Per quanto l’Italia rientri tra i G7, il gruppo dei sette Paesi economicamente più forti e influenti al mondo, oltre ad essere, dopo la Germania e la Francia, la 3° economia tra i Paesi UE (la 4° in Europa, se consideriamo la Gran Bretagna), per molti versi siamo assimilati alla Spagna, che si trova, in termini di PIL, ben dietro di noi. Ben maggiore, invece, il livello di disoccupazione, al 12,8% (ma negli anni immediatamente successivi alla “grande crisi” del 2008 avevano superato il 20%) verso l’8% del nostro Paese. Nettamente migliore il rapporto debito/PIL, intorno al 116% verso l’abissale 145% circa dell’Italia: motivo per cui lo spread spagnolo è a quota 103 bp, livello nettamente inferiore ai 183 bp dei nostri BTP.
Eppure il Paese iberico sembra avere, in questo periodo, una marcai in più.
Il dato di ieri sull’inflazione, sotto certi aspetti, ne è la rappresentazione. A marzo l’inflazione annua è al 3,1%, circa la metà rispetto al livello in cui si trovava 12 mesi (va detto, ad onor del vero, che l’inflazione core, quella al netto dell’energia e dei prodotti alimentari, è ben superiore, essendosi fermata al 7,5%, appena 1 decimale sotto il livello di febbraio).
La principale motivazione va ricercata, come ovvio, nella drastica discesa dei prezzi dell’energia, a partire dal gas. Fatto, come ben sappiamo, che non riguarda solo la Spagna (grande enfasi è data oggi su tutti i quotidiani al clamoroso calo – 55% – delle bollette della luce, con un risparmio, su base annua, stimato, per le famiglie italiane, di circa € 793, che potrebbero diventare € 914, se Arera, l’ente che sovrintende ai prezzi dell’energia, confermerà, per marzo, un’ulteriore diminuzione del 10%). Intanto gli spagnoli possono vantare un’inflazione che, in Europa, ha solo la Svizzera (che però non fa parte della UE).
La ragione sta sostanzialmente nel fatto che in questi anni i vari Governi che si sono succeduti hanno investito negli impianti di rigassificazione: anziché dipendere, come gran parte dei Paesi europei, dalle forniture russe, hanno puntato (in questi favoriti anche dalla geografia, vista la loro propaggine atlantica) sul gas americano, che arriva via nave liquefatto. Questo ha consentito, nei momenti di massima crisi (tutti ricordiamo il picco di agosto 22, con il megawattora quasi a quota € 350 – oggi siamo a € 43,85, circa l’88% in meno), di mantenere il livello delle forniture a prezzi più bassi e, soprattutto, meno volatili. Lungimiranza e visione strategica: così si può sintetizzare la politica energetica adottata dalla Spagna. Non che il Governo spagnolo avesse una “sfera di cristallo” e avesse previsto la guerra Ucraina. Ma abbiamo imparato, in questi anni, che i “cigni neri” esistono. Paesi, come il nostro (e come la Spagna: di certo un Paese ventoso, ma l’eolico non potrà mai sostituire altre fonti energetiche), dovrebbero (o meglio, avrebbero dovuto) perseguire politiche ben diverse, non “gettandosi” nelle braccia di un solo fornitore, a maggior ragione laddove si tratti di interlocutori poco affidabili o lontani dai nostri ideali.3,1
La realtà è che in Spagna siamo al 3,1%: in Germania il livello dei prezzi si è fermato al 7,8% , dal 9,3% di febbraio, superiore comunque al 7,5% previsto dagli analisti. Una nuova conferma che l’inflazione è ancora lontana, almeno a livello europeo, dall’essere sconfitta, come ci dicono, sempre in Germania, i dati sull’inflazione core, salita, dal 5,4% di febbraio al 5,5% di marzo.
A giorni dovrebbero essere resi pubblici i dati sull’inflazione italiana: visto il calo dei prezzi energetici, è scontata una sua discesa, mentre è da verificare quale sarà l’andamento di quella “core”, con tutta probabilità ben più “resistente” di quella “armonizzata”.
Prosegue il recupero dei mercati dopo lo “spavento” dettato dalla crisi di alcune banche.
Anche ieri Wall Street ha dato segnali di forza, con chiusure ben oltre la parità: Nasdaq + 0,91%, Dow Jones + 0,43%, S&P 500 + 0,57%.
I mercati asiatici questa mattina confermano la ritrovata “predisposizione al rischio”, con aumenti diffusi: si va dal + 0,93%, a Tokyo, dell’indice Nikkei, al + 0,39% di Shanghai, al + 0,8% di Hong Kong.
In rialzo i futures americani, mentre in Europa viaggiano appena sopra la parità.
La riduzione, negli USA, delle scorte ha portato ad un nuovo rafforzamento del petrolio, con il WTI a $ 74,21.
Gas naturale Usa a $ 2,105, mentre ad Amsterdam quello europeo fa segnare € 43,85 al megawattora.
Oro a $ 2.000 “tondi”.
Spread che si muove vicino ai 185 bp (184,5), con il rendimento del BTP che riparte dal 4,22%.
Treasury a 3,55%, allineato alle chiusure di ieri.
Continua il recupero dell’€, questa mattina a 1,0895 vso $.
Bitcoin in leggero ritracciamento a $ 28.075.
Ps: in queste settimane abbiamo sentito parlare della vicenda del terrorista Cospito, condannato per le proprie azioni e colpito dal “41 bis”, il “carcere duro” creato, a suo tempo, per isolare soprattutto i detenuti per mafia. Una delle norme previste da questa norma è che il detenuto, costretto al totale isolamento, non può ricevere libri dall’esterno, ma solo richiederle alla direzione carceraria (e comunque non possono essere più di 3). Tra i libri che il detenuto in questione avrebbe richiesto c’è la Bibbia. Lettura che gli è stata vietata. Forse pe il fatto, come ci ricorda Massimo Cacciari, che la Bibbia è un nome plurale: ta biblia, “i libri”. Forse anche il 41 bis, pur mantenendone “l’impalcatura”, si può migliorare.