La riapertura della scuola è ancora un nodo da sciogliere per il Governo, che deve prendere in considerazioni anche i punti di vista delle Regioni. Ecco cosa cambierà tra proposte e dubbi.
Le ipotesi sul rientro a scuola sono molte e prendono in considerazione i diversi aspetti della questione. Strutturare doppi turni, gestire gli spazi sono solo alcune delle problematiche da affrontare se gli studenti dovessero tornare tra i banchi. A questo bisogna poi aggiungere i punti di vista delle Regioni e dei presidi, che si dicono incerti su una riapertura totale. In ogni caso sembra che una data per una possibile riapertura della scuola ci sia e sarebbe il 7 gennaio. Tuttavia Regioni come Piemonte e Veneto hanno avanzato altre proposte scegliendo l’11 o il 18 gennaio, giudicando la scelta del Governo troppo frettolosa. Vediamo quindi di capire cosa cambierà e quando sarà il rientro a scuola.
Rientro a scuola: la paura di un nuovo lockdown
Nonostante il clima d’incertezza il Governo ha deciso di rispettare la data del 7 gennaio. Se la situazione non si aggrava, gli studenti potranno tornare in aula. Tuttavia Palazzo Chigi fa sapere che sarà necessaria una valutazione a fine anno per controllare la situazione delle Regioni e per monitorare l’andamento del contagio. In ogni caso il direttivo sta lavorando a un piano che sarà pronto già per il 7 gennaio e che garantirà la sicurezza nelle scuole.
Ma soprattutto quello che si cerca di evitare è un rientro a scuola a gennaio per poi fare subito dietrofront e richiudere nuovamente gli istituti. Sarebbe una sconfitta tropo grande per tutto il sistema. Infatti se a metà gennaio si pagheranno gli effetti degli incontri natalizi, le prime a chiudere saranno sicuramente le scuole. Per evitare questo rischio si potrebbe mantenere la didattica a distanza fino a febbraio.
Rientro a scuola: il tracciamento
Oltre alla paura di una seconda chiusura a poca distanza dall’ipotetica riapertura, c’è l’incertezza relativa al tracciamento. Infatti più che il numero di contagi nelle scuole è questo che rende difficoltosa la riapertura. Per ogni studente o insegnate infetto sono necessari almeno trenta tamponi da eseguire a tutti i parenti, e le ASL potrebbero non reggere. Una soluzione in questo caso potrebbe essere quella di stabilire in ogni Comune un centro per monitorare ed eseguire tamponi solo a docenti e studenti.
I dubbi dei presidi
Da quanto emerge dal nuovo DPCM a dire l’ultima parola sulle modalità del rientro a scuola saranno i prefetti e sembra che tutti puntino a degli ingressi scaglionati dopo le 10 del mattino. I presidi però fanno sapere che spostare l’orario d’ingresso è possibile fino a un certo punto. Infatti se si superassero troppo le 10 e gli studenti tornerebbero a casa alle 19 o alle 20, senza considerare il problema delle mense.
Questi servizi infatti mancano nelle scuole superiori e predisporli richiede tempo e denaro. Inoltre anche i problemi di spazio non mancano. Le aule, tra il distanziamento e i banchi monoposto, sono troppo piccole e possono ospitare solo mezza classe. L’idea avanzata del Piemonte è di dotare le classi di nuovi sistemi d’aerazione, ma ottenerli entro il 7 gennaio potrebbe non essere così semplice.
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