Nel 2023, l’Italia ha registrato una posizione sfavorevole nella classifica delle retribuzioni netta media tra i Paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). Secondo una mappa interattiva fornita da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, il Paese si colloca tra gli ultimi posti, evidenziando un gap significativo rispetto alla media europea. Questo articolo esplorerà le ragioni dietro a questo fenomeno e fornirà un’analisi dettagliata della situazione attuale.
L’indagine condotta da Eurostat si basa sul Purchasing Power Standard (Pps), una valuta artificiale che consente di effettuare confronti significativi tra i redditi dei vari Paesi, tenendo conto delle differenze nel costo della vita. Nell’ultima rilevazione, gli stipendi italiani hanno raggiunto i 24mila Pps, risultando inferiori del 15% rispetto alla media dell’Unione Europea, che si attesta a 27,5mila Pps. In un contesto più ampio, l’Italia si posiziona al 19° posto su 34 Paesi Ocse, confermando una situazione di stagnazione economica rispetto ai suoi vicini.
Nella classifica di Eurostat relativa agli stipendi reali, l’Italia si trova dietro a nazioni come Francia, Germania e Spagna, che presentano economie simili in termini di dimensioni, modello di sviluppo, demografia e stato sociale. Anche se Paesi come Polonia, Grecia e Portogallo mostrano dati negativi sulle retribuzioni, le ultime posizioni sono occupate da Bulgaria, Lettonia e Slovacchia, con stipendi annui di circa 14mila Pps. Questi dati rivelano un quadro complesso e variegato delle retribuzioni in Europa.
Se si considera un lavoratore single senza figli, la Germania si distingue con uno stipendio medio di 34,9mila Pps, seguita dalla Francia e dalla Spagna, rispettivamente con 28,5mila e 24,5mila Pps. Le retribuzioni reali italiane risultano inferiori del 45% rispetto a quelle tedesche, mentre la differenza con la Francia è del 18%. La situazione con la Spagna è meno marcata, con salari reali italiani che superano di poco quelli spagnoli.
La Svizzera mantiene il primato nella classifica dei salari reali, con un stipendio netto medio di 47mila Pps. Seguono i Paesi Bassi, la Norvegia, il Lussemburgo e l’Austria, le cui retribuzioni annue variano tra 35mila e 38mila Pps. Questa situazione evidenzia la competitività economica della Svizzera rispetto agli altri Paesi Ocse.
Nel 2023, il Regno Unito non figura nella classifica Eurostat sugli stipendi reali. Tuttavia, i dati diffusi dall’Office for National Statistics (Ons) mostrano segnali positivi, con un incremento medio delle retribuzioni pari al +3,4% nell’ultimo trimestre dello scorso anno. La disoccupazione nel Regno Unito è scesa al 4,4%, un dato inferiore alla media europea.
Per quanto riguarda i Paesi Ocse al di fuori dell’Europa, Eurostat evidenzia che gli Stati Uniti registrano retribuzioni elevate, con 33,9mila Pps, seguiti dalla Turchia con 31,8mila Pps e dal Giappone con 25,8mila Pps. Questi dati mostrano come le differenze salariali non riguardano solo l’Europa, ma anche altre aree geografiche.
Un aspetto critico riguarda la disparità tra stipendi lordi e netti. In molte fasce di reddito, l’aumento dello stipendio lordo non si traduce in un corrispondente incremento netto, a causa di una tassazione differente per scaglioni e di bonus e detrazioni fiscali applicate solo a determinate categorie.
Le fasce di reddito medio-alte, ovvero coloro che guadagnano da 40mila euro lordi in su, subiscono maggiormente le conseguenze di squilibri nella tassazione e nei bonus. Chi percepisce 50mila euro annui si trova a pagare la stessa imposta marginale di chi guadagna 200mila euro, creando una pressione fiscale sproporzionata.
Nel contesto italiano, la disoccupazione ha mostrato segnali incoraggianti, scendendo fino al 5,8% nell’ottobre 2023. Secondo l’Ocse, questo rappresenta il tasso più basso dall’inizio delle rilevazioni nel gennaio 1983. In confronto, l’area Ocse ha mantenuto un tasso di disoccupazione invariato al 4,9%.
La mappa degli stipendi nell’area Ocse evidenzia anche l’emorragia di giovani professionisti dall’Italia, attratti da Paesi che offrono retribuzioni reali più elevate. La decisione di lasciare il Paese è influenzata da vari fattori, inclusa la qualità dei servizi e il supporto familiare, ma il rapporto tra salario e tasse gioca un ruolo cruciale, specialmente per i giovani professionisti.
Infine, la ricerca di opportunità economiche migliori spinge molti italiani a trasferirsi all’estero, in particolare coloro che hanno completato una formazione di alta qualità. In settori che richiedono specializzazione, le competenze acquisite in Italia possono garantire stipendi più elevati, ma il Paese fatica a creare un legame diretto tra formazione e opportunità di carriera.
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