Come noto, la lotta all’inflazione ha nelle politiche monetarie la sua arma più potente.
Da tempo economisti e analisti si dividono tra chi sostiene che il rialzo dei tassi non può considerarsi ancora concluso e chi, all’opposto, ritiene che continuare su questa strada ci porterà a “sbattere” contro la recessione.
Una tesi, quest’ultima, probabilmente più difficile da sostenere dopo che ieri il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato le previsioni di crescita per quest’anno e per il 2024.
Di fatto, l’unica economia che “accuserà il colpo” (ma solo per l’anno in corso) sarà la Germania. Un evento impensabile solo sino a poco tempo fa (un po’ come l’uragano che ha sconvolto Milano la notte scorsa): ma forse, come per il clima dobbiamo abituarci ad eventi straordinari (almeno per regioni climatiche ritenute tradizionalmente “tranquille”), così anche in economia stiamo imparando che, oltre ad accelerazioni e decelerazioni molto veloci, la “forza relativa” (la solidità finanziaria accumulata negli anni), per quanto possa aiutare, non è “garanzia” di risultati positivi.
A livello globale, il FMI prevede, per quest’anno, una crescita del 3%, rivedendo al rialzo le stime di aprile, quando ci si era fermati al + 2,8%. Una previsione in linea con quella relativa all’anno prossimo (sempre con un + 3%). Un risultato di tutto rispetto, considerate le condizioni generali, anche se ben inferiori alla media del periodo 2000-2019, pari al 3,8%. Determinante, in quella fase, la crescita della Cina, per anni vicina al + 10% all’anno: oggi, invece, per quanto Pechino continui a crescere ad un livello assolutamente non alla portata (salvo momenti eccezionali, come nell’anno post-Covid) dei Paesi occidentali, siamo ad un livello quasi dimezzato (+ 5,2% quest’anno, + 4,5% l’anno prossimo). Meglio farà l’India, in rialzo del 6,1% nell’anno in corso e del 6,3% l’anno prossimo.
In Europa, a “tirare il gruppo” dovrebbero essere la Spagna e l’Italia (accomunate dalla ripresa dei servizi e, ancor di più, dal turismo e dal settore dell’ospitalità), che, nel biennio, cresceranno rispettivamente del 2,5% e del 2% la prima e dell’1,1% e dello 0,9% la seconda, contro una media dell’Eurozona dello 0,9% e dell’1,5%. Rimangono indietro la Francia ( + 0,8% e + 1,3%) e, appunto, la Germania (- 0,3% quest’anno e + 1,3% il 2024).
Gli Usa cresceranno dell’1,8% quest’anno, grazie al contributo dei consumi, a loro volta sostenuti da un’occupazione che continua a rimanere su livelli straordinari (ed un livello di disoccupazione vicino al minimo storico, con una percentuale sempre intorno al 3,6%).
Il Giappone a grandi linee si mantiene sui livelli delle economie sviluppate (+ 1,4% per il 2023, + 1.0% l’anno prossimo), mentre il Brasile non si può certo definire, per quel che riguarda la crescita, un Paese emergente (+ 2,1% e + 1,2%).
Le sorprese arrivano dalla Russia, con risultati quasi incredibili per un Paese sottoposto a sanzioni da oltre 12 mesi. Secondo il FMI l’economia del Paese, già vista in crescita nel precedente report, quest’anno supererà l’1,5% per poi scendere marginalmente al + 1,3%. A sostenere Mosca, secondo l’Organismo monetario,sono gli interventi voluti dal Governo. Ma è probabile che siano state individuate anche modalità per “aggirare” le sanzioni, grazie soprattutto ai Paesi “amici” (o “non nemici”), in primis Cina ed India.
Intanto, per oggi, è attesa la riunione della FED. Ad attirare l’attenzione degli analisti, più del rialzo dei tassi (ormai dato per certo un aumento di ¼ di punto), saranno i toni che verranno usati da Powell: da lì si cercherà di capire quali potrebbero essere le mosse future della Banca Centrale Usa, con molti che ritengono che il livello 5,25%-5,50% possa essere un buon punto di arrivo (a maggior ragione se l’inflazione dovesse nuovamente confermare i segnali di debolezza intravisti nelle ultime rilevazioni).
Questa mattina troviamo il Nikkei prossimo alla parità (– 0,058%).
Su livelli simili Shanghai (- 0,43% e, a Hong Kong, l’Hang Seng, a – 0,56%.
Salgono invece le borse di Sidney (+ 0,8%) e dell’India (Mumbai + 0,3%).
Futures al momento incerti sulla strada da prendere: probabile che così sarà almeno sino alle parole di Powell.
Stand-by per il petrolio, con il WTI a $ 79,21 (anche se questa mattina appare leggermente debole, – 0,64%).
Gas naturale Usa a $ 2,746.
Oro a $ 1.967,90, in leggerissima ripresa.
Spread a 164,8 bp.
Btp al 4,05%.
Bund al 2,40%.
Treasury Usa 3,88%, stesso livello di ieri.
€/$ a 1,1063, con il biglietto verde che si rafforza per il 6° giorno consecutivo.
Bitcoin ancora debole: questa mattina tratta a $ 29.255.
Ps: e fanno 80. E che 80…sono gli anni che compie oggi Mick Jagger, nato il 26 luglio 1943. Sempre più una leggenda. Oltre che una certa Sympathy for the devil (una delle più celebri canzoni dei Rolling Stones, contenuta nell’album Beggars Banquet, del 1968) ha in essere “A pact with the devil”. E a dicembre sarà la volta di Keith Richards: lui, forse, il patto con il diavolo ce l’ha ancora più forte.