Direttore: Alessandro Plateroti

Caro

tra le molte conseguenze del rialzo dei tassi, per noi italiani una delle più evidenti è l’impennata del costo per interessi del nostro Debito Pubblico. Già si è detto della sua crescita verticale, che dai 75,6 MD di di quest’anno lieviteranno a 85,2 MD il prossimo,  per poi passare a 91,6 MD nel 2025 e “rompere il muro” dei 100 MD nel 2026. Di pari passo. Il debito pubblico continuerà la scalata: dopo aver varcato la soglia dei primi 1.000 MD nel 1994, “figlio” dei conti senza controllo degli anni 80, ha varcato la soglia dei 2.000 MD nel 2012, all’epoca del Governo Monti. In entrambi i casi, due momenti di emergenza nazionale: il primo dopo che nel 1993 il Governo Amato dovette affrontare l’ennesima svalutazione della lira e varare la finanziaria “monstre” da 100.000 MD, la seconda dopo la bocciatura dei nostri conti da parte dell’Europa. Nel frattempo è arrivato a toccare i 2.800 MD: si prevede che, di questo passo, raggiungerà i 3.000 MD tra poco più di anno, probabilmente ad inizio 2025, per raggiungere i 3.150 MD nel 2026. La crisi demografica rivestirà un ruolo fondamentale: il costante invecchiamento della popolazione, frutto dell’età media in costante crescita e delle nascite in continua diminuzione (nel 2022, come noto, siamo scesi, per la 1° volta, sotto la soglia delle 400.l000 nuove nascite): si calcola che, di questo passo, il rapporto debito/PIL arriverà a toccare il 180% nel 2055, epoca non così lontana.

Peraltro, la diminuzione della popolazione è un fenomeno già in atto da tempo, come confermato dal fatto che siamo ormai scesi sotto i 60 ML di abitanti.

L’aumento dei tassi, insieme all’abbassamento del numero degli abitanti, ci porta ad un nuovo “triste” primato: siamo, in Europa, il Paese con la spesa “pro-capite” per interessi più alta: ben € 1.398,1 a testa. L’unica che ci “tiene testa” in questa speciale classifica è la Francia, che ci segue con € 1.245,2 a testa (motivo che sta spingendo il Governo di quel Paese a rivedere l’età pensionabile – un po’ sul modello della nostra legge Fornero – con le proteste che hanno messo a “ferro e fuoco” diverse città nelle scorse settimane). La media è paria a circa € 796, con diversi Paesi con un costo appena superiore allo zero. La Germania tocca i 385 € a testa, la Spagna 664, il Portogallo 631, la tanto denigrata Grecia i 660,5. Anche allargando lo sguardo oltre i confini europei rimaniamo leader incontrastati: gli USA, altro Paese che fa sempre più ricorso al debito pubblico (oramai si avvicinano al 130% del PIL), spendono certamente una cifra superiore alla nostra ($ 315,5 MD), viste le dimensioni del loro debito (intorno ai $ 30.000 MD), ma, in termini di percentuale sul PIL si fermano all’1.35%, mentre a livello procapite sono a circa $ 950, l’equivalente di € 856.

Un altro dato ci aiuta a comprendere quanto la situazione sia complicata: rispetto al PIL, nel 2024 l’Italia arriverà a spendere alla voce “interessi” ben il 4,1%. Una percentuale molto superiore rispetto a quanto spenderà su Istruzione (€ 52,1 MD) e politiche sociali e familiari (€ 60,7 MD), settori imprescindibili per la crescita. Numeri che dicono di più di molte parole: sino a quando continueremo a “bruciare cassa” (perché il pagamento di interessi alla fine significa questo, contribuendo a far ulteriormente crescere il debito) sarà ben difficile pensare ad una crescita “strutturata”. E laddove, come negli ultimi anni, dovessimo registrare numeri eccezionali (nel 2021 siamo stato il Paese europeo, tra quelli con le economie più forti, con il risultato migliore, e anche il 2022 è andato meglio delle attese), sembra quasi più il frutto di casualità che di un programmazione (se non quella data dal PNRR, a ben vedere quasi un fattore “esogeno”, vista la sua origine e la sua straordinarietà).

Nella notte sono stati comunicati i dati sul PIL cinese, che ha fatto registrare un rialzo del 4.5%, percentuale ben superiore anno su anno al precedente + 2,9%, ma anche rispetto al + 4% previsto dagli analisti. Di molto maggiori al consensus i consumi (+ 10,6%), mentre è inferiore il dato sulla produzione industriale (+ 3.9% vs il + 4,4% atteso).

Nonostante i numeri positivi, i mercati non sembrano farsi prendere dall’entusiasmo: Great China contrastata, con Shanghai in leggerissima crescita (+ 0,21%), mentre a Hong Kong l’indice Hang Seng arretra di circa lo 0,90%. Meglio fa il Nikkei, a + 0,51%.

Futures, che sembrano ovunque indirizzati ad aperture positive, seppur appena superiori alla parità.

Il petrolio continua a dare segnali di tonicità, con il WTI a $ 81.17 (+ 0,30%).

Gas naturale Usa a $ 2,266 (- 0,57%).

Oro che questa mattina si riporta sopra i $ 2.000 (2.011,30, + 0,13%).

Spread a 181,1, con il BTP al 4,29%, sui livelli di ieri.

Treasury al 3,58%, 8 bp superiore la percentuale del giorno precedente.

€/$ a 1,0946.

Bitcoin a $ 29.695,50, + 0,83%.

Grazie per l’attenzione.

Buona giornata.

Roberto

Ps: la Apple, a quanto, pare non si accontenta di essere l’icona mondiale della telefonia. Da ieri, infatti, è possibile (in realtà solo per i clienti Usa possessori della Apple Card) sottoscrivere il “conto di risparmio”, nato dalla collaborazione con Goldman Sachs, che offre un rendimento annuale (in $) del 4,15%. Chissà, tra non molto sentiremo parlare di Apple Bank…

Roberto Ravera

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ultimo aggiornamento: 18-04-2023


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