Far “quadrare i conti dell’azienda Italia” non è impresa semplice. Il tema richiederebbe pagine e pagine, tanti sono gli argomenti che andrebbero trattati.
In questi casi, la sintesi ci può venire in soccorso. E nulla meglio dei numeri può sintetizzare.
Il nostro Paese ha un debito pubblico che oramai sfiora € 3.000 MD (secondo gli ultimi dati circa € 2.856 MD a fine gennaio). Secondo gli ultimi rilevamenti dell’Istat, il rapporto debito/PIL è intorno al 137%, leggermente sotto il 141% stimato sino al mese scorso. Il deficit, vale a dire la differenza negativa tra le entrate e le uscite, era, al 31/12/23, pari al 7,2% del PIL, quindi intorno a € 140 MD, nettamente sopra (a causa, ancora una volta, del Superbonus edilizio, sfuggito a qualsiasi previsione) il già preoccupante 5,3% fissato nella precedente Legge di bilancio (e per l’anno in corso è stato fissato al 4,3%, ben superiore al 3% previsto dal Patto di Stabilità). Se consideriamo che, ai tassi attuali, il costo del debito si aggira intorno a € 86 MD (con quota € 100 MD che dovrebbe essere superata entro il 2026), ci si rende conto di quale sia lo sforzo, in termini di crescita da una parte e di contenimento di spesa dall’altra, che il nostro Paese deve compiere.
Ma il debito (o meglio, il deficit) va finanziato: è necessario, cioè, reperire i capitali per permettere “all’azienda Italia” di continuare la sua attività.
Una grande mano ce la da l’Europa, attraverso il PNRR: si parla, come noto, di circa € 200 MD (di cui circa 70 MD a fondo perduto) che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo, in considerazione del fatto che sono condizionati al raggiungimento di alcuni target) essere erogati entro il 2026.
Un’altra voce fondamentale è la voce debito pubblico, vale a dire tutti quegli interventi che il Tesoro porta avanti per rinnovare il debito in scadenza piuttosto che emetterne di nuovo (si distingue tra debito a breve, quello rappresentato dai BOT, da quello a medio-lungo, vale a dire BTP, nella sua quota maggiore, e CCT, in quota residuale). Nel primo trimestre sono già stati raccolti, tra rinnovi e nuove emissioni, oltre € 112 MD, pari a circa 1/3 della raccolta prevista per l’anno in corso.
Ma non finisce qui.
Un capitolo che assume una connotazione rilevante è dato dalle privatizzazioni, una voce che vale, nella Legge di bilancio 2024, circa € 20 MD. Non proprio “bruscolini”, quindi.
Nel corso degli anni, molte sono state le operazioni che hanno portato “linfa” alle casse statali: basti pensare a società come Eni, Enel, Poste Italiane, Telecom o a tutte le utilities controllate dalle Amministrazioni locali, tutte società in cui il Tesoro o i Comuni hanno conservato quote peraltro ancora significative.
Gli asset in mano al Tesoro (direttamente o attraverso il “braccio armato” di CdP, la Cassa Depositi e Prestiti, una sorta di vecchia IRI, in cui sono inserite molte partecipazioni statali) sono, per quanto diminuiti, ancora piuttosto significativi. Scorrendo la legge finanziaria 2024, leggiamo che il “reperimento” delle nuove risorse (i 20MD di cui sopra) passa attraverso la vendita di una quota rilevante di Poste Italiane, di cui il Tesoro controlla circa il 29%, e di Eni, per una quota, peraltro, ben più modesta (4%).
In questo contesto si inquadra la velocissima vendita, avvenuta ieri attraverso un accelerate bookbuilding (dismissione al di fuori delle normali contrattazioni di borsa), che ha permesso di piazzare il 12,5% del Monte dei Paschi di Siena ad operatori istituzionali. Un’operazione “chiusa” in neanche un’ora, con la vendita di oltre 157 ML di azioni della Banca senese, al prezzo di € 4,15 (quindi inferiore del 2,39% rispetto alla chiusura di ieri), e un incasso totale di € 650 ML, che si aggiungono ai 920ML relativi al precedente collocamento (questa volta del 25%) avvenuto soltanto pochi mesi fa (era novembre), ad un prezzo peraltro ben inferiore (€ 3, il che significa che in 4 mesi il titolo si è apprezzato di circa il 40%). L’incasso totale, per il Tesoro, è stato, quindi, di circa € 1,6 MD, guarda caso quanto era stato investito nell’aumento di capitale di € 2,5 MD di ottobre 2022, che aveva permesso l’ennesimo “salvataggio” della Banca più vecchia del mondo. Con il Tesoro, però, che rimane ancora detentore di oltre il 26,73% (fino a ieri era al 39,23%), una quota che gli permette di esercitare ancora il controllo, di fatto, dell’Istituto, anche se non quello dell’assemblea straordinaria (per il quale è necessario rimanere sopra il 30%). Una differenza non marginale, in quanto fa figurare scenari che lasciano spazio ad acquisizioni e/o aggregazioni con altri gruppi bancari (si susseguono le voci su BPM e BPER, con Unicredit terzo “incomodo”). Da notare che quest’anno MPS è tornato all’utile (cosa che indubbiamente ha aumentato l’interesse degli investitori) all’utile, con un dividendo di € 0,25 per azione (vale a dire il 6% sul prezzo di vendita di ieri).
Ieri sera, con un’inversione nell’ultimissima parte delle contrattazioni, Wall Street ha chiuso in leggero calo, con il Nasdaq a – 0,36% e il Dow Jones a – 0,08%. S&P 500 – 0,3%.
Questa mattina troviamo di nuovo sugli scudi il Nikkei, in rialzo dello 0,90%, grazie anche alla debolezza dello yen, tornato ai valori del 1990.
“Faticano” le borse great China, con Shanghai a – 1,26% e, a Hong Kong, l’Hang Seng a – 1,43%.
Sulla parità il Kospi , mentre Taiwan fa registrare un calo dello 0,33%.
Ben intonati i futures, in rialzo, sia in Europa che sui mercati Usa (+ 0,25/+ 0,35%).
Petrolio in leggero calo, con il WTI nuovamente in area $ 80 (80,81, – 1,10% questa mattina).
Gas naturale Usa – 0,78% ($ 1,777).
Oro a $ 2.200, ancora sui massimi.
Spread a 129 bp, con il BTP sempre al 3,64%.
Bund 2,34%.
Invariato anche il Treasury, al 4,23%.
€/$ a 1,0829.
In calo il bitcoin, sceso, seppur di poco, sotto i $ 70.000 (69.835).
Ps: e così Donald Trump, in “barba” a tutte le sue “magagne” giudiziali, da ieri è tra i 500 più ricchi al mondo. La sua Trump Media & Technology, che fa capo alla Truth Media, ieri, nel primo giorno di quotazione, ha guadagnato il 43%, a $ 71,50. Controllando lui circa il 60%, significa che il suo “pacchetto” azionario vale qualcosa come $ 5,5 MD. Non avrà, si presume, quindi problemi a saldare la multa di $ 175 ML (erano 474, ma i giudici l’hanno ridotta nel we) che gli è stata comminata per aver dichiarato falsi valori sulle sue proprietà immobiliari per accedere a prestiti bancari.