La variante Omicron sta monopolizzando l’attenzione dei media e non solo.
La settimana che sta per aprirsi, dopo la peggior seduta, per molti listini, da 12 mesi a questa parte, sarò indubbiamente condizionata dalle notizie sul nuovo allarme sanitario che sta provocando reazioni, in diversi casi, forse eccessive.
Certamente il “nervosismo” degli “addetti ai lavori” (dai ricercatori di tutto il mondo sino ad arrivare a chi, a livello politico e governativo, deve garantire la massima sicurezza possibile) è evidente: alcuni Paesi, come Israele, hanno già bloccato le frontiere, impedendo qualsiasi arrivo o partenza, mentre altri stanno pensando a nuovi lockdown e restrizioni. Già la variante Delta, nelle ultime settimane, in molte nazioni è stata causa di un forte incremento dei contagi, se non addirittura è apparsa fuori controllo in altre, con strutture ospedaliere in alcuni casi non più in grado di accogliere i pazienti. Ovvio che in un mondo che già “faticava” a sconfiggere un virus “noto”, l’arrivo di un nuovo virus “geneticamente modificato” non può che essere accompagnato da nuove paure.
Paure che non si limitano ad aspetti meramente sanitari, ma che “in tempo reale” si trasferiscono su economie e mercati.
Sull’economia il timore è che il rimbalzo in atto da qualche mese, già messo in pericolo dalla variante Delta, venga totalmente messo in discussione da Omicron. A maggior ragione arrivando nella fase forse più favorevole per la ripresa dei consumi quale quella del periodo natalizio (che non per nulla, quest’anno sembra iniziato in largo anticipato rispetto agli anni scorsi, forse sulla spinta del desiderio delle persone di un ritorno alla “normalità”: un Natale “normale”, fatto di luci, di shopping, di feste famigliari, di viaggi forse sarebbe la “conferma” più evidente che ci siamo “reimpossessati” della nostra vita e delle nostre abitudini).
Per quanto riguarda i mercati, il nemico numero 1 è l’incertezza: se davvero la nuova variante risultasse così pericolosa e “invasiva”, con un altissimo tasso di trasmettibilità, tutto verrebbe nuovamente messo in discussione. Il PIL, che in tutti i Paesi quest’anno raggiungerà livelli da “boom” economico, l’anno prossimo dovrebbe essere rivisto al ribasso. I Governi sarebbero chiamati a nuovi, massicci, interventi in tema di politiche fiscali. Le Banche Centrali, a loro volta, dovrebbero rivedere, per l’ennesima volta, le loro politiche monetarie, assicurando la stabilità dei tassi. Le imprese dovrebbero nuovamente far ricorso agli “ammortizzatori sociali” (in primis alla cassa integrazione) e di certo si bloccherebbe la ripresa dell’occupazione in atto in ogni parte del mondo. E i loro utili di certo, seguendo il PIL, non potrà che restringersi. E con loro gli investimenti. Da qui l’ondata di vendite a cui abbiamo assistito venerdì, a cui si deve aggiungere un aspetto meramente “tecnico”: non va dimenticato che molti listini si trovano (o si trovavano) ai massimi degli ultimi anni, se non addirittura ai massimi storici (vd i listini USA). Ovvio che molti investitori e operatori hanno fatto un ragionamento molto semplice: è venerdì, non si sa cosa può succedere nel we, a mercati chiusi, stiamo guadagnando percentuali importanti. Intanto “portiamo a casa”, realizzando le classiche “prese di profitto”, poi vedremo cosa fare. La classica reazione “emotiva”, non basata su dati “oggettivi” quanto, piuttosto, su “percezioni” e, appunto, paura che i prossimi mese saranno un periodo nuovamente difficile e faticoso.
Nel week end, con la conferma che la nuova variante si sta diffondendo velocemente, non sembrano essersi aggiunti particolari allarmismi: giunge voce, da parte di molti virologi, che i vaccini in uso sarebbe comunque efficaci verso la nuova variante e che la stessa non sarebbe, da un punto di vista medico, così rischiosa come inizialmente si riteneva.
Al momento, queste 2 notizie sembrano sufficiente per fornire nuove rassicurazioni ai mercati. E’ pur vero che quelli asiatici, questa mattina, chiudono in territorio negativo (Nikkei – 1,63%, Hong Kong – 0,95%, Shanghai appena sotto la parità), ma sembrano piuttosto movimenti per “adeguare” le quotazioni alle forti perdite dei mercati occidentali della giornata di venerdì (i ribassi erano stati, come sappiamo, nell’ordine del 4/4.50%). Infatti i Futures anticipano un’apertura delle contrattazioni in forte rialzo ovunque: in USA siamo intorno al + 1%, mentre in Europa il rimbalzo arriva al momento a superare, in alcuni casi, il 2%. Il tutto accompagnato dal crollo del Vix, il “sensore” della volatilità, che precipita dell’11%, riportandosi verso i 23 punti.
La fiducia fa capolino anche sulle materie prime.
Il petrolio, dopo la caduta di venerdì, questa mattina lancia evidenti segnali di ripresa, con il WTI che rimbalza del 5%, tornado sopra i $ 71. Scivola invece il gas naturale, che aveva retto “l’urto” venerdì: questa mattina cade del 7% circa, mantenendosi comunque sopra i $ 5.
In rialzol’oro, che recupera i $ 1.800m(1.797, + 0,42%).
Spread in rafforzamento, che si porta sotto i 130 pb, con il rendimento del BTP intorno all’1%.
Treasury a 154, + 6 bp: venerdì il crollo dei mercati aveva scattare le “ricoperture”, facendo affluire acquisti sul comparto.
€/$ a 1,127, dopo che ieri sera la Presidente BCE Christine Lagarde, intervistata a Che tempo che fa, ha confermato la transitorietà dell’inflazione.
Anche le quotazioni del bitcoin sembrano indicare una ritrovata “calma” dei mercati: questa mattina è in rialzo di oltre il 5%, con il prezzo che torna a sfiorare i $ 57.000.
Ps: e quindi, come previsto, Luigi Gubitosi non è più AD di Telecom: nel CdA straordinario di venerdì ha “anticipato” la sfiducia del maggior azionista (Vivendi, che detiene il 23,8% del capitale), comunicando le sue dimissioni dal ruolo e rinunciando a tutte le deleghe.
A partire dal 1997, è stato il 12° AD della società, che nel frattempo ha avuto svariati azionisti di controllo. Nello stesso periodo, il nostro Paese, noto per la sua “vivacità” politica, ha avuto 15 diversi Governi, presieduti da 11 diversi Primi Ministri. Una similitudine forse non casuale, vista la natura “pubblica” della società (che, a quanto pare, non sembra cambiata, seppur sia stata “privatizzata” nel 1992, con un ulteriore “passaggio” verso il mercato nel 1997) e il suo ruolo all’interno del panorama economico, sociale e politico del nostro Paese. Non a caso, come sappiamo, il Governo può esercitare il famoso Golden power, con cui può bloccare qualsiasi intervento sul capitale della società.