Direttore: Alessandro Plateroti

In una celebre battuta, Mario Draghi disse che, in caso di trapianto cardiaco, è meglio usare il cuore di un banchiere centrale in quanto non è mai stato usato. E’ evidente il paradosso: l’ex Presidente del Consiglio è stato, in questo primo ventennio di Euro, senza dubbio il Presidente BCE che ha lasciato il segno maggiore, salvando la moneta unica nel peggior momento della sua seppur breve vita,  dimostrando di prendersi molto a cuore il bene dei cittadini dei Paesi che hanno dato vita alla UE. Certamente, nel percorso decisionale, è meglio mettere da parte il sentimentalismo, ma questo vale non solo per le questioni monetarie, ma in molti altri aspetti del vivere quotidiano.

Indubbiamente alternare rigore e adattamento situazioni che di volta in volta si possono venire a creare può sembrare sintomo di incapacità di scegliere una strada: una dualità che riporta alla mente la contrapposizione tra Paesi “frugali” e Paesi  “spendaccioni”. Peraltro non è l’unico elemento che può portare al superamento delle difficoltà.

Una qualità indispensabile è, una volta ottenute le risorse, la capacità di risolvere i problemi. Aspetto in cui il nostro Paese di certo non eccelle. E qui nasce un altro paradosso. A detta di tutti, siamo uno dei Paesi con tra le maggiori capacità di spesa, come dimostra un debito pubblico che oramai si è portato a € 2.800 MD. Eppure in molti casi non riusciamo a spendere i soldi che ci vengono dati (dall’Europa), sotto forma di prestiti e a fondo perduto, finalizzati alla realizzazione di opere e/o di riforme che con l’obiettivo di migliorare la nostra qualità di vita. In questi ultimi anni la UE ha messo a disposizione dell’Italia, complessivamente, qualcosa come € 292 MD (il capitolo più importante è il Recovery Fund da 191,5 MD). Di questi, ad oggi ne sono stati spesi circa 82: ne rimangono, quindi, circa € 210 MD, di cui almeno 70 da spendere entro quest’anno, pena la loro perdita. Soltanto per quanto riguarda il Recovery Plan (PNRR) abbiamo speso “solo” 20 MD: dobbiamo spenderne almeno 40,9 quest’anno e altri 46,5 l’anno prossimo. Altri 29,9 appartengono ai Fondi Strutturali UE (su 64,9 MD stanziati per il periodo 2014-2020 ne abbiamo speso “solo” 35): anche questi da utilizzare entro il 2023.

I soldi, quindi, non sembrano essere un problema. Al punto che ormai è sul tavolo la discussione di un nuovo fondo (la cui entità è ancora da definire, così come il suo finanziamento) per fronteggiare quello da $ 370 MD varato dall’amministrazione Biden a sostegno della lotta al cambiamento climatico. Il problema vero, quindi, data per scontata la necessità di rendere più efficiente il “sistema Italia”, è la capacità di realizzare i progetti che di volta in volta vengono definiti. Sapendo che il problema più grande è l’esistenza di “lacci e lacciuoli” che allungano i tempi sino a renderli ingestibili.

Da ieri sono i  corso i festeggiamenti per il Capodanno cinese, ricorrenza che prevede la chiusura per diversi giorni dei mercati cinesi. Regolarmente aperta Tokyo, con il Nikkei in crescita  dell’1,3%. Al momento in rialzo l’India, a + 0,7%.

Poco mossi i futures, tutti in frazionale rialzo.

Analogo andamento per il petrolio, con il WTI a $ 81,7.

Impennata del gas naturale americano, in rialzo del 7,88% a $ 3,424.

Leggero calo per l’oro, a $ 1.924,6, – 0,27%.

Spread appena sotto i 180 bp (179,7), per un rendimento del BTP intorno a 3,78%.

Treasury Usa a 3,47%.

Continua l’indebolimento del $, ormai vicino a 1,10 vso €: questa mattina supera l’1,09, portandosi a 1,0912.

Balzo del bitcoin: nel corso del we (ricordiamo che le criptovalute trattano continuativamente) si è portato oltre i $ 22.000, arrivando, questa mattina, a trattare a $ 22.760.

Ps: si sta affacciando anche in Italia un fenomeno ormai diffuso in molti Paesi. La mobilità del lavoro anche da noi non è più un tabù. Ben 1,7 ML di persone, infatti, nei primi 9 mesi del 2022 hanno dato le dimissioni (erano state 1,3 ML nello stesso periodo del 2021). Il turnover interessa oltre il 73% delle aziende. Da notare che 4 su 10, tra chi lascia l’impiego, lo fa per seguire le proprie aspirazioni, senza cioè avere un’altra offerta di lavoro, ovvero per cercare un’attività che consenta un orario più flessibile e quindi una migliore qualità di vita, non strettamente legata ad un aumento salariale.

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ultimo aggiornamento: 23-01-2023


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