Nel 1960 in Italia, ogni 100 persone in età da lavoro (20-64 anni), ce n’erano 16,4 ultra sessantacinquenni. Nel 1990 gli anziani erano passati a 24,3 ogni 100 individui in età da lavoro, per diventare ai 39,5 di oggi (sempre ogni 100 individui). Nel 2050, quindi tra meno di 30 anni, il numero avrà una progressione velocissima, arrivando a ben 74 ultra sessantacinquenni (praticamente il doppio di oggi) ogni 100 persone attive (media Ocse 53). Numeri da rivido, che ci posizioneranno a livelli tra i più alti tra i Paesi Ocse (peggio di noi solo Giappone e Corea del Sud). L’età media della popolazione italiana è passata negli ultimi 30 anni dai 37 anni agli attuali 45 e arriverà a toccare i 53,5 anni nel 2050, contro una media di 46,8 anni dei Paesi Ocse. Per chi inizia a lavorare oggi, ipotizzando un’età di 22 anni, la pensione arriverà al compimento dei 71 anni: solo in Danimarca andrà peggio, dove l’accesso scatterà a 74 anni (media Ocse 66 anni). E ancora: oggi l’età pensionistica media, nel nostro Paese, è 62 anni, contro una media Ocse di 63,8 anni (in Giappone e Nuova Zelanda già oggi è 67,5m anni). E anche in termini di anni di contribuzione, in Italia l’incidenza è tra le più basse: !
“quota 100” consentiva l’andata in pensione con 38 anni di contributi versati, contro i 42 del Belgio, i 41,5 della Francia, i 45 della Germania (stride la Turchia, dove ancora oggi si può andare in pensione a 52 anni: ma quello, come ben sappiamo, è “un mondo a parte”).
Ancora più preoccupanti i numeri della spesa pensionistica: nel 2021 il costo delle prestazioni pensionistiche toccherà € 230 MD, pari al 16,8% del PIL, contro una media Ocse del 9,2%, per arrivare a toccare il 17,9% nel 2035 (mentre la media Ocse si attesterà al 10%).
Insomma, una fotografia alquanto allarmante, che non può far scaturire qualche riflessione.
In primis, ancora una volta, il costante, inarrestabile invecchiamento della popolazione, a cui solo un incremento delle nascite (non a caso al minimo storico di sempre, e non solo a causa della pandemia e all’incertezza che ne è derivata) può porre rimedio. Un cambiamento, però, che non può prescindere dalle politiche attive per i giovani e dal walfare: e qui di strada, il nostro Paese, ne deve fare…
E poi una rivisitazione della struttura pensionistica: tutta “l’impalcatura previdenziale” probabilmente dovrebbe essere rivista. Il rischio, oltre alla sperequazione già oggi evidente (per esempio, la prospettiva che per i lavori autonomi la pensione sarà inferiore di circa il 30% rispetto a quanto riconosciuto ai lavoratori dipendenti), è mettere in discussione la stessa solidità del sistema previdenziale, cosa questa che avrebbe conseguenze devastanti per la popolazione.
Chiaro che, di fronte a questi numeri e a questa realtà, parlare di quota 100 o quota 102 (o 104) può apparire come uno “spostare” in avanti la questione. Di fatto, però, il risvolto “sociale” appare evidente in tutta la sua gravità: “scaricare” sui giovani il problema, lasciando a loro un’eredità pesantissima.
La giornata di ieri, al di là di una diffusa volatilità, ha confermato che le piazze finanziarie si muovono a velocità diverse: bene gli USA, con gli indici tornano in prossimità dei recenti massimi, mentre l’Europa ha invertito la rotta, chiudendo sui minimi, dopo che Pfizer ha fornito rassicurazioni sull’efficacia dei vaccini nel contrasto alla variante Omicron, il che avrebbe conseguenze positive sull’economia anche in Europa, e quindi anche la BCE potrebbe essere portata a rivedere la propria politica monetaria, imponendo un maggior rigore (non a caso a soffrire particolarmente è stato anche il nostro spread, che è tornato a 134 bp, portando il rendimento del BTP oltre l’1% (1,03%).
Questa notte, indici asiatici tendenzialmente positivi: Shanghai + 0,98%, favorita da dati sull’inflazione cinese meno più positivi del previsto, mentre Hong Kong cresce dell’1,15%. Negativo invece il Nikkei, che arretra dello 0,47%.
Futures Usa frazionalmente negativi, mentre l’Europa sembra ben intonata.
Petrolio in salute anche questa mattina, con il WTI a $ 72,85 (+ 0,58%). Lo segue il gas naturale, a $ 3.836 (+ 0,31%).
Oro poco mosso a $ 1.786.
Spread, come detto, sulle “sabbie mobili”, a 134 bp. Passo indietro anche per il Treasury, il cui rendimento sale oltre l’1,51%.
Leggera debolezza per il $, che torna sopra 1.13 (1.1325)verso €.
Bitcoin sempre sopra i $ 50.000 (50.230), per quanto in leggero arretramento.
Ps: il PIL della Germania, nel 2020, è stato pari a € 3.300 MD circa, quinta economia al mondo.
Con il rialzo di ieri, pari a oltre il 2%, le quotazioni di Apple hanno toccato i $ 175, avvicinandosi ancora di più ai £ 182. Un numero “magico”, che consentirebbe all’azienda di Cupertino di arrivare ad una capitalizzazione di $ 3.000 MD. Quelli che solo 3 anni fa sembravano numeri stratosferici (la società, prima al mondo, aveva toccato i $ 1.000 MD di capitalizzazione) oggi sono un lontano ricordo. Cose che succedono in America (o, meglio, ad aziende americane).