Nella giornata in cui il Presidente Ucraino Zelenskji parlerà al Parlamento (a Camere riunite, con deputati e senatori in presenza), continuando la sua opera di sensibilizzazione sul dramma che sta vivendo il suo Paese (nei giorni scorsi aveva parlato, ovviamente sempre “a distanza”, ai Parlamenti di Israele, del Regno Unito, alle Camere Europee e al Parlamento USA), l’ONU arriva a parlare di oltre 10 ML di profughi ucraini. Numeri che fanno pensare ad un’emergenza umanitaria mai conosciuta in Europa: come se una nazione come il Belgio (circa 11 ML di abitanti) “scomparisse” dalla mappa europea. Se così fosse, i Paesi UE si troverebbero a far fronte ad un problema ulteriore, che complicherebbe ulteriormente i piani di crescita e che potrebbe mettere in discussione equilibri faticosamente trovati. Non a caso si inizia a parlare dell’emergenza profughi come di una nuova “arma” usata da Putin per “rompere” uno schieramento europeo mai così unito e concorde sulle azioni da intraprendere per emarginare la Russia e indebolire il più possibile quello che oramai è da tutti considerato uno dei leader politici più pericolosi al mondo.
L’impatto che la fuga dall’Ucraina potrebbe avere sui conti dei vari Paesi si può, al momento, solo lontanamente immaginare: ad oggi, per quanto riguarda il nostro Paese, il numero dei richiedenti asilo è stato molto modesto (circa 60.000 persone), ma se si dovessero ripartire i numeri ipotizzati in base alle “quote” definite per i migranti che sbarcano sulle nostre coste, si arriverebbe a centinaia di migliaia di profughi.
Un motivo in più per cercare di arrivare, se non alla pace, almeno ad un cessate il fuoco. L’Ucraina continua a resistere, ben sapendo peraltro che le richieste del Presidente Zelenskji (no fly zone, ingresso nella UE, mentre per quanto riguarda la Nato le aspettative sono completamente scemate), non potranno essere accolte dai partner europei, ma ogni giorno di più vede le proprie città svuotate e ridotte in macerie.
Il mondo, invece, prende atto ogni giorno di più che la crescita è destinata a perdere vigore, con proiezioni ben lontane dalle previsioni di un paio di mesi fa. La UE, secondo l’OCSE, dovrebbe crescere del 3%, molto meno del precedente 4,5%. Noi ci attestiamo al 2,7% (verso il precedente 4,3%), gli USA sono al 2,8%. Ma a preoccupare sono anche altri fattori: per esempio, in Germania i costi alla produzione dei prodotti industriali sono aumentati, solo nello scorso mese di febbraio, del 25,9%, il rialzo maggiore mai verificatosi in tempi di pace. L’anno scorso l’indice viaggiava intorno al 2%; negli anni 70, altro periodo “caldo” per quanto riguarda l’inflazione, non aveva mai superato il 15%. Ma la cosa grave è che è il terzo rialzo di fila con percentuali a 2 cifre: a dicembre l’aumento era stato pari al 24,2% e a gennaio aveva toccato il 25%. Con la Bundesbank pronta a rivedere le stime di crescita dell’inflazione, che dovrebbe salire, per il 2022, al 5%.
Ora siamo ancora, tra BCE e FED, al così detto “decoupling” (vale a dire “divergenza”) sulle strategie di “rientro” dalle politiche monetarie espansive. Mentre da noi si “naviga a vista”, in attesa di conoscere mese per mese l’andamento dei prezzi e quello dell’economia, la FED pare aver ben chiare le proprie idee. Ieri sera Powell ha nuovamente dichiarato che l’inflazione è decisamente sopra le aspettative e che, di conseguenza, la FED non starà a guardare (come peraltro è ben chiaro, visto l’aumento dello 0,25% deciso la settimana scorsa). Al momento si parla di altri 6 aumenti entro la fine dell’anno, a meno che l’impatto della guerra non sia ulteriormente più grave al punto da mettere in discussione la crescita.
Questa notte le piazze del Far East hanno dato segnali tranquillizzanti: dopo la chiusura di ieri per festività, il Nikkei chiude vicino al + 1,50%, mentre Shanghai si limita ad un “risicato” + 0,19% (a pochi minuti dalla chiusura). Exploit invece per Hong Kong, a + 2,65%. Bene anche la Corea del Sud, con il Kospi a + 0,7%, e l’India (Mumbai + 0,5%).
Ieri sera indici USA in discesa, indeboliti dalle parole di Powell.
C’è da dire, come già scritto ieri, che i mercati sembrano aver trovato, dopo il giustificato trauma dei primi giorni di guerra, un certo equilibrio. Equilibrio, peraltro, motivato anche da fattori “tecnici”. Infatti alcuni grandissimi investitori Istituzionali (come per esempio il fondo Pensione giapponese o il fondo sovrano della Norvegia, 2 dei più grandi, se non i più grandi, fondi al mondo, con asset rispettivamente di $ 1.600 MD e $ 1.300 MD) devono, per “policy”, adeguare i loro portafogli. Infatti, in estrema sintesi, i loro portafogli (mediamente bilanciati, vale a dire con un mix tra obbligazioni e azioni, con una “distribuzione” di 60% e 40%) a causa degli andamenti negativi delle scorse settimane, sono “squilibrati”, vale a dire con percentuali modificate. Ecco, quindi, che devono correre ai ripari, acquistando equity e vendendo bond. JP Morgan arriva a stimare acquisti in titoli azionari per circa $ 230 MD per riportare in equilibrio gli asset.
Dopo un inizio di giornata negativo, i futures quotano intorno alla parità negli USA, mentre sono positivi in Europa.
Continua a salire il petrolio sulla voce di nuove sanzioni alla Russia: questa mattina troviamo il WTI a $ 111,46, in rialzo dell’1,24%, dopo il + 4% di ieri.
Gas naturale a $ 4,887, – 0,45%. Megawattore a € 92,40, – 8%.
Si stabilizza l’oro, a $ 1.934.
Spread a 153,6, con il BTP che si avvicina al rendimento del 2%.
Impennata del Treasury, che tocca il 2,33% dal precedente 2,17%.
$ in leggero rafforzamento, con €/$ a 1,0978.
Bitcoin in forte crescita, a $ 42.264, + 2,85%.
Ps: giovedì il Presidente Biden volerà in Europa per incontrare i principali leader dei Paesi alleati. Viene preceduto, però, da Elon Musk: il vulcanico fondatore della Tesla (e di altre imprese che possiamo definire “futuriste”, vedi SpaceX) è atterrato ieri in Germania e oggi, a Berlino inaugurerà il 1° stabilimento europeo di Tesla, costato la bellezza di $ 5 MD. Quasi un “guanto di sfida” lanciato al Paese in cui l’automotive è il traino della propria economia.