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Alla data di mercoledì, gli indici azionari europei, da inizio anno, erano in rialzi di circa il 9%. Il nostro indice MIB era ad un passo dal + 10%, tra i migliori quindi, con 13 sedute consecutive di rialzi. Ben diversa la situazione del mercato americano, in crescita sì anche quello, ma con percentuali intorno al 2-3%.

La domanda che sorge spontanea è se vi sono le condizioni per giustificare che una crescita così sostenuta possa proseguire.

L’intervento di ieri a Davos della Presidente BCE Christine Lagarde ci viene in soccorso.

Senza troppi giri di parole, indossando ancora una volta, come da qualche mese succede, le vesti da falco (quasi una mutazione genetica, visto il cambio di marcia rispetto alle precedenti convinzioni), ha infatti dichiarato che, rimanendo l’inflazione a livelli ancora troppo elevati, la Banca centrale continuerà “spedita” lungo la rotta dei rialzi, almeno sin quando i “prezzi non scenderanno al 2%”. Aggiungendo che (i mercati) “farebbero bene a rivedere le loro posizioni”. Una presa di posizione, come si direbbe in gergo calcistico, a “gamba tesa”. Impossibile che i destinatari non ne tenessero conto. Da qui i pesanti ribassi di ieri, che hanno sfiorato il 2% (- 1,9% Parigi, – 1,8% Milano, – 1,7% Francoforte, etc).

Vero che l’inflazione sta scendendo (anche piuttosto rapidamente, come più volte detto, grazie principalmente al crollo del prezzo del gas), ma è altresì vero che quella “core”, al netto delle componenti più variabili si sta dimostrando pericolosamente persistente, passando, sempre nell’area UE, dal 6,6 al 6,9%. I dati macroeconomici indicano una situazione di fondo molto più positiva rispetto alle previsioni di pochi mesi fa, che fanno pensare ad un “atterraggio morbido”, vale a dire un rischio recessivo non così elevato (anche laddove la tanto temuta “decrescita” non sarebbe così elevata e, soprattutto, così duratura), il che rende ancora più plausibile l’atteggiamento di maggior rigore da parte delle autorità monetarie. Scontato il rialzo dello 0,50% nella prossima riunione tra un paio di settimane, rimane da definire quello successivo: stando a quanto detto ieri dalla Lagarde naturale pensare ad un ulteriore 0,50%, contrariamente a quanto in molti cominciavano a pensare (i mercati, per esempio, cominciavano a scontare un rialzo dello 0,25%, anche da qui il motivo di un rialzo così corposo).

Tutto ruota, come sempre, intorno al raggiungimento dell’inflazione “target”. Il 2%, considerato quanto si è verificato da 18 mesi a questa parte (i primi segnali di una crescita dei prezzi sono cominciati, negli USA, dalla fine dell’estate 2021) probabilmente comincia ad essere un obiettivo troppo ambizioso da raggiungere, che costringerebbe le Banche centrali a politiche ben più restrittive, reiterandole per periodi non così brevi. A quel punto sì che il rischio “recessione” diventerebbe più reale, portando con sé problematiche le cui conseguenze potrebbero essere piuttosto gravi: in altre parole, il costo del rimedio sarebbe più alto del male che dovrebbe curare. Ma ad ogni cosa c’è una soluzione: se il target fosse, per esempio, del 3% questo consentirebbe alle Banche Centrali di ammorbidire la loro linea e all’economia di mantenere una traiettoria positiva.

Per tornare alla domanda inziale, quindi, passata la grande paura del 2022, si stanno cercando nuovi equilibri: come quando arrivano scosse telluriche di una certa gravità sono normali gli “sciami” (le successive scosse di assestamento), così i mercati, prima di intraprendere la strada di una crescita stabile, possono avere “vuoti d’aria”, come successo ieri, fatto reso ancora più evidente dalle (molto probabili) prese di beneficio da parte di chi, in sole 2 settimane, ha visto crescere non poco i propri investimenti (fermo restando i distinguo tra un’area e l’altra, con l’Europa e la Cina senz’altro più attrattive, in termini prospettici, rispetto agli Usa).

La giornata di ieri si è chiusa con i mercati americani, seppur negativi, in recupero rispetto ai minimi: il Nasdaq ha chiuso a – 1%, il Dow Jones a – 0,76%, stesso livello dello S&P 500. Alla risalita delle quotazioni hanno i contribuito i dati di Netflix che, per quanto negativi sul fronte degli utili, sono risultati migliori delle previsioni per quanto riguarda i nuovi abbonati, aumentati di 7,66 ML, per un totale di 230,75 ML.

Questa mattina tutti gli indici asiatici sono in sostenuto rialzo: a Tokyo Nikkei a + 0,56%, Shanghai + 0,76%, Hang Seng di Hong Kong + 1,76%. In rialzo anche Seul e l’India.

Si confermano in ripresa i futures, in rialzo ovunque.

In ripresa il petrolio, con il WTI che torna sopra gli 80$ (81,03, + 0,41%).

Gas naturale Usa nuovamente in ribasso, a $ 3, 145 (- 4,21%).

Ad Amsterdam quello europeo fa segnare € 60 per megawattora, in discesa del 2%.

Recupera l’oro, dopo 2 giorni di stanchezza, toccando i 1.932$ (+ 0,36%).

Spread a 171,8 bp dopo la battuta di arresto di ieri, che aveva portato il rendimento del BTP al 3,78%, un livello leggermente superiore rispetto al giorno precedente.

Treasury al 3,39% dal 3,31% di mercoledì.

€/$ a 1,0848, con l’in leggero rafforzamento.

Sempre sotto i $ 21.000, seppur di un soffio, il bitcoin, che tratta a $ 20.979, – 0,50%.

Ps: il fenomeno del pendolarismo tocca milioni di persone, costrette ogni giorno a spostarsi per raggiungere il posto di lavoro, per quanto lo smart working abbia, almeno in parte, un po’ semplificato le cose. Per lo più si tratta di spostamenti all’interno della stessa regione o, al limite, tra regioni confinanti. Un po’ più difficile pensare ad un pendolarismo (quotidiano) che attraversa 5 regioni, per una distanza di 790 km in andata e altrettanti in ritorno. Eppure è quello che fa, ogni giorno, Giuseppina Giugliano, operatrice scolastica (bidella), che sale sul treno a Napoli per raggiungere Milano, dove lavora in un liceo. Senz’altro l’alta velocità, unita agli orari di lavoro (difficile pensare che potrebbe farlo se finisse di lavorare ogni giorno alle 18.00), è di aiuto. Ma forse qualcosa va sistemato.

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ultimo aggiornamento: 20-01-2023


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