A norma di legge, si definisce omessa dichiarazione dei redditi la mancata presentazione dei redditi, parziale o totale, da parte del privato cittadino. Quest’ultimo, nell’ipotetica fattispecie, risulta essere perseguibile sia mediante sanzioni amministrative, ma anche tramite provvedimenti di natura penale. Ciò ai sensi dell’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
L’omessa dichiarazione di redditi globalmente inferiore a 50.000,00 euro viene perseguita a livello amministrativo. In questi casi le sanzioni ammontano ad una misura che va dal 120% al 240% dell’importo omesso, ai sensi dell’art. 12 del Decreto Legislativo n.472 del 1997.
L’omessa dichiarazione di redditi globalmente superiore a 50.000,00 euro viene perseguita a livello penale. Il reato si configura se tale somma minima non viene presentata a 90 giorni dai termini stabiliti dalla legge. Per le omesse dichiarazioni dal 2016 in poi il periodo di reclusione cui va incontro il cittadino va da un anno e sei mesi ad un periodo massimo di quattro anni.
Se le omesse dichiarazioni si sono configurate in un periodo antecedente al 2015 le pene detentive vanno da un anno a tre anni. Tuttavia in questo caso la soglia da non superare per far scattare l’accertamento penale è di quasi la metà: 30.000 euro.
Il debitore può far rientrare il reato di omessa dichiarazione sanando la propria situazione tributaria. Questa pratica è nota come “ravvedimento operoso”. Si applica pagando tutti i tributi (anche a rate) dovuti entro le date stabilite per la dichiarazione dei redditi successiva. Vi saranno comunque applicate delle sanzioni amministrative, ma anch’esse beneficeranno di una riduzione.
In ultima analisi è bene ricordare che il reato di omessa dichiarazione cade in prescrizione dopo otto anni dal mancato pagamento del dovuto, ma solamente ove non sia stato presentato al debitore nessun foglio di accertamento durante il suddetto periodo.
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