E’ ormai un dato di fatto che forse il più grave problema che il nostro Paese si trova ad affrontare è la crisi demografica: il crollo delle nascite (nel 2022 è stato superato il record negativo, con meno di 400.000 nuovi nati), a cui si affianca un’età media tra le più alte al mondo, con attese di vita ormai superiori agli 80 anni, ha conseguenze che definire devastanti non è eresia. I costi del welfare sono in continuo aumento, così come quelli pensionistici; di contro continuano a diminuire i contributi previdenziali. Ormai in 39 province (su un totale di 102) il numero dei lavoratori è inferiore a quello di chi usufruisce di una pensione. Un numero che si concentra soprattutto nel sud Italia, dove maggiore è la disoccupazione, in particolar modo giovanile (sulle 39 province interessate, ben l’82% si trova in quella parte geografica; le altre sono le province dove l’età media della popolazione è superiore alla media nazionale, vedi alcune province liguri). Ma più ancora dei costi del welfare, ciò che in chiave prospettica deve ancor più preoccupare è la tenuta dell’impianto economico-finanziario del nostro Paese: la combinazione diminuzione con contestuale invecchiamento della popolazione lascia poco spazio ai sogni di crescita e di sviluppo, con il rapporto debito/PIL che non potrà che aumentare in futuro.
Il problema, peraltro, probabilmente non riguarda solo il nostro Paese, ma un po’ tutto il mondo sviluppato: ormai è chiaro che il mondo è destinato a trovare un nuovo equilibrio, che, partendo dall’economia, sfocerà nella geopolitica.
Ne possiamo avere conferma guardando, per esempio, a quanto succede in alcune aree geografiche.
Da questo mese l’India, seppur per poche centinaia di migliaia di persone, è il Paese più popoloso al mondo, avendo superato la Cina.
In India l’età media dei residenti si aggira intorno ai 29 anni (da noi è 44,4 anni, in costante aumento), con il 52% degli abitanti sotto i 30 anni (in Cina sono “appena” il 40%, da noi il 26%). Si prevede che nel “sub-continente” asiatico, per i prossimi 20 anni, ogni mese circa 1.000.000 di ragazzi si affacceranno al mondo del lavoro. L’economia indiana, teoricamente, sarebbe in grado di “assorbire” questa marea di giovani alla ricerca di un lavoro: il problema, in realtà, potrebbe porsi per il fatto che molti sono alla ricerca di un posto di lavoro, come veniva definito una volta anche nel nostro Paese, “sicuro”, vale a dire non tanto nel mondo produttivo, quanto piuttosto nella pubblica amministrazione e nelle aziende ad essa collegata.
Tra il 2019 e il 2025 gli investimenti in infrastrutture supereranno i $ 1.800 MD: si prevede che verranno costruiti oltre 80 aeroporti (si pensi che Air India ha ordinato 220 nuovi aerei alla Boeing e altri 250 a Airbus). Oggi in India viaggiano solo 7 treni ad alta velocità, ma si prevede che entro un paio di anni si arriverà a oltre 400 (ogni anno viaggiano in treno, nel Paese, circa 8 MD di persone; l’altro limite è che attualmente viaggiano ad una velocità “di crociera” di 130 km orari – un po’ poco per essere definita “alta velocità”, soprattutto se messa a confronto con la realtà cinese, dove ci sono treni a “lievitazione magnetica” in grado di sfrecciare a 431 km orari…).
Il PIL quest’anno dovrebbe essere del 7%, superando di gran lunga quello cinese, per non parlare di quello delle economie più forti al mondo: già oggi l’India è la 5° potenza economica al mondo, dopo che ha “scalzato” la Gran Bretagna (proprio lei….) e si pensa che entro la fine del decennio supererà la Germania e il Giappone, rispettivamente ora al 4° e al 3° posto.
Eppure il consumo pro-capite di energia è appena un quarto di quello della Cina e un decimo di quello Usa.
Dopo le chiusure ampiamente positive di venerdì, con Wall Street spinta dai dati sull’occupazione, ben superiore alle attese, accompagnata da un livello di disoccupazione che ha toccato il 3,4%, mai così basso dal 1969, questa mattina borse asiatiche ampiamente positive: Shanghai sale dell’1,65%, seguita da Hong Kong, con l’Hang Seng a + 0,91%. Bene anche Seul (+ 0,7%) e Sidney (+ 0,5%).
Fa eccezione Tokyo, con il Nikkei a – 0,71%.
Futures marginalmente negativi un po’ ovunque.
Segnali di ripresa arrivano dal petrolio, con il WTI che torna oltre i $ 70 (71,86), in rialzo anche questa mattina (+ 0,63%).
Gas naturale Usa a $ 2,192 (+ 0,39%).
Dopo il calo di venerdì, che lo ha allontanato di massimi, l’oro torna “a brillare”, con un rialzo dello 0,12% a $ 2.029.
Spread sempre in area 190 bp (189,5), con il decennale intorno al 4,20%.
Treasury al 3,43%, in leggerissimo calo rispetto ai valori di venerdì (3,45%).
€/$ a 1.1044.
Week end in flessione per il bitcoin, a $ 28.264.
Ps: al mondo si parlano circa 7.000 lingue (ovviamente dal conteggio sono esclusi i “dialetti”). Nell’immaginario collettivo si ritiene che la lingua più diffusa sia l’inglese: in realtà è solo la terza, con “appena” 335ML di individui che la parlano (mentre è senza dubbio la più studiata, con oltre 1,5MD di studenti impegnati ad impararla). Al primo posto c’è il cinese, che, seppur in diverse varianti, parlato da oltre 1MD di persone. Al 2° posto lo spagnolo, con 399 ML di individui che lo parlano regolarmente (seppur gli spagnoli sia solo 38,4 ML). Di queste 7000 lingue, ben 839 sono parlate in Papua Nuova Guinea, Paese popolato da soli 8.9ML di individui (in sostanza ogni idioma viene parlato da circa 10.600 individui).