Direttore: Alessandro Plateroti

Il ritorno di Sergio Ermotti a capo di UBS (dal prossimo 5 aprile coprirà nuovamente il ruolo di AD, dopo aver già guidato la Banca Svizzera tra il 2011 e il 2020, contribuendo non poco a metterla in sicurezza)sembra mettere “il punto” alla crisi bancaria che ha colpito la Confederazione Elvetica (la cui immagine esce indubbiamente un po’ offuscata dalla vicenda: il fatto che uno dei business più importanti – di certo quello che ha reso la Svizzera la “cassaforte” del mondo – abbia dimostrato delle falle così preoccupanti qualche dubbio lo fa nascere, allontanando non pochi investitori).

Il compito del banchiere ticinese, con un trascorso anche in Unicredit, sarà quello di favorire l’integrazione tra Credit Suisse e la banca che lo ha acquisito. Due, sostanzialmente, le problematiche su cui si dovranno concentrare gli sforzi maggiori: la “sovrapposizione” geografica (in Svizzera i 2 istituti controllano circa 2/3 del settore) e la “pulizia” all’interno di quella che era la prima banca svizzera. Come noto, i problemi, per Credit Suisse, nascono da una gestione con una elevata propensione al rischio, non accompagnata, peraltro, da una adeguata struttura di controlli, che ha portato la divisione “banca di investimenti” a perdite clamorose.

Ben diversa, di contro, la situazione per UBS, dopo la “cura” a cui lo stesso Ermotti l’aveva sottoposto durante il suo primo mandato, avendo messo al centro la gestione di patrimoni. E’ pensabile, quindi, che molti rami di Credit Suisse, soprattutto quelli esteri (Londra e Hong Kong le sedi più “incriminate”), verranno tagliati: la “cultura” sarà quella di UBS, nel tentativo di frenare l’emorragia di clienti e ridare credibilità alla Banca.

La nomina di Ermotti ci ricorda come, alla fine, quasi sempre il successo di qualsiasi organizzazione aziendale, al di là del settore in cui opera, dipenda dalla capacità delle persone chiamate a guidarle. Non è tanto, quindi, il “sistema” ad essere in crisi (fermo restando la necessità di regole ben definite e controlli rigorosi, “pre-requisiti” per qualsiasi organizzazione degna di questo nome, e ancor di più per le imprese bancarie), quanto piuttosto la singola realtà: non a caso il ritorno di Ermotti ieri è stato salutato dal mercato con una crescita in borsa del 3,7% del titolo UBS  e di oltre il 4% per quello di Credit Suisse.

Le ultime recenti “zone d’ombra” (Banche regionali americane, Deutsche Bank) sembrano scomparse, con i mercati ormai proiettati oltre, come dimostra la giornata di ieri.

Al centro tornano, di nuovo, argomenti noti: crescita, inflazione, politiche monetarie, azione dei Governi.

Su queste ultime, qualche nube di sta addensando sul nostro, con il rischio che si torni, per l’Italia, ad un’immagine sbiadita. Il tema non è di secondaria importanza, riguardando il PNRR e, di conseguenza, i rapporti con l’Europa. In ballo non ci sono soltanto buona parte dei 191,5 MD previsti dal piano Next Generation EU, ma anche l’immagine stessa dell’Europa (va ricordato che, sui 750 MD stanziati per i Paesi dell’Unione, il nostro è il maggior beneficiario, con gli altri ben lontani – Spagna 69,5, Francia 39,4, etc).

Oggetto del contendere la nuova erogazione da 19MD, che avremmo già dovuto “incassare” e per la quale avremmo già dovuto presentare opportuna documentazione, mentre invece abbiamo richiesto una proroga di 1 mese. Con Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, con delega al PNRR, che ha già detto a chiare lettere che molti interventi, da eseguirsi entro il 2026, certamente non saranno realizzati.

Tralasciando qualsiasi considerazione politica e riconducendo il tema alle uniche argomentazioni economiche, va ricordato che la ricaduta del Recovery Plan sul PIL italiano è stimata in circa 3 punti all’anno nel periodo 2022-2025, con code sino al 2026 e oltre. Possiamo, quindi, ben comprenderne la valenza, che rendono legittima più di qualche preoccupazione. Le ricadute su crescita, modernizzazione, occupazione, immagine sarebbero devastanti, e riporterebbero il Paese indietro di anni, facendo ripiombare l’Italia nell’inaffidabilità.

Questa mattina i mercati asiatici fanno fatica a seguire la chiusura più che positiva di ieri sera a Wall Street ((Nasdaq + 1,87%, Dow Jones + 1,00%, S&P 500 + 1,42%): a Tokyo il Nikkei è in recupero, dopo un partenza piuttosto negativa, ma è ancora sotto la parità (– 0,36%). Il recupero, invece, è stato più ampio a Shanghai e a Hong Kong, con le quotazioni tornate sopra la parità (+ 0,20% circa).

I Futures stanno dando ovunque segnali positivi, con rialzi più ampi in Europa.

Materie prime poco mosse: petrolio in leggero consolidamento, con il WTI a $ 73,12 (+ 0,11).

Gas naturale Usa che innesta la retromarcia, portandosi a $ 2,139 (- 2,24%).

Oro stabile, a $ 1.984,80 (- 0,07%).

Spread a 180,2, con il BTP in area 4.13%.

Treasury Usa sui livelli di ieri (3,57%).

€/$ a 1,084, con l’in nuovo leggero rafforzamento.

Gran recupero per il bitcoin, che si porta sin verso i $ 29.000 (28.604).

Grazie come sempre per l’attenzione.

Ps: “tormentone” ITA: dato per certa la “ciambella di salvataggio” di Lufthansa, dopo i deludenti dati 2022, con le perdite che sfiorano i 500ML (circa 1.3ML al giorno), si torna a discutere, come ovvio, sul prezzo. Fino a pochi giorni fa sembrava certa un’offerta in una forchetta tra i 250 e i 300 ML. Ma ora, come normale, le cose non sono più così. Sembra che la Compagnia di bandiera tedesca non vada oltre i 200 ML. Una storia (triste) che si ripete: forse conviene fare in fretta…

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ultimo aggiornamento: 30-03-2023


Previsioni economiche del 29 marzo: rigore, solidità, credibilità.

Previsioni economiche del 31 marzo: lungimiranza.