Direttore: Alessandro Plateroti

Come se non bastassero le tensioni “puramente” finanziarie, dettate da una situazione economica sempre più in balia dell’inflazione, tornata in USA ai livelli di 40 anni fa, con l’Europa appena più indietro, che spinge le Banche Centrali verso politiche monetarie rigorose dopo anni di espansione, si aggiungono quelle geo-politiche legate all’escalation della crisi tra Russia e Ucraina.

Si infittiscono le azioni diplomatiche: oggi il Cancelliere tedesco Sholz sarà a Kiev per incontrare il Presidente ucraino Zelenskj, mentre domani sarà a Mosca per un summit con il Presidente Putin.

Intanto diverse Compagnie aeree stanno valutando di bloccare i voli da e per l’Ucraina (la KLM lo ha già fatto, senz’altro ricordando quanto successo nel 2014, quando un volo della Malaysian Airlines, in volo da Amsterdam a Kuala Lumpur, venne abbattuto sopra i cieli del Donbass, l’area contesa tra Ucraina e Russia, oggi una delle cause delle tensioni tra i 2 Paesi), mentre molti Paesi hanno chiesto ai loro connazionali presenti in Ucraina di abbandonare il Paese.

La prima e immediata conseguenza, come si può ben immaginare, potrebbe essere un’ulteriore restrizione sulle forniture energetiche provenienti da quell’area. Già oggi (a dire il vero non solo a causa delle vicende ucraine) il prezzo del petrolio è decollato, con il WTI che venerdì si è spinto vicino ai $ 95. Ben più gravi sarebbero quelle sulle forniture di gas. Si calcola che l’Europa importi dalla Russia oltre il 40% del proprio fabbisogno di gas; tra i grandi Paesi dell’area UE l’Italia è senz’altro quello che dipende maggiormente da Mosca (con la Germania che ci tiene compagnia, mentre la Francia è più indipendente, affidandosi in gran misura al nucleare e al Gas naturale liquido, che necessita di una maggior lavorazione).

Già a gennaio le forniture di gas russo verso l’Europa sono diminuite del 40%, con un parziale recupero (20%) nell’ultimo periodo. Quello energetico potrebbe essere il punto su cui potrebbero convergere gli interessi per evitare lo scoppio di un conflitto: l’economia russa dipende in gran parte dall’export dei prodotti energetici, a cui bisogna aggiungere, peraltro, anche le materie prime, mentre l’Europa (in particolare, come detto, Paesi che “contano” come l’Italia e, soprattutto, la Germania, a cui bisogna aggiungere altri Paesi “amici”, vedi l’Austria) non può fare a meno di quei prodotti. E ben sappiamo quanto gli aspetti economico-finanziari possano impattare sulla deflagrazione o meno dei conflitti. A maggior ragione, come in questo caso, quando toccano aree vicine a presidi di natura politico-militare (l’Europa è a controllo NATO, tant’è vero che una delle ragioni della crisi è l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica) e dal forte peso economico (in questo senso l’Europa è l’area più forte al mondo con gli USA).

A guardare l’andamento dei futures i mercati, per il momento, sembrano “non fiutare” venti di guerra: questa mattina si muovono ovunque intorno alla parità, come se fossero “in attesa” di notizie.

Le chiusure negative dell’Asia sembrano quasi un “adeguamento” alle pesanti perdite di venerdì, quando il Nasdaq ha lasciato sul terreno oltre il 3%, mentre il Dow Jones ha perso “solo” l’1,43%. Nikkei a – 2,23%, Shanghai – 0,98%, Hong Kong a – 1,44%. Debole anche l’India; a fare eccezione Sidney, unico mercato in crescita.

Materie prime tutte in rialzo: petrolio $ 94.18 (+ 1,16%), gas naturale + 3,83% ($ 4,092), oro + 0,69% ($ 1.856, ai massimi di periodo).

Si preannuncia una nuova giornata difficile per il nostro spread, che apre a 166 bp, per un  rendimento del BTP sempre più vicino al 2%.

Prende fiato, invece, il treasury USA, in calo a 1,95% dal 2,02% di venerdì.

€/$ a 1,1347, con il biglietto verde ancora in rafforzamento.

Bitcoin in assestamento a $ 42.200, – 0,6%, dopo che nel week end era comunque sceso verso i $ 41.000.

Ps: i Los Angeles Rams hanno vinto il SuperBowl, battendo i Cincinnati Bengals 23-20 in quello che oramai si può definire l’evento planetario dell’anno. Gli oltre 66.000 spettatori che hanno potuto assistere alla partita hanno pagato un prezzo medio di ben $ 10.000 a testa, con punte di $ 70.000 per le potrone vip (i posti peggiori sono stati venduti a $ 1.000….). Uno spot pubblicitario di 30 secondi costava circa $ 6 ML (sei milioni). E dal 2023 la NFL (National Football League) riceverà dalle TV americane $ 10MD (dieci miliardi) per almeno 11 anni per trasmettere le partite in specifici slot. Per non parlare di quanto verseranno gli sponsor alle singole squadre. Altro che diritti tv per il nostro campionato di serie A….

Riproduzione riservata © 2024 - EFO

ultimo aggiornamento: 14-02-2022


sette e mezzo per cento

All’ultimo minuto