Direttore: Alessandro Plateroti

Ben sappiamo come sia difficile “vivere il presente” (indipendentemente dalle fasi storiche che si attraversano, fermo restando che in alcune è ancora più difficile, come alcune tragedie ci insegnano). Ma “prevedere” il futuro lo è ancora di più. Non a caso, l’aforismo forse più celebre, parlando di futuro, probabilmente è quello di Niels Bohr, il fisico danese Premio Nobel nel 1922, noto per i suoi studi sulla meccanica quantistica (straordinaria la famiglia Bohr: il figlio di Niels, Aage Niels Bohr, anche lui fisico, vinse anche lui il Premio Nobel nel 1975), che probabilmente molti ricordano: “Le previsioni sono molto difficili. Specialmente sul futuro”.

Tutti, ogni giorno, prevediamo, o cerchiamo di farlo, la nostra vita: la nostra quotidianità, riflettendoci, sostanzialmente in buona parte è fatta di comportamenti e azioni che ci proiettano nel futuro, con scelte conseguenti.

Le cose si complicano quando “altri” sono chiamati a prendere decisioni ed effettuare scelte “decisivi” per il futuro di ognuno di noi, a prescindere, quindi, dalle nostre abitudini quotidiane (che, a quel punto, giorno dopo giorno potrebbero cambiare). Questo, in fondo, è il difficile compito di chi è chiamato a governare, dove per “governo” non si intende unicamente l’attività politica, ma anche quella economica, monetaria, aziendale, etc.

Pensiamo, per esempio, alla Cina, che oggi vive forse una delle fasi più difficili della sua storia. Una crisi, però, che forse trova origine non tanto nelle difficoltà, per quanto non secondarie, di uscire dalla pandemia, quanto, piuttosto, da scelte “politiche” sbagliate, effettuate oltre 50 anni fa. Nel 1979, infatti, per arginare una natalità ritenuta fuori controllo, venne introdotta la legge che obbligare le famiglie ad avere non più di un figlio. In quegli anni, nel Paese viveva circa 1/4 della popolazione mondiale, con 2/3 della popolazione con un’età inferiore a 30 anni. La decisione più semplice, quindi, fu quella di impedire il proliferare di nuclei famigliari più ampi (e in Cina, come anche la storia recente ci ha insegnato, il mancato rispetto delle regole può costare molto caro, non essendo certo quella una “democrazia” da prendere ad esempio).

Ma, a distanza di 45 anni (la norma fu introdotta nel 1979), i risultati certamente non sono quelli sperati: l’obiettivo del contenimento delle nascite è stato sì ottenuto, ma il prezzo pagato si sta rivelando molto più caro del previsto. Oggi la popolazione cinese è pari a 1,409 MD, in calo, rispetto all’anno scorso, di circa 2 ML di persone. Il tasso di natalità continua a diminuire (siamo al 6,39 per mille) e, di questo passo, il numero degli abitanti dovrebbe scendere di quasi 110 ML entro il 2050. Alla fine del 2023, la popolazione di età pari o superiore ai 60 anni era di circa 300ML di persone, pari al 21,1% del totale. E si prevede che la popolazione in età pensionabile (in quel Paese non c’è la legge Fornero….) possa arrivare a 400 ML entro il 2035. E già oggi si avvertono i primi rischi sulla tenuta del sistema pensionistico. E la disoccupazione giovanile oramai sfiora il 15%. Tutte cose che noi conosciamo molto bene: con la differenza, però, che riguardano quella che, per il momento, è la seconda potenza economica al mondo, elemento che “pesa” non poco a livello globale. Peraltro, le stime sulla crescita di quel Paese continuano ad essere tutto sommato positive, con una percentuale che, per l’anno in corso, dovrebbe attestarsi intorno al 5%.

E’ probabile, quindi, che il ruolo della Cina, e quindi la sua capacità di influenza nel contesto globale, sia destinato, nei prossimi anni, ad essere un po’ diverso. E alcuni segnali fanno pensare che potremmo assistere ad uno “switch” con un Paese in cui la crescita, anno dopo anno, si sta confermando sempre più consistente. Uno “switch” che, da un punto di vista demografico, è già avvenuto: l’India, infatti, da pochi mesi è lo Stato più popoloso al mondo, con circa 1,429 ML di abitanti. Una crescita che non riguarda solo la demografia. Il PIL, nell’anno che sta per chiudersi (ci si riferisce all’anno fiscale, che inizia, in quel Paese, il 1 aprile e termina il 31 marzo), dovrebbe toccare il 7,3%, per attestarsi, nel 2024/25, al 6,3%. L’inflazione dovrebbe aggirarsi intorno al 4,5%, un dato alto, vista la situazione attuale, per gli standard occidentali, ma non per quella economia.

Un’economia in cui i consumi continuano a crescere a ritmi sostenuti, soprattutto nella fascia “luxury”: si è detto, nei giorni scorsi, dell’incredibile successo di alcune iniziative immobiliari, con prezzi da “capitale europea”, ma la stessa cosa vale per il settore automobilistico, con le vendite di alcuni marchi europei che procedono a ritmi sconosciuti in altre parti del mondo (per citarne uno, Audi + 89%). Rimane il fatto che si sta parlando di un “sub-continente” in cui le differenze sociali sono ancora enormi, in cui il reddito pro-capite medio è di soli $ 2.389, che si confronta con i $ 12.720 della Cina e i $ 12.689 della media “world”. E quindi con spazi di crescita mostruosi.

Ieri sera chiusure positive per la borsa americana, con il Dow Jones a 0,54%, il Nasdaq + 1,47%, S&P 500 + 0,88%.

In rialzo, questa mattina, a Tokyo, l’indice Nikkei (+ 1,40%), mentre continua la debolezza dei mercati “Great China”: a Hong Kong l’Hang Seng cede lo 0,73%, e Shanghai storna di uno 0,47%.

Si mette in evidenza Taipei, con il Taiex che cresce del 2,5% grazie alla “solita” TSM (Taiwan Semiconductor Manufacturing).

Segnali positivi dai futures, tutti in moderato rialzo.

Stabile il petrolio, con il WTI a $ 74,02.

Gas naturale Usa nuovamente in calo, vicino a $ 2,5 (2,641, – 2,41%).

Oro in leggera ripresa, a $ 2.030 (+ 0,36%).

Torna, seppur leggermente, a scendere lo spread (158,1 bp).

In leggero rialzo, invece, il rendimento del BTP, arrivato a toccare il 3,91%.

Bund a 2,24%.

Deciso ritocco del Treasury, a 4,15% dal precedente 4,08%, indubbiamente influenzato dai dati relativi ai sussidi di disoccupazione, mai così bassi da 16 mesi a questa parte (187.000 nella settimana contro attese di 203.000, per complessivi 1,806 ML): ovvio che, in una situazione del genere, la FED non ha alcuna fretta di diminuire i tassi (infatti ha fatto trapelare che si potrebbe arrivare, per vedere un’inversione, al 3° trimestre dell’anno).

€/$ a 1,0886, con il $ di nuovo in rafforzamento.

Chi non si rafforza, invece, è il bitcoin: questa mattina lo troviamo a $ 41.280, oltre il 15% più basso rispetto al picco di $ 49.000 della settimana scorsa.

Ps: parliamo ancora di India. La valenza di quelle che una volta si chiamavano (in alcuni Paesi, peraltro, la regola vale ancora) “compagnie di bandiera” era anche il fatto che erano una sorta di “biglietto da visita” per il Paese che rappresentavano: la loro “forza” era sinonimo di forza per quella nazione. Oggi Air India, per quanto privatizzata (è controllata dal gruppo Tata) sta crescendo ad una velocità impressionante: da qui a fine anno riceverà 1 aereo ogni 6 giorni (ma l’ordine fatto, qualche mese fa, è di ben 470 aerei, per un valore $ 70 MD).

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ultimo aggiornamento: 19-01-2024


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