Sono passati circa 3 mesi dall’apertura della crisi di Governo e quasi uno dalle elezioni del 25 settembre. Con tutta probabilità, questa settimana inizieranno le consultazioni che dovrebbero portare alla formazione del nuovo esecutivo; se tutto dovesse procedere in maniera spedita, senza le “baruffe chiazzotte” che hanno accompagnato la nomina dei due Presidenti di Senato e Camera, si potrebbe arrivare al giuramento dei Ministri già ad inizio della settimana prossima.
Più volte si è detto dell’assurdità dell’allontanamento del Presidente Draghi, incomprensibile alla stragrande maggioranza, per non dire la totalità, degli italiani. Stati d’animo resi ancora più significativi dallo straordinario momento di crisi che stiamo attraversando.
L’incredibile aumento dei prezzi dell’energia sta riempiendo da mesi le prime pagine dei giornali. Da più parti, in questo periodo, si sono alzate voci che mettevano in guardia e annunciavano che l’autunno sarebbe stato già “naturalmente” molto difficile e che una crisi di Governo avrebbe complicato, e non poco, la situazione. Né occorreva essere degli esperti per prevederlo.
A confermarlo i dati di questi giorni.
Se da una parte sono sempre di più le piccole aziende costrette a chiudere (alcune provvisoriamente, ma molte definitivamente), con situazioni quasi paradossali (come in provincia di Treviso, dove in alcune palestre pare che le docce per il momento non siano più possibili…), dall’altro emergono numeri che non lasciano spazio a fantasie.
Secondo un servizio pubblicato oggi su La Stampa, sono ormai oltre 4,7 ML gli italiani che hanno “saltato” il pagamento di almeno una bolletta. E almeno 3 ML sarebbero quello che, in questo momento, hanno problemi al pagamento delle spese condominiali (anche queste, spesso, in vertiginoso aumento a causa dei conguagli sulle spese per l’energia). Secondo il Codacons, l’aumento del 59% delle bollette per il 3° trimestre equivale ad una bolletta media di € 1.782 a famiglia, pari al 122% in più rispetto all’ultimo trimestre 2021. E siamo in attesa di conoscere quale sarà la decisione dell’Arera in merito all’aumento del gas, decisione che sarà resa nota ai primi di novembre: se fosse nell’ordine del 70%, che si prevede, la bolletta media del gas potrebbe essere di circa € 2.942 per famiglia, con un aumento del 117% verso un anno fa.
Intanto ieri sera, al termine di una video conferenza dei Commissari Europei, si è trovata un’intesa da parte della UE sul “price cap dinamico”: di fatto, è stata fatta propria la proposta del nostro Ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani. A rendere possibile l’approvazione la scelta di utilizzare l’articolo 122 dei trattati, che prevede che non sia necessaria l’unanimità dei Paesi membri, ma la maggioranza qualificata. L’accordo, tra le altre cose, prevede anche l’obbligo di acquisti congiunti per il 15% del volume degli stoccaggi e la possibilità di utilizzare, per l’emergenza energetica, fino al 10% dei fondi di coesione del Bilancio UE (per l’Italia potrebbe voler dire circa € 4MD di contributi). Il price cap dinamico si applicherà per le operazioni al Ttf di Amsterdam e consentirà di ridurre significativamente la volatilità e l’aumento dei prezzi, fungendo da “deterrente” alle speculazioni (anche grazie all’introduzione di un “massimale” infragiornaliero.
Certamente, come ci ricorda anche Lucrezia Reichlin, gli spazi di manovra per la Ue (ma ancor più per i singoli Governi) si sono di molto ridotti, rendendo più complessa, e soprattutto più lunga, la soluzione dei problemi.
Sarà necessario prestare ancora più attenzione alle politiche di bilancio: politiche di spesa finanziate a debito potrebbero essere molto pericolose, con ripercussioni pesanti sui costi del loro finanziamento (basta pensare a quanto sta succedendo nel Regno Unito).
E sarà ancora più necessaria un’azione comune a livello europeo, unico modo per aumentare il peso negoziale nelle trattative per la definizione dei prezzi delle materie prime, evitando una pericolosa “competizione” tra Paesi, che favorirebbe, come ovvio, quelli più ricchi, mettendo invece a grave rischio la stabilità finanziaria di quelli messi peggio.
La nuova settimana si apre ancora all’insegna dell’incertezza, anche se sulle piazze asiatiche si notano, in questi minuti, segnali di recupero. Tokyo risulta la piazza più pesante, con il Nikkei che perde oltre l’1%. Sia Shanghai che Hong Kong, invece, si sono portate, seppur marginalmente, in territorio positivo, favoriti dall’andamento dei Futures, che ha Wall Street sono in rialzo di quasi l’1%. Situazione analoga in Europa, anche se il rialzo risulta più contenuto (Eurostoxx + 0,74%).
Petrolio in moderata risalita, con il WTI a $ 86,42 (+ 0,84%).
In calo, invece, il gas naturale Usa, a $ 6,307 (- 2,39%).
Oro a $ 1.656, + 0,38%.
Spread a 241,6 bp, con il BTP intorno al 4.70%.
Treasury vicino al 4%.
€/$ stabile, a 0,9738.
Bitcoin a $ 19.279, + 0,78%.
Ps: hanno preso il via ieri, a Pechino, i lavori del XX Congresso del Partito Comunista cinese. Tante sarebbero le cose da dire. Ci limitiamo ad alcune. I delegati sono 2.296, tutti con la mascherina (un ulteriore segnale dell’approccio estremamente rigoroso che le autorità cinesi continuano ad avere verso il Covid). Il discorso iniziale del leader Xi Jinpin è durato circa 1 h e mezza (5 anni fa 3h e mezza: un’eternità). In merito al suo contenuto, molte le cose che ci sarebbero da dire. Volendo limitarle a 3, la conferma che in Cina la povertà è ancora molto diffusa, con circa 600 ML di persone che vivono con un reddito di 1.00 yuan (circa € 143 mese). Che le “mire” su Taiwan restano altissime (la Cina “si opporrà in ogni modo alle interferenze straniere”). E il fatto che non è stato fatto in alcun modo riferimento alla guerra in Ucraina: spesso i silenzi dicono molto più delle parole.