Nei giorni scorsi il Ministro Giorgetti, sempre più sulla “cresta dell’onda”, vista anche la “stagionalità” (il 15 ottobre scade il termine per presentare alla Commissione UE la bozza del Documento programmatico di Bilancio – Dpb, quella che fino all’anno scorso si chiamava Legge Finanziaria, ma da qualche parte il “cambiamento” bisogna pur iniziarlo…) ha dichiarato che la riduzione dei nostri “oneri finanziari” (nella “vulgata” comune gli interessi sul debito) passano (anche) attraverso la nostra capacità di affrontare i problemi e la conseguente credibilità che ne deriva, e non solo dalle decisioni dei “policy makers” (le Banche Centrali). Un richiamo alle proprie responsabilità non sempre scontato quando a parlare è un “politico” e non un “tecnico” (ruolo di cui molti Governi si sono dotati appunto per “distinguere” chi è chiamato a fare il “lavoro sporco” rispetto a chi, invece, nell’esercizio della propria attività, non deve perdere di vista il “consenso”).
Certamente, a prescindere dalle proprie convinzioni politiche, la stabilità politica è uno dei fattori determinanti. Chiaramente deve essere accompagnata da azioni “coerenti” alla grandezza dei problemi che ci si trova ad affrontare e, quindi, alla possibilità di trovare soluzioni adeguate.
Per una volta non siamo gli unici a trovarci in una situazione non particolarmente felice. Anzi, a ragion veduta possiamo dire che qualcuno se la passa peggio di noi. Attenzione: non si sta parlando della “solita” Grecia, o di qualche isolotto sperduto nel Mar Mediterraneo, le cui sorti, per quanto importanti, forse poi non interessano a molti (Cipro, tanto per citare una di queste realtà, ha un PIL pari a circa € 30 MD: la Lombardia, per fare un confronto molto semplice, ha toccato, l’anno scorso, i 442 MD). Ma di uno dei Paesi “fondatori” della UE.
La Francia sta conoscendo forse uno dei momenti più difficili che abbia mai vissuto.
Giù le difficoltà incontrate da Macron della formazione del nuovo Governo (lo sconvolgimento elettorale di giugno, per quanto il “patto di desistenza” abbia attutito i danni per Macron, ha lasciato il segno) lasciavano intendere che il Paese d’oltralpe non avrebbe avuto un percorso in discesa. Finalmente, poche settimane fa, il Presidente francese, non certo all’apice della popolarità – il suo mandato è in scadenza per il 2027, ma se questo è il clima non si esclude che si vada ad elezioni anticipate – ha nominato, come Primo Ministro, Michel Barnier, politico di lunga data, già capo negoziatore UE nella trattativa con la Gran Bretagna per la sua uscita dalla UE. Una nomina, evidentemente, non casuale alla luce delle decisioni che da lì a poco il Governo sarebbe stato chiamato a prendere.
Ieri, mantenendo fede al compito per cui è stato chiamato, Barnier ha presentato la Legge di bilancio tanto attesa: un piano per complessivi € 60 MD (il 2% del PIL tra tagli – € 41,3 MD – e nuove tasse – € 19,3 MD), questo sì di “lacrime sudore e sangue”.
Sul fronte dei tagli, le spese statali saranno ridotte di oltre € 25 MD, mentre quelle relative alla “Securité” (il welfare francese) di quasi € 15 MD, a cui si aggiungono “sforbiciate” agli aiuti alle imprese e, in parte, alle famglie.
Sul lato nuove tasse, l’obiettivo è raccogliere, per quanto riguarda i redditi delle persone fisiche, almeno € 5,7 MD. Ad essere colpiti saranno i grandi redditi, identificati da € 250.000 a salire (in caso di single senza figli) ovvero € 500.000 (per una coppia), che saranno chiamati, per 3 anni, a pagare un’imposta minima del 20%. Ma saranno previsti aumenti per le tasse sui consumi elettrici, sui biglietti aerei, sui “malus” per le auto più inquinanti, etc.
Peggio, sotto certi aspetti, andrà per le imprese, il cui “maggior contributo” è quantificabile in € 13,6 MD. Nel “mirino” le imprese con un fatturato superiore ad € 1MD (se ne contano almeno 440), che dovranno versare un contributo straordinario (durata prevista 2 anni) sui profitti.
Una strada quasi “obbligata” se si vogliono mantenere i conti “sotto controllo” e raggiungere i traguardi minimi. Che poi sono non sono così dissimili ai nostri: il contenimento del deficit e un rapporto debito/PIL gestibile, con il primo fissato, per il 2025, al 5%, il secondo intorno al 110%.
Muoversi per primi, come ben sappiamo, può nascondere dei rischi; ma può anche diventare un “esempio” di quanto si può (o si dovrebbe) fare per raggiungere certi obiettivi. E chissà che a Giorgetti, in queste ore, non fischino un po’ le orecchie….
Ieri sera a Wall Street seduta “interlocutoria”, con cali minimi per i 3 indici principali, tutti attorno al – 0,13%.
L’ultimo giorno di contrattazione della settimana vede i mercati asiatici muoversi in maniera difforme.
A Tokyo il Nikkei sale dello 0,57%.
In calo le borse cinese (Shanghai – 2,85%, Shenzhen quasi – 4%), con gli investitori incerti sul piano di stimoli che il Governo dovrebbe varare.
Chiusa per festività Hong Kong.
Sulla parità il Kospi di Seul, dopo che la Banca Centrale ha tagliato il costo del denaro (per la prima volta da 4 anni) dello 0,25%.
Sale di circa l’1% il Taiex di Taiwan.
Futures al momento leggermente negativi (– 0,10/- 0,15%) sulle 2 sponde dell’Oceano.
Questa mattina il petrolio innesta la retromarcia, con il WTI a $ 75,22 (- 0,94%).
Gas naturale Usa $ 2,686 (+ 0,30%).
Oro in ripresa ($ 2.660,90, + 0,73%).
Spread in calo (127,3 bp).
Rendimenti BTP in leggero ribasso (3,54%).
Bund sempre al 2,26%.
Treasury poco mossi (4,067%).
Prosegue il rafforzamento del $, che tocca 1,0937 vso €.
Dopo essere sceso sotto i $ 60.000, rialza la testa il bitcoin, che questa mattina fa segnare $ 60.925.
Ps: arrendersi, per chi ama combattere, non è mai semplice. Ma la “presa d’atto” è un altro segno di grandezza. Rafa Nadal, dopo Roger Federer (il più grande di tutti), ha detto stop, Anzi, lo ha preannunciato: i prossimi match di Coppa Davis saranno gli ultimi. 38 anni, 92 titoli Pro, 22 Slam, 81 match vinti di fila su campi in terra rossa, 14 Roland Garros, 5 Coppa Davis, 209 settimane da n. 1, 15 anni di fila con almeno 1 slam. E tante altre cose ancora. Proprio lui, che a 19 anni si era sentito dire che era affetto dalla sindrome di Muller-Weiss, una malattia rara e degenerativa, che portava alla necrosi dello scafoide tarsale. E quindi a inibirgli il tennis. Uno dei tanti problemi fisici che lo hanno tormentato. Ma la testa, evidentemente, non era “infortunata”…