L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha segnato un punto di svolta cruciale per l’Unione Europea, spingendola a riconsiderare la propria strategia industriale nel settore della difesa. L’offensiva russa, iniziata il 24 febbraio 2022, ha riportato in Europa il conflitto convenzionale ad alta intensità, rivelando le fragilità delle capacità difensive europee e la scarsa preparazione delle industrie del settore. La necessità di una risposta militare adeguata è emersa in modo chiaro, evidenziando le lacune strutturali nella capacità di produzione e nel coordinamento tra gli Stati membri.
Dall’analisi della situazione attuale, emerge che i paesi europei si sono trovati in difficoltà nel fornire supporto reciproco in caso di attacco. Un fattore determinante è stata la carenza di scorte di armi e munizioni, con la NATO che richiede ai suoi membri di mantenere riserve sufficienti per almeno 30 giorni. Tuttavia, all’inizio dell’invasione, la Bundeswehr tedesca aveva munizioni per soli due giorni di combattimento, mentre il Regno Unito ne aveva per otto. A questo si aggiunge il problema delle infrastrutture di trasporto, inadeguate a gestire il movimento di equipaggiamenti pesanti come i carri armati Leopard, il che ha ulteriormente ostacolato la mobilità militare.
In Germania, il 10% dei ponti autostradali necessita di ristrutturazione, e l’assenza di un sistema di Schengen militare complica ulteriormente il trasporto di materiali bellici. Le procedure di rilascio dei permessi per il trasporto di beni militari sono ancora lunghe e complicate, rendendo difficile una risposta rapida alle emergenze. Nel novembre 2022, l’Unione ha cercato di migliorare la situazione con un piano d’azione, ma gli obiettivi non sono stati raggiunti, lasciando l’Europa vulnerabile.
Un altro aspetto critico è la mancanza di capacità produttive pronte a sostenere conflitti prolungati. La strategia della difesa dell’Unione Europea non aveva previsto il ritorno della guerra ad alta intensità, e il suo quadro di politica di sicurezza non considerava i conflitti tra stati di pari livello. Questo ha portato a una produzione stagnante, bloccata dai “dividendi di pace” e da una scarsa preparazione per eventuali emergenze.
Dopo l’invasione russa, l’Unione ha cercato di stimolare le industrie della difesa con incentivi, ma le aziende erano riluttanti a investire senza contratti garantiti. Entro la seconda metà del 2023, la Commissione Europea ha lanciato due iniziative: una legge da 500 milioni di euro per la produzione di munizioni e un’altra da 300 milioni per il rafforzamento dell’industria della difesa. Questi sforzi, però, non sono stati sufficienti a soddisfare le richieste urgenti dell’Ucraina, evidenziando l’inefficienza delle risposte europee alle emergenze.
Il 5 marzo 2024, l’Unione Europea ha pubblicato la European Defence Industrial Strategy (EDIS), una risposta strutturata all’evoluzione del contesto di sicurezza europeo. Questa strategia intende rafforzare la capacità industriale e tecnologica degli Stati membri entro il 2035, rendendo l’industria europea della difesa più competitiva e resiliente. La Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha delineato un piano che prevede un incremento significativo del budget per la difesa, passando dai 171 miliardi di euro del 2014 a una proiezione di 350 miliardi nel 2024.
Il programma europeo per l’industria della difesa (EDIP), con un budget iniziale di 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, mira a facilitare la cooperazione tra gli Stati membri lungo l’intero ciclo di vita delle attrezzature militari. Inoltre, è stato proposto un fondo di 100 miliardi di euro per l’acquisto congiunto di materiali militari, volto a ridurre la dipendenza da fornitori esteri.
Una delle principali sfide identificate dall’EDIS è la frammentazione della Base Tecnologica Industriale della Difesa Europea (EDTIB). Nel 2022, solo il 18% degli investimenti in programmi di difesa è stato realizzato attraverso modalità cooperative tra Stati membri, ben al di sotto dell’obiettivo del 35% fissato dall’European Defence Agency. Questa situazione porta a duplicazione degli investimenti e a una riduzione delle economie di scala.
Inoltre, la dipendenza dalle acquisizioni extraeuropee è allarmante: tra febbraio 2022 e giugno 2023, il 78% delle acquisizioni di equipaggiamenti militari è avvenuto al di fuori dell’Unione, di cui il 63% negli Stati Uniti. Questa vulnerabilità strategica limita la sovranità europea e richiede interventi urgenti per promuovere la cooperazione transnazionale e aumentare l’autonomia tecnologica.
Il Programma Europeo per l’Industria della Difesa (EDIP) rappresenta il cuore del quadro finanziario delineato dall’EDIS. Tuttavia, il budget iniziale di 1,5 miliardi di euro è considerato insufficiente rispetto alle reali necessità del settore, stimato in circa 70 miliardi di euro annui. Per affrontare questa discrepanza, sono state avanzate proposte per l’emissione di obbligazioni comuni europee, simili a quelle del fondo “Next Generation EU”, per raccogliere 100 miliardi di euro per l’acquisto congiunto di materiali militari.
Parallelamente, la Banca Europea per gli Investimenti ha iniziato a incrementare i finanziamenti per il settore della difesa, stanziando circa 1 miliardo di euro nel 2024 e prevedendo un ulteriore aumento nel 2025. Questo cambiamento segna una svolta significativa, dato che in passato la BEI aveva limitato i suoi investimenti a beni dual-use.
L’EDIS identifica diverse aree critiche che necessitano di aggiornamenti urgenti. Tra queste, gli aerei da trasporto militare, come l’A400M, presentano ritardi e problematiche operative che ne limitano l’efficacia. Anche i sistemi terrestri, come il progetto franco-tedesco Main Ground Combat System, subiscono ritardi significativi a causa di complicazioni politiche e logistiche.
La standardizzazione delle piattaforme navali è un’altra priorità, in quanto la mancanza di interoperabilità tra le flotte comporta costi elevati e inefficienze strategiche. Infine, la carenza di munizioni è una questione critica: all’inizio dell’invasione russa, molti Stati membri avevano scorte insufficienti per sostenere conflitti prolungati, evidenziando l’urgenza di incrementare la produzione di munizioni.
La realizzazione degli obiettivi dell’EDIS è fortemente legata agli strumenti finanziari previsti, ma il budget iniziale di 1,5 miliardi di euro per l’EDIP appare limitato. Le proposte per un fondo di 100 miliardi di euro sono ambiziose, ma gli esperti avvertono che senza obiettivi vincolanti e un aumento significativo dei contributi nazionali, l’impatto potrebbe essere limitato.
La Banca Europea per gli Investimenti ha annunciato un incremento dei finanziamenti per la difesa, ma permangono ostacoli politici ed economici da superare. La mancanza di obiettivi chiari e vincolanti potrebbe ostacolare il raggiungimento degli obiettivi strategici fissati dall’EDIS.
Nel marzo 2025, la Commissione Europea ha confermato l’intenzione di accelerare l’implementazione del programma “ReArm Europe”, destinando fino a 800 miliardi di euro per sviluppare capacità militari autonome. Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per sollecitare impegni finanziari chiari da parte degli Stati membri, mentre il Consiglio Europeo ha enfatizzato l’importanza della mobilità militare e degli investimenti in infrastrutture critiche.
La Commissione ha anche annunciato un aumento del budget del Fondo Europeo per la Difesa, portandolo a 20 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, evidenziando l’importanza di sostenere progetti collaborativi tra Stati membri.
Questi sviluppi testimoniano un impegno senza precedenti da parte dell’Unione Europea per rafforzare la propria capacità di difesa, delineando un percorso verso una maggiore autonomia strategica e operativa.
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