Lo split payment rappresenta uno degli strumenti introdotti per combattere l’evasione fiscale nel settore IVA.
Lo split payment, o scissione dei pagamenti, è un meccanismo di incasso dell’IVA che prevede un’inversione dei ruoli nel versamento dell’imposta: la Pubblica Amministrazione committente, anziché il fornitore, diventa debitore dell’IVA verso l’erario. Introdotto nel 2015, questo sistema è principalmente rivolto ai fornitori di beni e servizi delle Pubbliche Amministrazioni e ha lo scopo di prevenire l’evasione fiscale riguardante l’IVA. Il meccanismo si manifesta concretamente nelle fatture elettroniche, dove il committente PA è indicato come responsabile del versamento dell’IVA.
Ambiti ed esclusioni
Lo split payment si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione. Tuttavia, non tutti i fornitori sono soggetti a questa normativa: sono esclusi i professionisti che operano con ritenuta d’acconto, i lavoratori autonomi soggetti al regime dei minimi e le situazioni di inversione contabile o reverse charge. È stato stabilito che tali eccezioni mirano a semplificare il quadro fiscale per specifiche categorie di contribuenti nel 2018 con il cosiddetto Decreto Dignità, il quale ha sancito che i soggetti a ritenute a titolo d’imposta o di acconto ai sensi dell’art. 25 del DPR n.600/1973 non applicano lo split payment.
Quando si versa l’IVA?
Per evitare sanzioni, gli enti devono effettuare il pagamento dell’IVA relativa alle prestazioni di servizi o alla cessione di beni soggette a meccanismo di scissione dei pagamenti (split payment) non oltre il sedicesimo giorno del mese che segue quello in cui l’imposta diviene dovuta.
Split payment, cosa cambia dal reverse charge?
La distinzione tra split payment e reverse charge è fondamentale per comprendere pienamente lo scopo di ciascun meccanismo. Entrambe le procedure hanno lo scopo di prevenire l’evasione fiscale, spostando l’onere del versamento dell’IVA dall’ente fornitrice all’ente acquirente. La differenza principale risiede nel trattamento contabile e fiscale: nello split payment, la PA include l’IVA in fattura ma è incaricata del suo versamento, mentre nel reverse charge è l’acquirente che emette un’autofattura per l’IVA dovuta.
Esempio pratico
Per chiarire ulteriormente il concetto di split payment, si può considerare il caso di una pubblica amministrazione che acquista beni o servizi per un valore di 1.000 euro più IVA. In questo scenario, l’IVA di 220 euro non viene corrisposta al fornitore ma versata direttamente all’erario dal committente PA. La fattura emessa dal fornitore rifletterà questa peculiarità, alleggerendo così il fornitore dalla responsabilità del versamento dell’IVA.