Se svolgi dei lavori saltuari o prestazioni occasionali, non hai una busta paga né una partita Iva, probabilmente ti sarai trovato a fare i conti con la ritenuta d’acconto. Ma cosa vuol dire esattamente lavorare con ritenuta d’acconto?
Quando si parla di ritenuta d’acconto ci si riferisce a una particolare trattenuta Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche). Cioè una somma di denaro che il datore di lavoro trattiene dal tuo stipendio come una sorta di anticipo sulle imposte da versare allo Stato.
In pratica, il lavoratore viene per così dire “decurtato” di una parte del compenso che diventerà acconto sull’Irpef. È il caso in cui il datore di lavoro acquisisce il ruolo di “sostituto d’imposta”.
In altre parole, si sostituisce a te nel pagamento delle tasse: trattiene una percentuale sulla somma che ti deve e la versa allo Stato per conto tuo.
Se il lavoratore presta un servizio per un cliente con partita Iva e il compenso accordato ammonta a 1000 euro, sulla ricevuta emessa appariranno i seguenti termini:
In altri termini, dei 1000 euro concordati in precedenza, 800 verranno intascati dal lavoratore e 200 andranno allo Stato come ritenuta d’acconto sull’Irpef.
Il committente del servizio provvederà a pagare il netto al lavoratore e verserà la somma della ritenuta (nel caso dell’esempio, i 200 euro) allo Stato entro il giorno 16 del mese successivo attraverso il modello F24. Lo inserirà nella sezione “erario” con codice tributo 1040.
L’aliquota di ritenuta d’acconto può essere del 20% (nel caso dei residenti in Italia) o del 30% (per i residenti all’estero e per brevetti, invenzioni industriali e simili).
Per fare il calcolo della ritenuta basta prendere l’importo lordo e moltiplicarlo per 0.2.
Se, invece, vuoi calcolarla partendo dal netto dovrai dividere l’importo per 0.8 e poi moltiplicare la cifra ottenuta (importo lordo) per 0.25.
In genere per effettuare il calcolo si parte sempre dall’importo lordo, tralasciando quindi IVA, rivalse INPS (una maggiorazione del 4% che è possibile addebitare in fattura) o marche da bollo, che verranno eventualmente aggiunte in un secondo momento.
La formula della ritenuta d’acconto sulla prestazione occasionale è sempre più diffusa in Italia. Vediamo quando è possibile applicarla.
Le prestazioni lavorative che non superano un certo numero di giorni all’anno possono avvalersi della ritenuta d’acconto. Ma il compenso può arrivare a un massimo di 5000 euro l’anno. Tale formula consente al committente di pagare la prestazione occasionale del lavoratore che non possiede partita Iva.
Il committente che sceglie tale sistema di pagamento deve attuare una serie di procedure simili a quelle messe in piedi per un collaboratore con partita iva. Per di più ha l’obbligo di anticipare la ritenuta tramite F24.
Il lavoratore, invece, si libera di un onere ma allo stesso tempo non può accedere a determinati ammortizzatori sociali come la DIS-COLL (indennità mensile di disoccupazione) in caso si perdita involontaria del lavoro.
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