Nella prima giornata di sottoscrizione del nuovo BTP Italia (il collocamento si chiuderà domani), si conferma, da parte delle famiglie italiane, il grande interesse verso questa tipologia di titoli. A spingere le sottoscrizioni, più che “l’attaccamento” alla bandiera (oggi solo il 9% del debito pubblico è in mano alle famiglie, con il Governo che si è posto l’obiettivo di arrivare, nel giro di poco tempo, ad almeno il 15%), è la “struttura” della tipologia di titolo. Difendere il risparmio dall’inflazione oggi è diventata una priorità, visto che sul fronte dei salari oggi il gap particolarmente elevato (si calcola che l’innalzamento medio, negli ultimi 12 mesi, sia stato pari all’1,5% contro un’inflazione, come noto, ben superiore all’8%). Il fatto che, solo nella giornata di ieri, ben 132.334 sottoscrittori (il numero più alto di sempre) abbiano aderito all’emissione, evidenzia, ancora una volta, come nelle “casse degli italiani” ci sia una quota consistente di liquidità che, se lasciata ferma, equivale ad una perdita in termini di valori reali, oltre al fatto che evidentemente il riconoscimento di un ulteriore spread (il “tasso reale”) del 2%, oltre al premio di fedeltà dello 0,8% per chi detenesse il titolo sino alla scadenza (in molti, visto che chi lo sottoscrive non lo fa per “speculare” con il trading, ma per “portare a casa” rendimento per tutta la durata dell’emissione) è un ulteriore stimolo alla sottoscrizione. In termini di controvalore delle sottoscrizioni, ieri sono stati raggiunti € 3.637,3 ML, superiore alla precedente emissione (quella del Novembre 2022, quando erano stati sottoscritti € 3.184,9 ML), ma inferiore al record della 16° serie, quella del maggio 2020, che nel 1° giorno toccò i 4.018,9 ML.
Ma non è solo il BTP Italia ad interessare gli italiani.
Con il rialzo di ieri, il nostro indice MIB si è portato quasi sui valori del 2021,a circa 28.000 punti. La strada per arrivare sui valori del 2000, quando toccò, il 7 marzo, i 51.273 punti (mentre la chiusura più alta fu quella del giorno precedente, a 51.093 punti) è ancora lunga (al contrario di praticamente tutti mercati delle economie sviluppate, ai massimi storici o, comunque, non lontani). Ma, nonostante le persistenti nubi all’orizzonte, a prevalere (a livello globale) è quello che in gergo si definisce un “atteggiamento costruttivo”.
Le motivazioni, come sempre, sono molteplici, un mix di fattori “tecnici” ed “economici”.
Tra i primi, come più volte ricordato, la massa monetaria in circolazione (l’aggregato M2), cresciuto in maniera esponenziale durante la stagione dei QE messi in atto dalle Banche Centrali, per poi ridursi, a partire dalla primavera scorsa, con l’avvento del “rigore monetario” dei Paesi sviluppati, ma poi nuovamente cresciuto grazie agli interventi della Banca Centrale cinese, desiderosa di sostenere l’economia del Paese.
A questo primo fattore “contributivo”, va aggiunto quello delle società di Asset Management: il cash in portafoglio aveva raggiunto, quasi 1 anno fa, il record, con oltre il 6,3% dei portafogli “liquidi”. Infatti, al mese scorso, la percentuale si è ridotta al 5,2% (“solo” 1 punto in meno, ma che vale migliaia di miliardi, miliardi che hanno preso la “strada” degli investimenti azionari, vista la crisi di rendimento degli asset obbligazionari).
E poi gli acquisti di azioni proprie, i cosi detti “buy-back”. Si calcola che, negli ultimi 11 anni, abbiano contribuito per il 27% al rialzo degli indici americani. Secondo Goldman Sachs, solo tra gennaio e febbraio di quest’anno, per le società quotate a Wall Street, il loro valore è stato pari a $ 220 MD. E, per il 2023, sempre rimanendo a Wall Street, potrebbero toccare i $ 1.000 MD. Situazione analoga, anche se meno “esplosiva”, in Europa, dove le aziende quotate hanno annunciato piani di riacquisto per circa € 350 MD.
E poi ci sono le componenti prettamente economiche, tra loro strettamente collegate: l’inflazione, vista in calo (anche se gli ultimi dati fanno scuotere un po’ la testa e forse cambiare un po’ l’umore), i tassi, destinati, almeno nel brevissimo, ancora a salire, ma che, se è vero che l’inflazione scenderà, dovranno arrivare a fermare la loro corsa, per poi invertirla, e una crescita che, per quanto inferiore, mediamente, a quella del 2022, dovrebbe confermare che non c’è posto per la recessione.
Probabile che da qui a metà marzo, quando la BCE comunicherà il nuovo rialzo, ci si muova in maniera un po’ disordinata, ma, se la tendenza di fondo rimanesse quella emersa in queste settimane, con un’economia più forte di quanto si potesse prevedere, gli spazi per nuovi rialzi non dovrebbero essre terminati.
Questa mattina, in Asia, solo il Nikkei da soddisfazione agli investitori, facendo segnare un rialzo dello 0,25%.
Rimangono “al palo” Shanghai (- 1,11%), mentre a Hong Kong l’indice Hang Seng arretra dello 0,70%.
In Australia la Banca Centrale ha alzato per la decima volta i tassi (+ 0,25%), facendo intendere che ormai dovremmo essere a “fine corsa”.
Futures al momento positivi un po’ ovunque, con rialzi più sostenuti oltre oceano.
Si riporta verso l’alto il petrolio, con il WTI che torna sopra gli 80$ (80,58).
Gas naturale americano a $ 2,559, – 0,62%.
Ancora in discesa quello europeo allo snodo di Amsterdam, che arriva a toccare € 43,01 al megawattora (- 4,85%).
Si indebolisce lo spread, a 181,1 bp; rendimento del BTP decennale sempre intorno al 4,55%.
Bund che rimane al 2,75% circa.
Treasury al 3,95%.
Si indebolisce leggermente il $, con l’€/$ a 1,069.
Stabile il bitcoin, che si muove intorno a $ 22.425.
Ps: la genetica non è tutto, nella vita di un individuo, ma un po’ conta, come dimostrano alcune “dinastie” di grandi atleti. Ne abbiamo la conferma guardando al nuovo record indoor di salto in lungo femminile. Agli Europei indoor in corso di svolgimento ad Istanbul, Larissa Iapichino, la figlia ventenne di Fiona May, tutt’ora detentrice del record assoluto (con mt 7,11), ha tolto alla madre quello indoor, superandola di 6 cm, e portando a mt 6,97 il nuovo primato. Però mancano ancora 14 cm…