L’incredibile successo del BTP Valore (solo nella giornata di ieri sono stati collocati € 5,43 MD, con oltre 185.000 sottoscrittori, numeri ben superiori a quelli ottenuti lo scorso marzo, quando il BTP Italia raccolse, nel 1° giorno di sottoscrizione, circa € 3,6 MD, suddivisi tra circa 132.000 compratori) conferma sostanzialmente 2 cose. In primis l’enorme liquidità presente sui cc delle famiglie italiane: si tratta di circa € 1.300 MD (nel computo non viene compresa la liquidità in capo alle imprese), cifra che negli ultimi è stata peraltro “erosa” per far fronte all’aumento del costo della vita. Proprio questo aspetto, peraltro, è l’altra forte motivazione che ha contribuito ad una raccolta così elevata. La volontà di proteggere, almeno in parte, i propri risparmi dall’inflazione sta spingendo migliaia di risparmiatori ad indirizzare le proprie scelte verso una forma di investimento in grado di coniugare rendimento e sicurezza. Perché, di fatto, di questo si tratta: pur nell’evidenza di un debito pubblico di proporzioni “bibliche” (i “famosi” € 2.800 MD, pari al 144% del PIL) gli italiani (e con loro la quasi totalità degli investitori) ritengono che il default del nostro Paese sia un’ipotesi quanto mai remota. Una vera e propria “manna” per il nostro Tesoro, costretto a fare i conti (come tutti i Paese dell’area UE) con una BCE “scomparsa dai radar” per quanto riguarda la sottoscrizione di titoli governativi, avendo deciso di interrompere il loro acquisto (il QE di cui tanto si è parlato in questi anni). Un debito, quello sello Stato italiano, quindi sempre più in mano alle famiglie e ai risparmiatori domestici e sempre meno agli investitori stranieri, la cui quota si è assottigliata, negli ultimi 12 mesi, di circa € 60 MD.
Tra coloro che stanno alleggerendo il portafoglio di titoli europei (e non solo italiani), ci sono gli investitori giapponesi.
Il Giappone sta indubbiamente vivendo una fase particolare. Dopo un lunghissimo periodo di deflazione, con i prezzi che non solo non salivano, ma scendevano, con consumi che facevano fatica a decollare, il Paese si trova con un livello di inflazione del 3,5%. La “relatività” ci viene, ancora una volta, in soccorso: se per noi europei rappresenterebbe un livello piuttosto vicino al tanto agognato “target” fissato dalla BCE (2%, anche se per molti anche un 3% sarebbe un ottimo risultato), per il Giappone si tratta di un livello assolutamente eccezionale. Le conseguenze, oltre che nelle abitudini di vita, si fanno sentire anche sotto l’aspetto degli investimenti: non passa giorno che la borsa di Tokyo non dia segnali positivi, con il Nikkei sempre più vicino al massino storico dell’ormai lontanissimo 1989, quando toccò i 38.950 punti (questa mattina è a 32.345), mentre per quanto riguarda il mercato obbligazionario continua a diminuire la quota di bond stranieri (circa $ 3.000 MD) detenuta da investitori giapponesi. Infatti, con l’aumento dei tassi, per quanto rimangano modesti in rapporto ai nostri standard, dopo gli aumenti decisi dalla Bank of Japan (siamo in una “forchetta” compresa tra il – 0,5% e lo 0,5%), è sempre maggiore il numero di chi propende per “riportare” in casa l’investimento. Infatti, già oggi, calcolando anche il costo della copertura sul cambio yen/€, per un risparmiatore giapponese non è più conveniente investire in titoli europei (per esempio in titoli governativi francesi e tedeschi); rimangono per il momento convenienti i nostri BTP, ma una corretta redistribuzione del rischio impone di non allocare l’investimento verso un unico, o pochi, emittenti.
Peraltro la situazione monetaria rimane ancora “fluida”, con la BCE che oramai ha vestito abiti da “falco”, come confermano le parole della Presidente Lagarde. Proprio ieri, infatti, ha ribadito che le pressioni inflazionistiche rimangono, nell’area €, piuttosto elevate, con l’indice dei prezzi “core” (al netto delle componenti alimentari ed energetiche) ancora superiore al 5 (5,3%), ragion per cui parlare di allentamento monetario viene ritenuto alquanto rischioso. Indubbiamente qualche segnale contraddittorio inizia a notarsi (per esempio il calo dell’attività manufatturiera, soprattutto in Germania, Paese già in recessione “tecnica”), ma non così forte da costringere la Banca Centrale a correre ai ripari. Rimane quindi altamente probabile che nel prossimo summit, previsto il prossimo 22 giugno, si vada incontro ad un ulteriore rialzo dello 0,25%, che porterà al 3,5% il costo del denaro. Un aumento già messo “in conto” dai mercati, che, in realtà, ne danno per acquisito già un altro, sempre dello 0,25%, a luglio, per poi andare incontro ad una pausa, rimandando all’autunno eventuali nuove decisioni, alla luce di quanto succederà durante l’estate.
Ieri sera le chiusure newyorkesi fotografano bene la variabilità dei dati: appena positivo l’indice tecnologico, che continua ad essere spinto dal boom dell’intelligenza artificiale e dalle prospettive sui tassi, vicini al picco, mentre il Dow Jones è apparso più appesantito (in calo dello 0,59%).
Questa mattina, ancora una volta, l’Asia viaggia a velocità diverse.
A Tokyo il Nikkei ancora una volta si appresta a chiudere in crescita (+ 0,90%).
Contraddittori i mercati great China: a Hong Kong l’Hang Seng è marginalmente positivo (+ 0,12%), mentre Shanghai, dopo un avvio positivo, è in ripiegamento (– 0,88%).
Futures appena positivi a Wall Street, mentre in Europa stentano a tenere la parità.
Spread a 171,2, con il rendimento del BTP tornato sopra il 4% (4,12%).
Bund al 2,37%.
Treasury a 3,69%, sui livelli di ieri.
Dopo il rialzo di ieri, torna sui propri passi il petrolio, con il WTI a $ 71.53 (- 0,96%).
Gas naturale Usa a $ 2,252 (+ 0,13%).
Rimbalza quello europeo allo snodo di Amsterdam, con il megawattora che si porta a € 27 (+ 15%).
€/$ a 1,073.
In caduta il Bitcoin, che scende a $ 25.775, dopo le notizie di una nuova inchiesta della SEC americana, questa volta nei confronti di Binance, accusata di gestione impropria degli asset depositati dai propri clienti.
Ps: è noto a tutti l’effetto positivo degli animali domestici sull’umore delle persone, tanto da aver portato alla nascita della pet therapy. Ma che si arrivasse a prendere in considerazione la possibilità di farli accedere al Parlamento, permettendo a parlamentari e dipendenti di portarli con sé in pochi, credo, lo pensavano. Sarà curioso vedere cosa succederà all’atto di una votazione. Oppure capire quali saranno gli animali al potere….