Deutschland uber alles?
Pur non arrivando (per il momento) a mettere in discussione le parole dell’inno nazionale tedesco, forse qualche dubbio è lecito porselo, almeno a guardare gli ultimi dati economici.
Per il 2° trimestre consecutivo, infatti, la maggiore economia europea fa un passo indietro, entrando, almeno tecnicamente (cosa che avviene quando il PIL innesta la retromarcia per 2 periodi di osservazione consecutivi) in recessione.
Dopo il – 0,5% dell’ultimo trimestre del 2022, anche il 1° trimestre 2023 conferma la stanchezza di Berlino, con risultati sotto le attese, con un calo tendenziale dello 0,2% (- 0,1% le stime). Dopo le indicazioni moderatamente positive di gennaio e febbraio, marzo si è rivelato molto più negativo del previsto. A determinare il risultato negativo un calo dei consumi ben maggiore delle aspettative (– 1,2%) che si aggiunge al già negativo – 1,7% del 4° trimestre 2022. Pesa la diminuzione del potere di acquisto, con un’inflazione ancora elevata, nonostante il deciso calo dei prezzi dell’energia. Mentre il contributo positivo dell’export e degli investimenti (sia quelli nell’edilizia che nei macchinari industriali) non è stato sufficiente a “far quadrare i conti”. A preoccupare, nel breve, anche alcuni indicatori (tipo l’indice dei responsabili acquisti PMI), tutti non particolarmente brillanti. Peraltro, su base annua, la situazione economica, trainata dalla produzione industriale, dovrebbe migliorare in maniera significativa.
Certamente la “sorpresa” tedesca, con i prezzi che faticano a scendere da una parte e l’economia che stenta dall’altra, non fa che rinnovare i dubbi sull’attuazione delle politiche monetarie in ambito UE. Il dilemma è sempre quello: spingere ancora sull’acceleratore dei tassi, con nuovi rialzi, rischiando di spegnere la “fiammella” della crescita, o imporre uno stop, con un effetto opposto. Con un rischio, però, forse ancora maggiore, come il caso tedesco dimostra: permanenza di un’alta inflazione che si accompagna, però, alla debolezza economica, facendo precipitare l’economia nel male peggiore, cioè la stagflazione (alta inflazione ed economia in crisi). Anche se va detto che le previsioni attuali sono per una crescita, a livello UE, dell’1,2% (3,7% quella del 2022) e un’inflazione al 6,1% (8,7% nel 2022). Le attese, per il momento, sono di un ulteriore rialzo, almeno fino a settembre, per poi mettere un freno, in attesa di invertire la rotta. Almeno così la pensa Klass Knot, governatore della Banca d’Olanda, paese che, per quanto con un’incidenza economica non così forte a livello europeo, ha un peso “specifico” piuttosto importante nel processo decisionale della BCE, dando voce al rigore di altri stati membri.
Se l’Europa è ancora alle prese con la persistenza dell’inflazione, gli Usa, come ben sappiamo, combattono con lo spettro del default.
Per quanto le trattative non abbiano fatto segnare alcun passo avanti, il Presidente Biden si è detto ottimista (anche se è quasi scontato che il pessimismo lo lasci agli avversari politici…) sul raggiungimento di un accordo, anche se in extremis.
Ad innervosire i mercati, oltre alla evidente fatica nel trovare un accordo, anche il fatto che alcune agenzie di rating (nella fattispecie Fitch e Dbrs) hanno messo “sotto osservazione” il rating americano, pronte a tagliare il giudizio (oggi il livello è AAA).
Mercati che, peraltro, almeno a vedere quanto successo nella giornata di ieri, sembrano essere fiduciosi nella possibilità di trovare un accordo.
La giornata di ieri è stata contraddistinta dalla clamorosa performance di Nvidia, il colosso americano dei chip, con il titolo cresciuto del 24% dopo la presentazione di risultati ben superiori alle attese: si tratta di uno dei maggiori rialzi giornalieri sempre, con una creazione di valore di oltre $ 184 MD, che ha portato la capitalizzazione della società ad un passo dei $ 1.000 MD (939 per l’esattezza), secondo solo a quello di Apple, che nel 2022 arrivò a $ 191 MD in un giorno solo.
Ovviamente l’effetto “trascinamento” si è fatto sentire su tutto il listino tecnologico, con particolare riguardo al settore dell’intelligenza artificiale, con il Nasdaq che ha chiuso la seduta a + 2,46%.
Ben più cauto il Dow Jones, a – 0,11% . S&P 500 + 0,88%.
In Asia, chiusa Hong Kong per festività, a Tokyo il Nikkei si appresta a chiudere in rialzo (+ 0,55%).
Bene anche Shanghai (+ 0,32%) dopo un avvio negativo.
In Indonesia la Banca Centrale ha lasciato invariati i tassi al 5,75%, con l’inflazione scesa al 4,3% dal 4,9% di marzo.
Futures frazionalmente positivi in Europa, mentre a Wall Street al momento sono appena negativi.
Pesante discesa del petrolio, con il WTI arretrato sotto i $ 72 (71,95).
Gas naturale Usa a $ 2,461 (- 0,77%).
Non si ferma la caduta di quello europeo, con il megawattora scambiato a € 27: il calo, da inizio anno, è del 65%.
Oro “sonnecchiante” a $ 1.947,50.
Spread piatto a 186 bp, con il BTP a 4,39%.
Si indebolisce il treasury, con il rendimento del decennale che sale al 3,80% dal 3,75% di ieri.
Sempre in buona salute il $, che si porta a 1,073 vso €.
Bitcoin che non si sposta dai 26.400$ (26.372, – 0,40%).
Ps: domani Henry Kissinger compirà 100 anni. Mai Segretario di Stato ha conosciuto una fama maggiore. Era il 1971 quando, in missione segreta, andò in Cina per preparare il viaggio di Nixon, un evento destinato a cambiare la storia. Ed era il 1973 quando ricevette il premio Nobel per la pace (proprio lui che si è sempre dichiarato un non pacifista, come confermato nella famosa intervista del 1972 ad Oriana Fallaci, di cui oggi il Corriere pubblica uno stralcio). Ma ciò che stupisce non è solo il “numero tondo”, ma il fatto che ancora oggi, così pare, lavori 15 ore al giorno, guidando la società di consulenza da lui fondata. Per lui “quota 100” ha un valore diverso rispetto alla Legge Fornero.