Molte, si sa, sono le differenze, analizzando la situazione economico-finanziaria, tra Usa e Area €.
Guardando alla politica monetaria, oltre Oceano ci troviamo con una Banca Centrale che ha già alzato 2 volte i tassi (oggi siamo tra 0,75% e 1%), oltre ad averne preannunciati altri 2 a giugno e luglio. Da noi la BCE, pur avendo compreso la gravità in cui rischia di trovarsi l’economiaa causa dell’esplosione dell’inflazione (che a maggio ha toccato l’8,10%), ha deciso che interverrà con un inasprimento dei tassi solo a luglio, quando, molto probabilmente, farà scattare un primo rialzo dello 0,25%, a cui dovrebbe seguirne un altro, sempre dello 0,25%, a settembre.
Sul fronte dell’inflazione, oggi le differenze, in termini percentuali, si sono quasi azzerate (anche se negli Usa è leggermente superiore, collocandosi tra l’8,3 e l’8,5%); la grande differenza sta, invece, nel fatto che là oramai si è “trasferita” sui salari, cresciuti, seppur ad un ritmo inferiore, di oltre il 5%, mentre da noi si può ancora parlare di inflazione da offerta, causata, quindi, non dalla domanda di beni e servizi, con i consumi in forte aumento, bensì dall’offerta (vale a dire dall’aumento a volte incontrollato delle materie prime – i casi più clamorosi: litio – usato per le batterie dei motori elettrici – + 439% in 12 mesi, Urea Ammonium + 177%, Gas (megawattora) + 232% – con rialzi medi, sia che si parli di materie prime industriali – fossili/ferrose – che di soft-commodities – vale a dire prodotti agricoli e naturali – mediamente superiori al 50%).Di grande attualità, come noto, in questo periodo sono i cereali, essendo Russia e Ucraina tra i maggiori produttori, ma, soprattutto, esportatori. Il blocco navale imposto dalla Russia impedisce l’invio verso quei Paesi che, tradizionalmente, ricevevano grano, mais e soia dai territori oggi devastati dalla guerra. A subirne le conseguenze maggiori è l’Ucraina, che vede si suoi porti sul Mar Nero distrutti (come nel caso di Mariupol) o completamente bloccati (Odessa) a causa delle mine disseminate. I rischi sono sostanzialmente due, peraltro tra loro collegati: un ulteriore, forte aumento dei prezzi e una situazione sociale che può diventare incontrollata. Se il primo, infatti, per quanto grave, può essere “gestito” dai Paesi più sviluppati, così non si può dire per i Paesi poveri. In molti dipendono (diversi Paesi africani, in primis Egitto, Tunisia, Libia, Somalia) dall’export ucraino: venendo meno quelle forniture o, laddove, pur in quantità ridotte, continuassero ad arrivare a prezzi però esorbitanti, le probabilità di un’emergenza umanitaria prenderebbe sempre più piede, con rivolte sociali molto gravi e un forte incremento del flusso di migranti verso i Paesi che affacciano sul Mediterraneo.
Tornando alle differenza tra Stati Uniti ed Europa, la più evidente è quella relativa a livelli occupazionali.
La situazione indubbiamente più grave è quella relativa al nostro Paese: secondo Eurostat, nel 2021 il nostro Sud Italia “cumulava” un numero di disoccupati di “lungo periodo” (si considerano tali le persone, tra i 15 e i 74 anni, in cerca di lavoro da più di 1 anno) pari a 501.000, più di quanto facesse registrare l’intera Germania (497.000). Se consideriamo le isole, arriviamo a 758.000 unità, pari al 10,3% della forza lavoro vs l’1,2% in Germania. Negli USA, invece, quello che sta accadendo ha del clamoroso: attualmente ci sono circa 11 ML di posti di lavoro vacanti contro una “popolazione” di disoccupati di 5.5 ML di persone (pari al 3.6% della popolazione), una situazione che non si verificava da oltre 50 anni. Ovvio che, in un contesto simile, si assista ad un aumento dei salari che in Europa, con livelli di disoccupazione ben superiori, è lontano dal verificarsi.
La settimana si apre con i mercati del Far East in deciso rialzo: Shanghai sale dell’1,10%, Hong Kong + 1,50% (ma il listino Hang Seng Tech fa + 2,4%). Più cauta Tokyo, a + 0,56%. In Cina, intanto, si fa ogni giorno più intenso il ritorno alla normalità, con tutte le metropoli che stanno “riaprendo” dopo il durissimo lockdown: oggi è il turno di Pechino, con la riapertura dei collegamenti urbani.
Futures in deciso rialzo ovunque, più sostenuti quelli USA.
Anche oggi salgono le materie prime: petrolio (WTI) a $ 119,55, + 0,48%.
Gas naturale $ 8,836, + 3,54%.
Stabile l’oro, a $ 1.857,5 (+ 0,30%).
Spread che apre le contrattazioni a 222,40 bp, per un rendimento del BTP che viaggia con forza verso quota 3.40/3.50%.
Treasury a 2,94%, sui livelli di venerdì.
€/$ a 1,0723, poco mosso.
Rimbalza il bitcoin, a $ 31.228, + 5%.
Ps: la distrazione può costare cara, anche nello sport. Ne sa qualcosa Espargaro: ieri, nel moto GP di Catalogna, ha esultato (era 2°), transitando sul traguardo pensando fosse l’ultimo giro. Peccato che, invece, ne mancasse ancora uno: da 2° si è ritrovato 5°… Concentrazione che, invece, senz’altro non fa difetto a Rafa Nadal: per la 14° volta ha trionfato al Roland Garros di Parigi, arrivando a 22 Slam vinti. Mai nessuno come lui. Un grande.