccezionale e le minacce delle ultime settimane.
Come prevedibile, ieri i mercati hanno reagito negativamente al rischio di una guerra. Peraltro, in chiusura si sono visti recuperi rispetto ai minimi di giornata: per esempio, il nostro indice MIB, che ad un certo punto è arrivato a perdere il 4%, si è risollevato, sino a chiudere con una perdita del 2,04%, in linea con la Germania (- 2,02%) e la Francia (- 2,27%). Analogamente lo spread, che era arrivato a toccare i 172 bp, ha chiuso la giornata a 167 bp, con il BTP ad un passo dal 2% di rendimento.
Quella di ieri è stata la classica giornata che si può definire “fly to quality”, vale a dire alla ricerca dei beni rifugio.
L’oro è salito a $ 1.880, il massimo da 8 mesi a questa parte; il bund tedesco, sotto la spinta degli acquisti, è sceso sin verso lo 0,18%, per poi perdere vigore sulle notizie di uno spazio per le trattative e chiudere a circa 0,28% (da qui il rendimento del nostro BTP vicino al 2%).
La paura, al di là delle conseguenze in termini di perdite di vite umane e devastazioni che la guerra può portare nei Paesi coinvolti, è che il conflitto porti l’Europa, e soprattutto i Paesi più deboli da un punto di vista di equilibri finanziari (vedi il nostro), ad una fase di stagflazione, con inflazione elevata (se non addirittura fuori controllo) e bassa crescita, un pericolo che i dati del 4° trimestre 21 hanno evidenziato, con una crescita che, a livello UE, è scesa dal 2,3% del trimestre precedente allo 0,3% , mentre l’inflazione, come noto, è salita al 5,1%. Un motivo in più, quindi, per tutti per cercare fino all’ultimo di trovare una soluzione pacifica (che conviene, non dimentichiamolo, anche, e forse soprattutto, a Putin, il cui Paese dipende dall’export di materie prime e che si trova a combattere una fase economica non semplice).
I mercati asiatici si apprestano a chiudere la giornata in modo contrastato: bene Shanghai, che, grazie alla nuova immissione di liquidità da parte della Banca Centrale, si trova a circa + 1%. Nikkei a – 0,79%, mentre Hong Kong, dove la pandemia sta mettendo in grave difficoltà il sistema sanitario, con gli ospedali ormai al collasso, è in calo dell’1,04%.
Futures poco mossi, così come l’indice VIX, tornato verso i 30 punti.
Prende fiato il petrolio, dopo che ieri il WTI texano aveva superato i $ 95: questa mattina scende dello 0,96%, rimanendo però ai massimi di periodo ($ 94,63%).
Gas naturale a $ 4,351 (+ 3,63%), mentre il megawattore è a € 79 (+ 4%).
Oro, come detto, a $ 1.880.
Spread a 168 bp. Scende sotto il 2% il rendimento del treasury, dopo che, nella giornata di ieri, aveva “scollinato” sino al 2,02%.
€/$ a 1,132, con il $ nuovamente oggetto di acquisti.
Balzo del bitcoin, che si porta a $ 43.729, in crescita del 3,19%.
Ps: superbowl atto secondo. Pare che l’evento sia stato seguito da oltre 36 milioni di famiglie americane (1 su 4, un’audience quasi da Festival di Sanremo…), equivalenti a più di 100ML di spettatori. La cosa che colpisce, però, è un’altra. Oltre il 70% dei giocatori della NFL è composto da afroamericani: ebbene, neanche un allenatore (e neanche un presidente delle società che la compongono) è di colore.