Il 2° giorno della “Golden age” trumpiana è stato, anche se con numeri meno “scoppiettanti”, la falsariga del 1°, con molti asset che hanno confermato il loro trend.
Il Nasdaq 100, che racchiude le prime 100 aziende tecnologiche, ha toccato, per la prima volta nella storia, i 21.000 punti; lo S&P 500, da parte sua, ha allungato sin quasi i 6.000 punti (5.977), anche questo nuovo record storico.
Ma non finisce qui. Nvidia, il “testimonial” sui mercati dell’intelligenza artificiale, ha toccato i $ 148, arrivando ad una capitalizzazione “monstre” di $ 3.635 MD, spodestando Apple, non proprio “l’ultima arrivata”, ferma, si fa per dire, a $ 3.430.
E poi c’è il bitcoin. Dopo “l’endorsement” di Trump, che ha addirittura auspicato che in futuro la principale tra le criptovaluta venga “minata” (prodotta) negli USA, oltre che a lasciar intendere che potrebbe inserirla, durante il suo mandato, come riserva statale (né più né meno dell’oro fisico), il bitcoin è salito al record storico, segnando il prezzo record di $ 76.300. Su questi valori, la sua capitalizzazione ha raggiunto circa i $ 1.500. Rispetto al minimo, toccato, nei primi mesi del 2023, è cresciuto del 354%.
L’elenco potrebbe continuare, comprendendo singole realtà, o perché “ricomprese” nel cono d’ombra dell’universo trumpiano (vd Tesla del suo “main sponsor” Musk, sempre più “investito” (per il momento “auto-investito) da un ruolo politico, come dimostrano le sue parole di ieri, con le quali ha dato dello “stupido” (testuale) al Cancelliere tedesco Scholz, colpevole, secondo lui, della crisi politica tedesca (e non solo di quella, evidentemente, essendo certamente la stessa la conseguenza della crisi economico-sociale che la potenza (ex?) teutonica sta vivendo) o, invece, come nel caso del $, in quanto premiato dalle aspettative di un rafforzamento dell’egemonia economica statunitense.
I mercati, peraltro, stanno iniziando a scontare la “Trumpeconomic”, fatta di alcuni punti fermi: la fine dell’inflazione (tra tuti, forse quello più difficile da realizzare, che dovrà passare, per forza di cose dal taglio della spesa pubblica, il cui perseguimento – e qui nasce il bello – potrebbe essere affidato proprio al suo “sodale” Elon Musk, che già ha dichiarato che sarebbe in grado di garantire tagli per circa $ 2.000 MD, regalando certamente un “sorriso” agli oltre 2 ML di dipendenti pubblici, che vedono il loro futuro un po’ più enigmatico…), il taglio delle tasse, che, se fosse attuato, nell’arco del prossimo decennio potrebbe significare qualcosa come $ 5.000 MD in meno di entrate, l’aumento della produttività, che dovrebbe compensare la riduzione dei nuovi posti di lavoro (conseguenti anche al taglio delle spinte migratorie), che dovrà obbligatoriamente passare dall’intelligenza artificiale, l’aumento della produzione “domestica” di petrolio (l’America, va ricordato, è, e non di poco, il maggior produttore mondiale), che garantirebbe una certa stabilità dei prezzi (anche questo passaggio obbligato per frenare l’inflazione), che sarebbe favorita anche da una minor richiesta di case in affitto (sempre in conseguenza del minor numero di immigrati). Non va dimenticato, poi, che il nuovo Presidente ha in animo di riportare (on shoring) “a casa” la produzione di molti prodotti attualmente realizzati in Paesi esteri (in primis Asia). Senza contare i dazi, misura, peraltro, che ha un valore forse più simbolico che reale, visto l’impatto che potrebbe avere sui beni importati (si calcola, per esempio, che se fossero applicati ai beni europei, con una aliquota prevista intorno al 10%, l’impatto sui prodotti italiani varierebbe tra i 4 e i 7 MD. Il “peso” sarebbe soprattutto “politico”, costringendo i Paesi interessati, probabilmente, a sedersi ad un tavolo di negoziato. Fattori, soprattutto gli ultimi, che potrebbero portare “gli altri” (Cina, Europa, sempre più frammentata) a rivedere le loro politiche economiche, aprendo a nuovi stimoli per non rimanere “schiacciate” dalla forza americana.
Intanto ieri sera la FED non “è arretrata di un passo” dal suo programma, quasi a confermare la sua totale autonomia (a tal proposito Powell si è affrettato a dire che, nel caso Trump “spingesse” sulle sue dimissioni, rimarrebbe “senza se e senza ma” al suo posto: il suo incarico naturale scade, infatti, nel 2026, anche se, nel frattempo, il neo presidente eletto, che, per quanto lo abbia nominato lui, non ama particolarmente il Presidente FED, potrebbe mettergli intorno una sorta di “cordone di sicurezza” per limitarne l’operatività), tagliando, per la seconda volta consecutiva, i tassi dello 0,25%, portandoli, quindi, nella forbice 4,50-4,75% (ancora lontana, quindi, dal target del 2% fissato come punto di “atterraggio”): si prevede, salvo imprevisti, che entro l’anno prossimo possano scendere verso il 3,50%.
Questa mattina gli indici asiatici, un po’ come di solito succede ai pianeti, non sono perfettamente allineati.
A Tokyo il Nikkei si rafforza dello 0,30%, nonostante il tondo di Nissan (- 7%) a seguito dell’allarme utili.
Deboli le piazze cinesi, con Shanghai che perde lo 0,53%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng “lima” dello 0,90%.
Kospi Seul – 0,1%.
Taiex Taiwan + 0,62%.
Marginalmente sopra la pari i Futures (Eurostoxx + 0,12%, S&P 500 + 0,09%).
Petrolio in ribasso questa mattina, con il WTI a $ 71,76 (- 0,93%).
Gas naturale Usa $ 2,713 (+ 0,63%).
Oro ancora sotto i $ 2.700 (2.690, – 0.66%).
Sulla strada del recupero lo spread, a 127,7 bp.
BTP ancora sopra il 3,70% (3,74%).
Bund al 2,47%, con la crisi politica che si fa sentire.
Treasury al 4,33%, sui livelli di ieri.
€/$ a 1,0777, a conferma del buon momento del $.
Ps: non passa giorno in cui non si leggano le conseguenze, tra i giovani, della “sovraesposizione” sui social. Cominciano ad esserne ben consapevoli anche i Governi (il grido di allarme dei sociologhi è noto da tempo). Come nel caso del Governo australiano, che ha annunciato l’introduzione di una legge, che entrerà in vigore tra 1 anno, che vieta l’accesso e l’utilizzo dei social media ai minori di 16 anni. Quindi niente più X, TikTok, Facebook, Instagram e altre “diavolerie” del genere. Per verificare il rispetto della normapasserà attraverso l’uso di metodi avanzatissimi, come la biometria e l’identificazione governativa, che consentiranno agli organismi deputati al controllo di verificare in qualsiasi momento il controllo di ogni apparecchio. Da qualche parte, però, bisogna pur cominciare.