Direttore: Alessandro Plateroti

E quindi tutto è andato come previsto.

Ieri il Presidente FED Jerome Powell ha confermato quanto già era trapelato in merito ai passi della Banca Centrale americana sulla politica monetaria. L’andamento del virus e, dall’altra parte, la ripresa delle attività produttive, consentono una revisione delle azioni a sostegno dell’economia, con un passaggio “morbido” da politiche prettamente espansive a misure di maggior moderazione (parlare di rigore al momento è assolutamaente prematuro). Si riconferma, quindi, la riduzione degli acquisti di titoli (governativi e bond collegati ai mutui), il cosi detto “tapering”, per $ 15 MD mese a partire da questo mese: nell’arco di 8 mesi, per cui a giugno 2022, la FED terminerà la fase di acquisto. A quel punto si vedrà “come stanno le cose”. Lo stesso Powell ha dichiarato, ribadendo ancora una volta che siamo di fronte ad un aumento dei prezzi transitorio, che non si rende necessario alcun intervento sui tassi. Certamente non ora, ma molto probabilmente neanche a giugno: proprio in quel periodo (tra il 2° e il 3° trimestre), infatti, i prezzi dovrebbero cominciare a calare, e con loro le tensioni inflattive. Comunque “l’attenzione della FED rimarrà alta”: ergo, se le cose non dovessero andare come previsto (e sperato), a quel punto la politica del rigore non potrà più attendere e allora sì che i tassi dovranno essere ritoccati verso l’alto. Non va peraltro dimenticato che la ripresa è ancora un po’ “zoppa”: lo testimoniano il rallentamento del PIL del 3° trimestre (un modesto 2%)e ancor di più l’andamento occupazionale, che stenta a recuperare e tornare alla situazione pre-covid (proprio a febbraio 2020 gli USA avevano toccato il livello record di appena il 3.5% di disoccupazione, ora siamo abbondantemente ancora sopra il 5%;ma, se si considerano gli occupati part-time, in precedenza occupati a tempo pieno, e coloro che il lavoro non lo cercano, si arriva anche al 7/8%).

Situazione diversa in Europa, come più volte detto. Non più tardi di ieri Christine Lagarde ha decisamente allontanato il rischio di una restrizione delle politiche espansive e, soprattutto, di un rialzo dei tassi. Se negli USA le voci ipotizzano che già nell’arco del prossimo anno la cosa possa succedere, da noi viene ribadito che sino al 2023 parlare di un rialzo dei tassi è irrealistico, considerati i livelli inflattivi, la situazione occupazione e l’andamento della ripresa. Quindi tassi ancora a lungo negativi, con quelli sui depositi della BCE a – 0,50% e quelli sui finanziamenti al sistema bancario (TLTRO) a – 1%. Rimane da capire cosa si deciderà di fare sulle varie misure che andranno in scadenza (QE, PEPP, TLTRO).

Intanto le parole di Powell e della Lagarde (se è vero, come diceva Ben Bernanke, Presidente FED dal 2006 al 2014, che la politica monetaria è fatta al 98% dalle parole e al 2% dai fatti) hanno rassicurato i mercati, tutti in deciso rialzo. Ieri sera il Nasdaq è salito dell’1%, mentre il Dow Jones si è fermato a + 0,30%.

L’effetto continua questa mattina in Asia, con tutte le borse allineate verso l’alto: Nikkei + 0,93%, Shanghai + 0,81%, Hong Kong + 0,44%. Chiusa l’India per festività.

Da segnalare che ieri il nostro indice MIB ha superato i 27.300 punti, tornando ai livelli del settembre 2008, precedenti al crack della Lehman Brothers.

Futures in moderato rialzo nei primi scambi di giornata.

Sul fronte delle materie prime, ieri deciso cedimento delle quotazioni del petrolio, con il WTI che è sceso a $ 80,3 (oltre – 4% sulle notizie di un aumento delle scorte USA). La discesa continua anche questa mattina, con i prezzi che fanno segnare un ulteriore – 0,80%. Di segno opposto l’andamento del gas naturale, che scambia a $ 5,705 (+ 0,44%).

Leggera ripresa per l’oro, che si riporta a $ 1.776 (+ 0.6%).

In restringimento lo spread, a 118,7. In leggera salita il rendimento del treasury USA, in prossimità dell’1.60%.

€/$ sempre sotto 1,16 (1,1573).

Bitcoin a $ 62.365, in calo dell’1,65%.

Ps: un segnale che forse siamo ad un passo dall’uscita dalla crisi economica ci arriva da Lufthansa. Il settore aereo è stato probabilmente tra i più martoriati dal Covid., con tutte le Compagnie aeree in profondo rosso (e qualche vittima illustre….). Nel periodo luglio-settembre la compagnia di bandiera tedesca ha annunciato un utile operativo di € 17ML contro una perdita, nell’anno precedente, di € 1.3MD. A trascinare i conti l’aumento della domanda dei viaggi d’affari e, soprattutto, il traffico cargo, legato al trasporto delle merci.

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ultimo aggiornamento: 04-11-2021


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