Chissà se hanno ragione i membri del Comitato Esecutivo della Reserve Bank of Australia, la Banca Centrale del Paese “down-under”, quando affermano che “sono sempre più evidenti i motivi che giocano a favore di un rallentamento al rialzo dei tassi”.
La cosa c’è è che tanto maggiori sono stati, ad oggi, i movimenti verso l’alto tanto maggiore è la probabilità che si avvicini il tempo di uno stop alla crescita. Quest’anno si calcola (Il Sole 24ore di oggi) che in questi primi 8 mesi e mezzo del 2022 le principali 23 Banche Centrali del mondo abbiano già “messo mano” a ben 90 variazioni verso l’alto. E nei prossimi giorni ne sono attesi di nuove, a partire dalla FED, che, come la stragrande maggioranza degli analisti prevede, dovrebbe decidere un nuovo incremento dello 0,75% (ma qualcuno si spinge a prevedere addirittura un + 1%). A seguire, poi, dovrebbero muoversi Paesi come la Svizzera, la Svezia, la Norvegia e la Gran Bretagna, tutte con rialzi dello 0,50% (a parte la Gran Bretagna, che potrebbe spingersi sino ad un + 0,75%).
In questo momento, i mercati stanno “prezzando” i tassi USA intorno al 4,25% (con l’aumento di questa settimana si dovrebbe arrivare intorno al 3.25%): sarà quindi fondamentale capire cosa farà, nelle prossime settimane, l’inflazione, soprattutto quella “core” (“ripulita” dalle componenti più volatili, come energia e alimentari: i prezzi della prima, come vediamo anche in Europa, stanno continuando, infatti, a calare, e anche in maniera abbastanza decisa. Ieri il gas è tornato ai valori di circa 1 anno fa e da noi il prezzo della benzina è sceso sotto € 1,7, minimo da 12 mesi a questa parte). Tornando agli Stati Uniti, ricordiamo che siamo a neanche 2 mesi dalle elezioni di Midterm, che possono modificare gli equilibri politici nel Paese. Alla Camera (435 seggi), che sarà completamente rinnovata, i Democratici, infatti, hanno una maggioranza risicata di soli 10 seggi, mentre al Senato (100 seggi, di cui solo 35 verranno rinnovati) i 2 schieramenti si trovano teoricamente in parità, ma con i Dem i vantaggio per il voto decisivo di cui dispone la Vice Presidente Kamala Harris. Ben sappiamo che la FED (come tutte le Banche Centrali) sia indipendente dal potere politico, ma altrettanto bene sappiamo come la politica una certa “moral suasion” la metta in atto(non dimentichiamo anche che gli americani sono “investitori (speculatori?)” incalliti, fortemente attratti dagli investimenti in borsa, componente fondamentale nella loro “percezione” di ricchezza e benessere). Ad oggi il Presidente Biden, non gode, politicamente parlando, di “buona salute” e senza dubbio cercherà in ogni modo di sovvertire i sondaggi, che al momento, lo danno sfavorito. Sarà fondamentale, per coltivare speranze, che l’inflazione torni rapidamente a livelli ritenuti “accettabili”, in modo che i redditi non vengano messi in discussione e che l’occupazione, cavallo di battaglia della sua politica economica, non entri in crisi: in altre parole, che il rischio della recessione si mantenga a debita distanza. E chi, meglio di Powell, può dargli una mano…? Questo, almeno, è quello che sperano (e forse pensano) i mercati, come conferma anche la giornata di ieri, con Wall Street che ha iniziato gli scambi piuttosto negativa per poi, invece, invertire la rotta e chiudere ampiamente positiva.
Il positivo andamento a cui si è fatto cenno del mercato azionario USA sta facendo da “volano” per gli indici asiatici, questa mattina tutti con il “vento in poppa”. Dopo la chiusura per festività di ieri, il Nikkei fa segnare + 0,46% (da segnalare che l’inflazione giapponese ha toccato, ad agosto, il 2,8%, l’incremento maggiore dal 2014 – e questo la dice lunga di quale sia la differenza tra occidente ed estremo oriente su questo tema); positiva Shanghai, anche se di un marginale, per ora, 0,20%. Molto meglio Hong Kong, trascinata dai titoli tech (+ 1,10%, con il tech che supera il 2%).
Ben orientati i futures, ovunque positivi.
Segnali di stabilità sul fronte materie prime: petrolio a $ 85,46 (WTI), gas naturale Usa $ 7,874 (+ 1,38%), mentre arresta la sua discesa l’oro, che si “aggrappa” a $ 1.660 (1.669,30).
Spread che “tiene” i 226 bp, per quanto il rendimento del BTP si trovi oltre il 4% (4,05%) a causa del rialzo del Bund, tornato verso l’1,80%.
Negli USA troviamo il treasury a 2 anni ormai sulla soglia del 4% (3,93%), mentre torna un po’ indietro il decennale (3,47%, ieri 3,50%).
€/$ appena sopra la parità, con il $ in leggero indebolimento (1,0024).
Torna sopra i $ 19.000 il bitcoin (19.359, + 4,72%), a conferma della sua correlazione con la “predisposizione al rischio”.
Ps: ieri si sono svolti i funerali della Regina Elisabetta, con oltre, è stato calcolato, 2 ML di cittadini londinesi in strada e addirittura un’audience televisiva di oltre 4,1 MD di persone. Oggi, invece, è il compleanno di un’altra “regina”. Compie, infatti, 88 anni Sophia Loren, forse l’attrice italiana più nota di sempre. A ben pensarci, forse la migliore ambasciatrice del made in Italy, riunendo nella sua persona la bellezza, il talento e la determinazione.