Probabilmente anche Agata Christie non sarebbe stata in grado di immaginare quanto successo due giorni fa al Senato, che ha avuto il suo epilogo ieri mattina alla Camera, con il brevissimo discorso di commiato di Mario Draghi (probabilmente è la prima volta che un discorso dura meno di quanto siano durati gli applausi: qui c’è qualcosa che stona….) e le successive dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Evidentemente, anche l’esistenza di “prove” può essere fuorviante. Da oggi si è in campagna elettorale: mai, nella storia repubblicana, si è andata al voto in estate. Sarà curioso vedere, tra un “vu cumprà” e un venditore di “coccobelloooo”, se avremo anche la distribuzione di volantini elettorali.
Intanto anche la BCE ha “lanciato” un segnale, e non così scontato. Il rialzo dello 0,50%, che ha riportato a zero i tassi in Europa, conferma da una parte la gravità della situazione per quanto riguarda l’inflazione (ormai vicina al 9%), dall’altra la volontà della BCE di correre ai ripari, riducendo le distanze con la FED (anche se negli Usa i tassi viaggiano già all’1,75%). Da notare che in Giappone, invece, la Banca Centrale ha lasciato tutto invariato, con i tassi ancora in territorio negativo (– 0,10%), ma nel Paese del “Sol Levante” l’inflazione non è un problema.
La reazione dei mercati è stata piuttosto positiva. Fa eccezione, ma lo si sapeva, il nostro Paese, anche se l’esito di fine giornata è stato certamente migliore di quanto si potesse immaginare: il nostro indice MIB ha perso “solo” lo 0,7% (però in 2 giorni le perdite ammontano al 2,3%, vso il – 0,5% della Germania o la parità di Parigi), mentre meno bene è andato allo spread (ma anche qui poteva andare molto peggio), che è salito sino a 241 bp dai 216 bp del giorno precedente.
Diversi i fattori che hanno contribuito. Innanzitutto l’annuncio, da parte della BCE, del nuovo strumento anti-spread, denominato TPI – Trasmission Protection Instrument), che potrà godere di una “potenza di fuoco” teoricamente illimitata, essendo gli acquisti non soggetti a vincoli o restrizioni, cosa che invece appartiene all’OMT, l’altro piano presente nell’arsenale della BCE, lanciato nel 2012 dall’allora Presidente Draghi, che però prevede i condizionamenti del MES, al punto che ad oggi non è stato pressochè utilizzato. In secondo luogo, la BCE, per quanto abbia ridotto considerevolmente gli acquisti di titoli pubblici, rimane attiva sul mercato: per es, per quanto riguarda i BTP, si stima che quotidianamente faccia acquisti per € 6/700 ML. Sempre in merito ai BTP, terzo motivo, oramai sono detenuti in gran parte dalla BCE e dagli investitori italiani (famiglie e sistema bancario), il che li rende un asset molto stabile, e quindi meno soggetto alla speculazione. Basti pensare che su circa € 2.282 MD di debito pubblico composto da titoli di debito pubblico (su un debito totale di circa € 2.700 MD), ben 691 MD sono detenuti dalla BCE e altri 81 da Bankitalia, “longa manus” della Banca Centrale. Le Banche italiane hanno “in pancia” € 428 MD di titoli (18,7%, solo da inizio anno hanno incrementato di € 33 MD la loro quota), mentre le altre istituzioni finanziarie (Assicurazioni e Fondi pensioni) arrivano a € 342 MD. Le famiglie sono a € 145 MD. E’ in continuo calo, invece, la quota di pertinenza degli investitori esteri, scesa, da inizio anno, da € 617 MD a € 595 MD.
Tornando ai motivi che hanno portato ieri a contenere la volatilità, non va dimenticata la riapertura del gasdotto North Stream 1, anche se non a pieno regime. E infine che mai come in questo periodo i portafogli degli operatori e delle case di investimento sono risultati così “scarichi”, vale a dire con una percentuale di liquidità assolutamente elevata rispetto alla media, in modo da essere “pronti” agli acquisti non appena ce ne fosse l’opportunità (era dai tempi del crack Lehman Brothers che non si toccavano questi livelli) . Opportunità che iniziano ad esserci, se è vero che il Nasdaq (anche ieri tra i più positivi, con un rialzo a fine giornata dell’1,4%) ha recuperato, dai minimi di inizio giugno, oltre il 13,6%.
Segnali di stabilità giungono dai mercati asiatici: Nikkei a + 0,40% (rialzo settimanale circa 4,5%), Shanghai appena sopra la parità, Hong Kong + 0,22%.
Ad incidere sul rialzo di ieri del Nasdaq il + 10% di Tesla, sulla notizia della forte plusvalenza realizzata sulla vendita di quasi tutti i bitcoin acquistati oltre 18 mesi fa (per quanto, guardando all’anno i corso, la minus valenza, invece, sia notevole).
Futures al momento sotto la parità un po’ su tutte le piazze.
Petrolio in ripresa, con il WTI che cresce dell’1,30%, portandosi a $ 97,69.
Gas naturale americano a $ 7.848 (- 1,29%).
Torna sopra i $ 1.700 l’oro (1.717, + 0,15%).
Spread sempre sopra i 240 bp (243,40) nei primi scambi di giornata, con il rendimento del BTP che è salito al 3,60%.
€/$ a 1,0206, in leggera discesa verso l’1,024 di ieri.
Recupera terreno il bitcoin, che torna sopra i $ 23.000 (23.158, + 1,63%).
Ps: sta per concludersi (domenica) un Tour de France tra i più belli che si ricordino. Lo sport, forse più di altre situazioni, vive di momenti. Quanto successo nella tappa di ieri probabilmente farà “la storia”. Tutti ricordiamo il “passaggio della borraccia” tra Coppi e Bartali (guarda caso sempre al Tour de France, era il 1952) durante la salita del Col du Telegraphe. Ieri, questa volta in discesa (Col d’Espandelles), Tadej Pogacar, secondo in classifica, anche ieri in fuga insieme al leader della classifica, il danese Jonas Vingegaard, è caduto affrontando una curva. Poteva essere l’occasione, per il leader della classifica, per fare il vuoto. E invece ha aspettato che il rivale si rialzasse, risalisse in sella e lo raggiungesse, assicurandosi che fosse tutto ok, dandosi reciprocamente la mano. Chapeau.