Il diverso atteggiamento tra la FED americana e la BCE amplia oggi giorno di più il divario tra le valute delle 2 aree, con il $ che continua a rafforzarsi verso €, raggiungendo nuovi massimi di periodo (siamo al picco da oltre 16 mesi a questa parte).
La “divaricazione” tra le due banche centrali trova spiegazione, come ben sappiamo, da uno stadio del ciclo economico che negli USA è un po’ più avanti rispetto all’area €, come dimostra l’andamento dell’occupazione USA (con il dato sui sussidi di disoccupazione mai così dal 1969) e quello sull’inflazione (comunicati la settimana scorsa e pari ad oltre il 6%, mai così alta dai primi anni 90). Mentre da questa parte dell’oceano continuano a levarsi voci rassicuranti sugli interventi di stimolo della BCE (ultimo in ordine di tempo Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo BCE, che non più tardi di ieri ha ribadito che la Banca Centrale continuerà come da programma le sue politiche espansive, evitando qualsiasi intervento restrittivo, volto a “drenare” liquidità, nel convincimento che la “pazienza” produrrà effetti positivi – ergo: nessun allarmismo sull’inflazione, per quanto superiore al 4% anche in Europa, con i prezzi che saranno destinati a rientrare (a detta della BCE, l’aumento è per l’80% dovuto al rincaro delle materie prime e alla crisi sulle forniture di microchips) entro i primi mesi dell’anno prossimo, sempre che l’amento non si trasferisca sui salari, cosa che, se avvenisse, rischierebbe di trasformare in permanente un fenomeno da tutti ritenuto transitorio), in USA oramai le misure restrittive stanno per scattare. E la riconferma di Jerome Powell alla guida della FED, come scritto in precedenti note, ne è l’ulteriore conferma, mettendo ulteriormente “le ali” alla corsa del $, che ieri ha toccato nuovi massimi verso tutte le valute (in particolare sullo yen, su cui è ai massimi dal 2017). Da quando è stato annunciata la riduzione degli stimoli (lo scorso 3 novembre) il biglietto verde ha guadagnato il 3,4% sull’€ e il 2,9% sul dollar-index, il paniere che comprende le principali valute mondiali (e quasi l’1% dal 22 novembre, data della riconferma di Powell).
Molti analisti prevedono, peraltro, prevedono che il rafforzamento della valuta americana sia destinato a fermarsi, se non addirittura a fare una piccola “marcia indietro”. Le previsioni sono per un rapporto €/$ a 1,15 per la fine dell’anno in corso, mentre per il 2022 dovrebbe assestarsi intorno a 1,18. Sostanzialmente per 2 motivi: l’avanzamento dei contagi, che potrebbe anche negli USA portare ad una revisione delle decisioni appena prese (magari spostandone in avanti l’attuazione), dall’altra perché l’inflazione USA potrebbe farsi sentire sulle quotazioni dell’€, trasferendosi “direttamente” dal $ all’€.
Ma se davvero la FED nel corso del 2022 dovesse (a partire dall’estate) confermare 2 (o addirittura 3) rialzi dei tassi, è probabile che il divario sia destinato ad aumentare (la BCE ha già detto che di rialzi, in Europa, se ne parlerà, forse, dal 2023).
Oggi i mercati americani sono chiusi per il Thankstgiving. Ieri, dopo un avvio negativo, con il Nasdaq che era arrivato a perdere oltre l’1%, abbiamo assistito ad un recupero del mercato statunitense, con il Dow che ha chiuso intorno alla parità, mentre il listino tecnologico ha fatto segnare un rialzo dello 0,37%.
Svolta che lascia il segno sui mercati asiatici: il Nikkei chiude in positivo per lo 0,67%, mentre Hong Kong al momento fa segnare + 0,24%. Soffre invece Shanghai, in ribasso dello 0,24%.
Seppur il mercato statunitense sia chiuso, i futures trattano regolarmente, facendo segnare rialzi nell’ordine dello 0,3/0,4%. Marginalmente maggiore l’andamento di quelli europei, nell’ordine dello 0,4/0,5%.
Petrolio poco mosso, con il WTI a $ 78,27 (- 0,28%).
Gas naturale che si conferma sopra i $ 5 (5,121).
Recupera l’oro, a $ 1.795 (+ 0,51%).
Spread sulla “graticola”: ieri si è affacciato a 130 bp, mentre questa mattina recupera a 128,3. Soffrono i BTP, con il rendimento che sale a 1,05%. Sorte analoga per il treasury USA, sempre sopra l’1,70%.
$, come detto, ai massimi da 16 mesi, a 1,21 (ma ieri sera era sceso sotto 1,20).
Bitcoin che prova a “rialzare la testa”, a $ 57.500 (+ 1,62%).
Ps: direi che la Svezia si sta “italianizzando”. Quello che fino a pochi anni fa era considerato un Paese modello per il “walfare” e la stabilità politica, da ieri detiene un record: quello di un governo con la durata più breve, 8 ore….la Premier Magdalena Andersson (tra l’altro la prima donna a guidare un Governo in quel Paese), infatti, appena insediata (con la maggioranza di 1 voto in Parlamento), ha immediatamente rassegnato le dimissioni dopo la bocciatura della Legge di bilancio (e l’uscita dall’esecutivo dei Verdi).