Direttore: Alessandro Plateroti

Il peso del settore manufatturiero nella definizione del PIL è in calo pressochè in tutti i Paesi sviluppati, a vantaggio dei servizi. Peraltro rimane uno degli indicatori a cui gli analisti guardano con più attenzione, dalla cui lettura è facile comprendere da che parte “va il mondo”. I dati di giugno in Europa sono abbastanza indicativi in merito alla situazione in cui ci troviamo, con cali piuttosto evidenti. Per esempio, l’indice Hcob di S&P Global, forse tra più conosciuti tra gli “addetti ai lavori” ci dice che a giugno è stato toccato il dato peggiore tra 38 mesi a questa parte. Numeri che confermano le difficoltà in cui si trovano le economie a maggior “trazione” manufatturiera, come la Germania, forse il Paese, in Europa, che sta pagando il “prezzo” più salato per la guerra in Ucraina.

Ma proprio dalla Germania arrivano notizie che una volta di più devono far riflettere.

Seppur siano evidenti le difficoltà in cui si trova la prima economia europea, il Governo ha deciso di investire, da qui al 2027, oltre € 20 MD per la costruzione di microchips. Decisione che segue altre che vanno sempre nella stessa direzione, come € 10 MD per favorire la costruzione di una “ciga factor” di Intel piuttosto che un Piano di sussidi del valore di oltre € 7 MD  in corso di approvazione a favore di società come Taiwan Semiconductor Manufacturing e la tedesca Infineon. Operazioni che, sostanzialmente, ci dicono 2 cose. La prima, che la Germania vuole sempre più essere una sorta di “hub” europeo nella produzione di chip, sempre più importanti nel settore automotive, settore in cui Berlino è leader assoluta, ponendo rimedio alla dipendenza da Taiwan. Le recenti crisi della logistica, con i clamorosi ritardi nella “supply chain”, sono, infatti, tra le cause della caduta delle attività produttive del Paese; senza contare cosa potrebbe succedere nel caso in cui dovesse scoppiare una crisi geopolitica nel mar della Cina sull’indipendenza di Taiwan.

In secondo luogo, che il divario tra i Paesi che possono contare su una forza finanziaria e quelli, invece, costretti a fare i conti con le ristrettezze di bilancio, non potrà che aumentare, con i primi destinati a richiamare sempre più flussi di capitali e i secondi sempre più ai margini. Anche se, probabilmente, non è soltanto la situazione finanziaria a determinare alcune scelte. Una certa “lungimiranza” da parte di chi è incaricato di “guidare” il Paese può fare la differenza: c’è chi preferisce fare investimenti sul futuro, magari anche a costo di chiedere qualche sacrificio ai cittadini,  e chi, invece, guidato da logiche di “corto respiro”, preferisce non pensare al Paese che lasceremo ai nostri figli, ma al “qui e ora”.

Da qui l’esigenza di creare un Fondo comune sovrano europeo in grado di assicurare una maggior distribuzione della ricchezza e degli investimenti, un tema su cui a Bruxelles sarebbe opportuno iniziare a discutere se si vuole evitare che l’Europa non diventi preda di nazionalismi che, alla lunga, potrebbero portare alla sua implosione.

Ieri sera, a New York, il Dow Jones ha chiuso l’undicesima seduta consecutiva in rialzo ( + 0,50%), mentre il Nasdaq sul finale si è portato a + 0,2% (S&P 500 + 0,40%).

Questa mattina borse del Far East asiatico in grande spolvero.

A Hong Kong l’Hang Seng sale di circa il 4%. Shanghai fa segnare + 2.10%, Taipei + 2%. Sullo sfondo le voci che arrivano dagli organismi politici cinesi, determinati a raggiungere gli obiettivi di crescita già previsti.

Rimane al palo, a Tokyo, il Nikkei, in leggerissimo arretramento (– 0,14%).

Futures appena positivi di qua e di là dell’Oceano.

Balzo improvviso del petrolio, con il WTI arrivato a sfiorare $ 80 (79,09), in crescita anche questa mattina.

In crescita  anche il gas naturale Usa, a $ 2,716.

Oro a $ 1.965,40.

Spread che si mantiene intorno ai 162 bp, con il BTP a 4,02%.

Bund a 2,40%.

Treasury a 3,87%, in leggerissimo rialzo dal 3,85% di ieri.

€/$ a 1,1082.

Bitcoin che rimane in area $ 29.000 (29.137).

Ps: qualche mese fa guardavamo sbalorditi all’ingaggio ($ 200 ML all’anno) offerto da un club dell’Arabia Saudita a Cristiano Ronaldo, che in realtà ha “aperto la strada” a molti altri suoi colleghi. Ma $ 1 MD per un giocatore sembra veramente un’esagerazione. Eppure è quanto l’Al Hilal sembra aver ufficialmente proposto al PSG e a Kylian Mbappè ($ 300 ML al club, $ 700 ML al giocatore) per portarlo a giocare in quel Paese. Con molti tifosi che, probabilmente, se dovesse accettare, lo manderebbero “a quel paese”…

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ultimo aggiornamento: 25-07-2023


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