Mai come quest’anno è vera l’affermazione che il mondo è in una fase di “transizione” (o potrebbe esserlo), se è vero, come è vero, che si vota in oltre 76 Paesi, che riuniscono il 60% della popolazione mondiale: probabile che in molti, in considerazione anche di condizioni di “democrazia limitata”, o totalmente assente, nulla cambi da un punto di vista di “governance” politica (proprio ieri si è insediato, per la quinta volta, al Cremlino, dove regna incontrastato da circa 25 anni, lo “zar” Vladimir Putin), mentre in altri “l’alternanza” è più di un’ipotesi (basti pensare all’incertezza del voto americano, a neanche 6 mesi dalle Presidenziali).
Non c’è da stupirsi, quindi, se il debito globale (che comprende il debito pubblico e quello privato, a sua volta composto dal debito delle famiglie e da quello delle imprese) è tornato a crescere, dopo che per una manciata di trimestri, aveva preso una china discendente.
Si sa che le scadenze elettorali sono l’occasione per “spingere sull’acceleratore” del debito, grazie a politiche fiscali certamente espansive, alla caccia del consenso: una regola sempre valida, come conferma l’abnorme deficit USA, che, secondo gli ultimi rilevamenti, ha superato l’incredibile soglia dell’8%, andando ad appesantire il già alto debito pubblico (oramai siamo a circa $ 34.500 MD, con una spesa per interessi ormai prossima ai $ 1.000 MD: se pensiamo che una cifra analoga – appena sotto – è il budget di spesa del Pentagono (spese militari), ecco che siamo già a $ 2.000 MD per anno…).
Fatto sta che in soli 3 mesi, come ci ricorda un articolo apparso su Il Sole 24 ore, il debito globale è aumentato di $ 1.300 MD, arrivando a toccare i $ 315.000 MD, pari al 333% del PIL globale. A trascinare la crescita soprattutto i Paesi emergenti, che valgono circa 1/3 del debito globale ($ 105.000), con un aumento di circa $ 55.000 MD rispetto a soli 10 anni fa (ma con un’incidenza sul PIL globale ben inferiore). Sostanzialmente 2 i fattori che hanno portato alla “fotografia” attuale: il Covid (ancora e sempre), le cui conseguenze sui Paesi in via di sviluppo sono state ancora più pesanti rispetto al mondo sviluppato, e la “struttura” stessa del debito. Nella maggior parte dei casi, infatti, la valuta di riferimento delle emissioni è il $ Usa, valuta che si è, negli ultimi anni, rafforzata (e non di poco) verso le valute locali. A cui si aggiunge l’impennata dei tassi, che ha reso molto più caro il debito. Un “mix” micidiale per Paesi già alle prese con problemi strutturali piuttosto gravi.
Paradossalmente, peraltro, ci sono alcune aree in cui, pur essendo il peso del debito globale maggiore rispetto alla media, le preoccupazioni non sono così allarmanti.
E’ il caso, per esempio, del Giappone, forse il Paese percentualmente più indebitato al mondo, con un livello complessivo che ha raggiunto il 600% (solo il debito pubblico è stimato intorno al 250% del PIL): a rendere meno preoccupante il tutto il fatto che buona parte di questa immensa cifra è in mano “amiche” (quindi Governo, entità finanziarie domestiche – vd Fondi Pensione -, famiglie), che mettono al “riparo” dalla speculazione.
L’Europa, a confronto, gode (si fa per dire) di “ottima salute”, fermando il debito globale al 350% circa (349,2%), in diminuzione rispetto a 12 mesi fa, quando si trovava al 356,2%.
Non fa eccezione il nostro Paese: negli ultimi 12 mesi, nonostante le tante problematiche, il debito totale è sceso di $ 128 MD, portandosi a $ 6.245 MD, per un rapporto sul PIL del 275,6%. Il merito, in gran parte, va a imprese e famiglie, che hanno ridotto l’indebitamento (effetto dovuto all’elevato costo del denaro, che ha indotto, soprattutto le imprese, a contenere gli oneri finanziari, attingendo alle elevate riserve di liquidità). Va detto, per completezza di informazione, che il fenomeno è comunque globale, essendo, soprattutto le famiglie, la “categoria” che maggiormente ha saputo contenere, addirittura riducendolo, il debito, con un “peso” sul PIL globale che non supera il 59%.
Ieri sera chiusure poco mosse per gli indici americani, tutti intorno allo zero.
Tutte in rosso, questa mattina, le piazze asiatiche, guidate dal Nikkei di Tokyo, che arretra dell’1,70% circa.
Un po’ meglio va Shanghai, con perdite che si aggirano sullo 0,60%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng perde lo 0,87%.
Sulla parità, invece, a Seul, il Kospi.
Parità che vale anche per i futures, ovunque poco mossi.
Passo indietro del petrolio, con il WTI che questa mattina segna $ 77,94, – 0,68%.
Gas naturale Usa a $ 2,214, + 0,14%.
Oro $ 2.324, – 0,07%.
Spread a 132,4 bp, per un rendimento del BTP al 3,75%. Continua il collocamento del BTP Valore, che ha raggiunto i 6,56 MD di raccolta: un livello certamente interessante, ma meno brillante del precedente, con stime che portano intorno ai 10-12 MD le sottoscrizioni.
Bund a 2,41%.
Treasury 4,47%, in lieve restringimento.
€/$ stabile, a 1,0747.
Torna sui suoi passi il bitcoin, a $ 62.176.
Ps: ieri 4° tappa del Giro d’Italia. A vincere un giovane italiano (anche se il nome non lo direbbe), Jonathan Milan, 23enne di un paesino, Buja, in provincia di Udine. Milan è, attualmente, forse uno degli “spinter” più forti al mondo: ieri ha vinto sfrecciando, negli ultimi 150 mt, a 75,4 km orari, sprigionando una potenza di 1940 watt, e “spingendo” un rapporto in grado di sviluppare 10 mt a pedalata. Quello che si chiama “ciloturismo”…