Direttore: Alessandro Plateroti

Si ha un bel parlare di recessione.

Intanto, però, non passa giorno in cui i dati macro che vengono “sfornati” in maniera quasi ossessiva  non confermino una tenuta del sistema produttivo globale che tiene lontane, per il momento, le previsioni più pessimistiche. Anche nel 4° trimestre 2022, per esempio, l’economia americana si è comportata molto meglio rispetto alle previsioni (in crescita del 2,9% verso il 2,6%), seppur in calo rispetto al trimestre precedente (ma questo si sapeva già molto bene). Per il 2022, quindi, l’economia “stelle e strisce” è cresciuta del 2,1%, in evidente calo rispetto al 2021, quando il PIL aumentò del 5,9%.

Peraltro continuano a rimanere diffuse le preoccupazioni. I licenziamenti in atto da parte di alcune delle più note tech americane (si è detto, nei giorni scorsi, di Amazon), unitamente ai numeri sull’inflazione e alla lotta per contrastarla, condotta in principal modo facendo leva sui tassi, spinge molti analisti a mettere le mani avanti, preannunciando mesi più difficili. Come sembrano confermare anche altri fattori: per esempio, la spesa dei consumatori americani, che da sola vale circa 2/3 del PIL (si sa che gli americani sono dei gran “spendaccioni”), è in continuo rallentamento. Idem gli investimenti immobiliari, scivolati del 26,7%, cosa che ha “limato” il PIL di circa 1,3%. Di pari passo stanno aumentando le scorte, anche, appunto, per il calo della domanda: e se i magazzini si riempiono, la produzione, in un modo o nell’altro dovrà diminuire. E se a questo ci aggiungiamo il fatto che i prezzi al consumo pare che stiano continuando la loro discesa, il gioco (alla voce politiche monetarie) è fatto.

Pochi giorni ci separano dalla prossima riunione delle 2 principali banche centrali (FED e BCE), chiamate a decidere sulle prossime mosse. Dopo che, nei giorni scorsi, si dava per scontato, da parte di Washington, un rialzo dello 0,50%, nelle ultime ore si è fatta strada l’ipotesi che ci si potrebbe fermare allo 0,25%, sulla falsariga, quindi, di quanto deciso dall’omologa Banca del Canada. Se così fosse,  si rafforzerebbe la tesi di chi pensa che “l’atterraggio” dei tassi USA possa fermarsi intorno al 4,5%, piuttosto lontano dalla soglia del 5%.

I mercati, con particolare riguardo a quello statunitense, anche ieri hanno dato segnali di forza, “giocando” sul fatto che l’economia tiene, ma, allo stesso tempo, i segnali di maggior debolezza sopra elencati potrebbero convincere i banchieri centrali ad assumere posizioni più moderate, nella convinzione che l’inflazione si destinata a scendere per cause “endogene”, anche in assenza, quindi, di misure di maggior rigore.

Diversa la situazione da questa parte dell’oceano. Le ripetute dichiarazioni, nelle ultime 2 settimane, da parti di esponenti, a vari livelli, della BCE, a partire dalla Presidente Lagarde, sembrano quasi essere prodromiche a “profezie che si predeterminano”: se si continua ad affermare che l’atteggiamento sarà, in questa fase, ancora e sempre improntato al rigore, si assumono posizioni che non possono non portare al determinarsi di alcune situazioni. Quali, per esempio, il “cambio di passo” fatto registrare dai mercati nell’ultima settimana, con gli indici americani che sono tornati “a tirare” la volata rispetto a quelli europei, nettamente più forti sino al 18 gennaio. Comunque sia, i mercati cominciano a ritenere che mentre negli Stati Uniti già quest’anno si potrebbe assistere ad un’inversione di rotta dei tassi, con la FED che potrebbe azzardare un loro taglio dal 2° semestre, in Europa si da per molto probabile che, dopo gli ultimi (2) rialzi previsti entro marzo, i tassi si assesteranno per tutto l’anno, iniziando la “retromarcia” a partire dall’anno prossimo.

Si chiude in Asia una settimana a “scartamento ridotto” per la chiusura delle piazze cinesi. Sia Tokyo che Hong Kong questa mattina si confermano sulla parità, mentre l’India al momento è in discesa.

Futures in moderato ribasso negli USA, mentre segnali positivi giungono dall’Europa.

Calme, questa mattina, le materie prime.

Petrolio in leggera salita, con il WTI a $ 81,23, + 0,16%.

Gas naturale americano che frena la caduta, rimanendo, però, sempre ben sotto la soglia dei $ 3 (2,849, – 0,28%).

Si arresta l’oro, che tratta a $ 1.925,5, – 0,3%.

Spread sempre intorno a 190 bp (189,3), con il BTP che non si allontana dal 4%.

Treasury al 3.53%, dal 3,45% circa si ieri.

In leggerissimo calo l’€, che si porta a 1,087 verso $.

Bitcoin in altalena nei pressi dei $ 23.000 (22.973,50).

Ps: tutte le squadre di stanno preparando per il nuovo mondiale di F1. Il primo passo, sarà, come ovvio, la presentazione, nelle prossime settimane, delle nuove autovetture. Intanto, però, i piloti e le squadre si tengono “in forma” “girando” con le vecchie (1 anno…) monoposto. Ovviamente anche il Team Ferrari è impegnato a “faticare”. Oltre ai piloti, impegnati a non perdere l’abitudine alla velocità, anche le squadre ai box si danno da fare. Ieri, per esempio, sulla pista di Fiorano sono stati provati 20 pit stop. Uno di questi è stato fatto in 1”65. Un secondo e sessantacinquecentesimi per cambiare quattro ruote. Per vincere ci vorrà anche “manico”, ma senza gioco di squadra non si va da nessuna parte.

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ultimo aggiornamento: 27-01-2023


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