Direttore: Alessandro Plateroti

La gravità della situazione geopolitica, con i pesanti impatti sul già precario andamento economico che rendono sempre più incerto il futuro prossimo, rendono ogni giorno più incomprensibile (e incredibile) la scelta di far cadere il Governo Draghi e andare a nuove elezioni.

Il vero bollettino di guerra non è quello che arriva da Kiev (anche se l’attentato in cui è rimasta uccisa Darya Dugina, la ventinovenne figlia dell’ideologo nazionalista Alexander Dugin, molto vicino a Putin e secondo alcuni addirittura il vero ispiratore della politica estera di Mosca,  lascia presagire un inasprimento del conflitto), bensì quello riguardante il quadro economico-finanziario globale, in tutte le sue componenti: prezzi dell’energia, inflazione, recessione, occupazione, consumi, solo per citare gli aspetti più, evidenti. Una complessità per superare la quale già un Governo nel pieno delle sue funzioni avrebbe più di una difficoltà: figuriamoci un esecutivo a “sovranità limitata”, che tra 1 mese sarà di fatto “decaduto” (anche se la formazione del nuovo, soprattutto laddove il risultato elettorale ci restituisse un Paese non solo contrapposto – e su questo i dubbi sono pochi – ma molto frammentato, non sarà immediata e potrebbe richiedere anche qualche mese), che, di conseguenza, non può andare oltre “l’ordinaria amministrazione”.

Con una certa “impotenza”, quindi, guardiamo a quanto, giorno dopo giorno, succede.

Ieri il prezzo del gas ha sfiorato i 300€ (297) al megawattora, per poi chiudere a 276: solo a giugno era a circa € 85 (anche se, nelle settimane immediatamente successive al conflitto, si era spinto vicino ai 200€). L’accelerazione, dovuta alla notizia che Gazprom chiuderà, per una nuova manutenzione straordinaria il gasdotto Nordstream 1, che termina la sua corsa in Germania, per qualche giorno (pare sino al 2 settembre), sta creando non pochi problemi, con molti Governi che stanno ipotizzando di portare dal 15 al 20% il razionamento dei consumi già programmati. Il timore è che la crisi energetica sia solo all’inizio, con la possibilità, stando alle parole del Ministro tedesco dell’economia e del clima, Robert Habeck, che si arrivi al blocco totale delle forniture russe. Se così fosse si potrebbe arrivare ad una caduta del PIL dell’Eurozona dell’1.7%, con i Paesi più esposti, come l’Italia e la Germania, che potrebbero arrivare a perdere addirittura il 2,5%. Se, invece, ci si limitasse ad una riduzione del 15%, il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), l’impatto si fermerebbe all’1,1%.

Con una recessione sempre più probabile (almeno in Germania), diventa ulteriormente comprensibile l’ennesimo rafforzamento del $, che ieri si è portato sotto la parità verso €, arrivando a toccare 0,993 (e questa mattina fa segnare 0,9905).

Anche sul fronte inflazione arrivano notizie poco rassicuranti: sempre in Germania le previsioni sono che, in autunno, possa salire oltre il 10%. Addirittura peggio potrebbe andare per la Gran Bretagna: secondo la Banca d’Inghilterra in autunno toccherà il 13,3%, mentre per Citi potrebbe arrivare al 18,6% a gennaio, un livello da Paese emergente.

Il tutto mentre la FED americana e la BCE si apprestano a nuovi rialzi dei tassi: la maggior parte degli operatori è convinta che Powell deciderà, nel meeting del 20-21 settembre, una nuova maxi stretta dello 0,75% (sarebbe la terza consecutiva), mentre la sua omologa Lagarde, nella riunione dell’8 settembre,dovrebbe fermarsi allo 0,50%.

L’andamento dei mercati di ieri (e di questa mattina in Asia) non possono che rispecchiare la precarietà della situazione.

Wall Strett, alla chiusura di ieri, ha lasciato sul terreno il 2,14% (S&P500), con il Dow Jones a – 1,91% e il Nasdaq a – 2,66, peggior seduta da giugno.

Questa mattina Nikkei – 1,19%, Hong Kong – 1,21%, Shanghai sulla parità.

Futures al momento negativi su tutte le piazze.

Petrolio in leggera ripresa, dopo la notizia che l’Arabia Saudita potrebbe ridurre la produzione in caso di un nuovo calo di prezzo: WTI a $ 91,04 (+ 0,65%) dopo che ieri era arrivo a perdere circa il 4%.

Gas naturale USA sulla soglia dei 10$ (9,939, + 2,52%).

Oro a $ 1.739,90.

Spread a 230 bp, con il BTP che si è riportato ad un rendimento del 3.6%.

Treasury sempre appena sotto il 3% (2,97%).

€/$, come detto, a 0,9905.

Bitcoin sempre intorno ai $ 21.000 (21.100, – 1,11%).

Ps: che l’estate sia stata torrida l’abbiamo appurato tutti. L’aumento delle temperature ci ha costretto all’uso “incondizionato dei condizionatori”. Ma non è stata questa la conseguenza più grave. In Europa, infatti, l’aumento degli incendi è statoquasi superiore all’incremento del prezzo del gas: secondo l’Effa (European Forest Fire System) nel periodo 15 luglio-14 agosto i roghi sono aumentati del 268%, con oltre 657.988 ettari andati in fumo.

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ultimo aggiornamento: 23-08-2022


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