Per un’azienda, contraddistinguersi per dei buoni livelli di digitalizzazione non può che essere un fattore positivo, un sinonimo di efficienza, competitività ed avanguardia, ma qual è la situazione delle PMI italiane?
Se ci si pone questa domanda è possibile far riferimento ad un report recente e di assoluto interesse quale quello realizzato da Istat, istituto che merita certamente di essere considerato la fonte affidabile per eccellenza a livello nazionale.
Andiamo dunque a scoprire che cosa è emerso, non prima di aver specificato che cosa si intende, esattamente, per PMI: premesso che quest’acronimo fa riferimento alle Piccole e Medie Imprese, si collocano in questa categoria le realtà aziendali con un numero di addetti compreso tra 10 e 249.
Che cos’è il Digital Intensity Index
Per quantificare i livelli di digitalizzazione delle PMI italiane, Istat ha elaborato un apposito indicatore, denominato Digital Intensity Index: secondo la ricerca, nel 2023 ha risposto positivamente a tale indicatore il 60,7% delle PMI italiane.
A questo punto è spontaneo chiedersi: ma cos’è il Digital Intensity Index? Quali aspetti considera? Ebbene, Istat ha considerato coerenti con tale indicatore le PMI che hanno dimostrato di adottare almeno 4 di 12 diverse attività digitali, che andiamo subito a scoprire.
Le 12 attività digitali considerate dal Digital Intensity Index
La prima attività digitale considerata riguarda la quantità di addetti connessi ad Internet: se essa è superiore al 50%, la risposta a tale attività da parte dell’azienda può dirsi positiva.
La seconda attività è assolutamente moderna, ovvero l’utilizzo di strumenti di IA, la terza fa riferimento alla connessione di cui l’azienda può disporre (l’attività è considerata in termini positivi se essa ha una velocità BL fissa in download >= 30 Mbit/s), mentre la quarta è relativa al compimento di operazioni di analisi di dati.
La quinta attività concerne l’acquisto di servizi di cloud computing, termine con cui ci si riferisce, a livello generale, a tutti i servizi erogati in maniera “virtuale”, senza che l’impresa debba collocare delle risorse all’interno dei propri computer.
Il cloud computing assicura molteplici punti di forza in termini di economicità, flessibilità d’uso, scalabilità e molti altri aspetti ancora, ecco perché è considerato così rilevante, e non è certamente per caso se Istat ha scelto di dedicarvi un’ulteriore attività digitale, quella successiva, ovvero l’acquisto di servizi di cloud computing sofisticati o intermedi.
L’utilizzo dei social media, strumenti di uso ormai estremamente comune, rappresentano la settima attività digitale presa in considerazione, mentre l’ottava coincide con l’utilizzo di software ERP.
ERP è acronimo di Enterprise Resource Planning, e questi software sono progettati per consentire all’azienda di gestire una vasta gamma di operazioni, come ad esempio quelle relative alla contabilità, alla gestione delle risorse umane, alla logistica o ad altro ancora.
La nona attività digitale riguarda invece l’uso di software CRM, acronimo di Customer Relationship Management: come si può intuire dalla denominazione, questi programmi informatici sono pensati appositamente per consentire all’azienda di gestire i rapporti con i clienti, fermo restando che vi sono anche dei CRM particolarmente evoluti, come vtenext.com, che associano al “focus” principale delle ulteriori funzionalità.
La decima attività riguarda le PMI che dimostrano di prestare una particolare attenzione al mondo “social”, essa riguarda infatti le aziende che adoperano almeno due diversi social media, mentre le ultime due si rivolgono prettamente alle aziende che vendono attraverso la rete: una riguarda le PMI il cui valore delle vendite online è maggiore o uguale dell’1% dei ricavi totali, mentre l’altra è inerente alle aziende per cui le vendite online superano l’1% dei ricavi totali e le vendite B2C (Business to Consumer) superano del 10% i ricavi web.
L’attività digitale più comune e quella che lo è meno
Chiarito quali sono i parametri, ovvero le attività digitali, sulla base di cui Istat ha strutturato l’indicatore Digital Intensity Index, a cui, ricordiamolo ancora, hanno risposto positivamente il 60,7% delle PMI italiane, è interessante scoprire qual è risultato essere più ricorrente.
Il parametro a cui, in assoluto, le PMI italiane hanno risposto positivamente con maggiore frequenza è il terzo, ovvero la disponibilità di una connessione con velocità BL fissa in download >= 30 Mbit/s, con una percentuale dell’84,8%.
Quello meno ricorrente è stato invece quello relativo all’utilizzo dell’AI, che secondo Istat ha riguardato, nel 2023, appena il 5% delle PMI italiane.
Considerando che l’intelligenza artificiale è certamente una novità tecnologica di grandissima portata, è legittimo pensare che le aziende che riusciranno ad utilizzare al meglio questi strumenti nel breve periodo riusciranno a garantirsi un vantaggio competitivo molto importante.