E’ prematuro parlare di “braccio di ferro” con l’Europa, ma intanto si può dire che i presupposti ci siano tutti. O, almeno, si stanno creando le premesse per farlo.
Ieri il Consiglio dei Ministri ha varato la nuova Nadef (Nota aggiornamento documento economia e finanza), in cui vengono aggiornate e delineate le linee guida della Legge di Bilancio che dovrà essere approvata dal Parlamento (oltre che accettata dalla Commissione Europea).
Ne è ben consapevole Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia (ma anche la Primo Ministro Meloni), che, infatti, ha già messo le mani avanti, dichiarando che “non rispettiamo il 3% (il limite suggerito dalla UE e previsto dal Patto di Stabilità che da gennaio 2024 dovrebbe essere riproposto) perché in questa fase non riteniamo di adottare politiche procicliche (che aggiungerebbero ulteriori effetti restrittivi a quelli derivanti dalle politiche monetarie degli ultimi mesi). Nella precedente nota dell’aprile scorso, il deficit era previsto, per il 2024, al 3,7%, percentuale che cresce al 4,3% (pari ad un tendenziale 3,6%). Una “mossa” che permette di “spendere” circa € 14 MD in più, poratando il disavanzo totale a circa € 80 MD, a fronte di una legge finanziaria che prevederà una copertura di € 21-25 MD.
Peraltro, ciò che maggiormente potrebbe preoccupare le autorità europee e, forse ancor di più, i mercati è la previsione dell’andamento, da qui al 2026, del debito pubblico, con un rapporto debito/PIL che viene dato in leggerissimo, quasi impercettibile, calo: dall’attuale 140,2% si passerà, l’anno prossimo, al 140,1%, per poi scendere, nel 2026, al 139,6, con un calo, quindi, di appena 6 decimali. Stime, peraltro, e qui può nascere l’ulteriore problema, fatte su una previsione di crescita del PIL dell’1,2% nel 2024, dell’1,4% l’anno successivo e dell’1% nel 2025 (oltre allo 0,8% per quest’anno, percentuale “limata” di circa lo 0,4% rispetto a quanto previsto in precedenza). Limitando l’osservazione all’anno prossimo, la Commissione Europea ipotizza, per il nostro Paese, una crescita dello 0,9%, mentre la media di analisti e osservatori è ancora più bassa, vale a dire lo 0,7%. Se si confermassero vere le stime “non governative”, ecco che i numeri di cui sopra sarebbero disattesi, con conseguenze ben più onerose per le nostre finanze. Quello che, quindi, potrebbe spaventare chi “guarda” al nostro Paese (Europa, investitori, analisti) più che lo “sforamento” del 3% (nulla di nuovo, in questo senso) è l’ottimismo con cui si guarda alla crescita futura, in un momento in cui un po’ ovunque si sta assistendo ad una flessione del ciclo economico.
Ma le preoccupazioni sono anche altre, questa volta più di carattere “politico”, legate alla condivisione di norme e regole da tempo definite con l’Europa. Sul tavolo, infatti, rimangono ancora “macigni” come il Patto di stabilità, a cui si faceva riferimento in precedenza, e il “famigerato” MES. Il timore è che possano essere usati come strumenti di negoziato con l’Europa, con il rischio che il nostro Paese esca indebolito e più isolato rispetto ai partner europei, ultima cosa di cui avrebbe bisogno.
Sul MES c’è poco da dire, se non che siamo l’unico Paese membro che non lo ha ancora ratificato.
Un po’ più articolata la vicenda sul patto di stabilità, sul quale la posizione italiana (procrastinare ulteriormente il suo ripristino almeno di 1 anno, meglio sarebbero 2) gode dell’appoggio di altri Paesi. Probabile, pertanto, che, anche se non arrivasse una ulteriore proroga, che ci possano essere delle sostanziali modiche, magari alzando la percentuale del 3%.
Ma se il responso degli organismi europei non sarà così immediato (anche se i commenti di molti esponenti politici esteri potranno farci capire intanto qualcosa), non così sarà per i mercati, le cui risposte saranno pressoché immediate, e che potrebbero confermare le preoccupazioni più volte manifestate dal Ministro Giorgetti, con lo spread che potrebbe “sfondare” i 200 bp, per arrivare sin verso i 210 bp, nel giro di pochissimo tempo, prima di quanto previsto da alcune Banche d’affari, che avevano indicato la fine dell’anno. Se così fosse, è probabile che si dovrà correre ai ripari, con il Governo che sarà chiamato ad individuare soluzioni che possano tranquillizzare i mercati e favorire l’approvazione da parte dell’Europa.
Questa mattina i mercati asiatici sono condizionati da 2 fattori.
A Tokyo, circa 2/3 delle società quotate al Nikkei staccano il dividendo: l’indice perde “nominalmente” circa l’1,54%, ma, da un punto di vista matematico, così non è.
A Hong Kong, invece, l’Hang Seng è frenato ancora una volta dalle notizie su Evergrande, dopo che il titolo è stato nuovamente sospeso dalle quotazioni a seguito della messa “sotto custodia”, da parte delle autorità cinesi, di Hui Ka Yan, presidente e fondatore della società (e si sa che in Cina essere messi “sotto custodia” ha un significato un po’ diverso dal nostro…). A poca tempo dalla chiusura l’indice arretra di circa l’1,44%.
Veleggia intorno alla parità, invece, Shanghai.
Futures marginalmente positivi sulle principali piazze europee e a Wall Street.
La notizia che le scorte americane di petrolio sono diminuite oltre le attese ha fatto ulteriormente decollare il prezzo, con il WTI che raggiunge, questa mattina, i $ 94,55 e il Brent europeo ormai prossimo ai 100$.
Gas naturale Usa a $ 2,899.
Oro ancora debole, anche se mantiene la quotazione di $ 1.892.
Sul mercato monetario, arrivano i primi segnali sullo spread, che si avvicina a 194 bp, massimo da 12 mesi a questa parte.
BTP a 4,78%.
Bund a 2,84%,
Torna a crescere anche il treasury Usa, arriva a toccare il 4,58%.
Non si ferma il $, che scende sotto 1,05 (1,.0498) verso €.
Leggera crescita per il bitcoin, che si porta a $ 26.384.
Ps: parliamo, ancora una volta, di Elon Musk (peraltro, ormai più per vicende personali che non per le sue iniziative imprenditoriali). E’ nota la sua passione per l’antica Roma e per la sua storia. Ieri ha pensato bene di inviare un mazzo di fiori sulla tomba di Giulio Cesare, nei pressi dei Fori Romani. Con un biglietto su cui era scritto “per aspera ad astra” (attraverso le asperità (si arriva) alle stelle).