In settimana si aprirà, negli USA, la “stagione dei bilanci”. Cominceranno, infatti, ad essere resi noti i dati del primo trimestre. Le previsioni non sono delle migliori: per rimanere allo S&P 500, l’indice più rappresentativo, ci si attende un nuovo calo, dopo quello dell’ultimo trimestre 2021 (– 4,6%), questa volta del – 6,8%. Un nuovo indizio, quindi, che induce molti a ritenere che la recessione sia alle porte, con una riduzione degli utili aziendale superiore addirittura a quella registrata nel 2° trimestre del 2020, in piena crisi pandemica.
Una notizia che, peraltro, potrebbe avere un riscontro positivo, inducendo le banche centrali a decisioni meno drastiche in tema di politica monetaria.
Paradossalmente il settore che dovrebbe presentare i “numeri” migliori è quello bancario, assurto agli onori della cronaca per le ormai ultra-note vicende della Silicon Valley Bank e di altre banche “regionali”. Va detto che le eventuali, più che probabili, conseguenze sul settore (ma non solo su quello, visto l’impatto che il sistema bancario ha sulla gestione dell’economia), si dovrebbero far sentire nel trimestre in corso: la “fuga” dai depositi che si è notata nelle ultime settimane (da lì è partita la crisi per la banca californiana) da una parte, le “restrizioni” sul credito dall’altra (aspetto che si è già fatto notare con una certa evidenza, con un calo di oltre $ 105 MD nelle ultime 2 settimane (peggior calo dal 1973), lasciano pensare che le banche americane stiano preparandosi a “stringere la corda”. Quasi un “passaggio di testimone” con la FED: motivo in più che potrebbe spingere la Banca Centrale a non calcare troppo la mano nella lotta all’inflazione. In fondo, si può ottenere un risultato analogo (minor ricorso al credito bancario) sostituendo la politica dei tassi con l’adozione di un maggior rigore da parte delle banche commerciali nell’erogazione del credito a famiglie e imprese. Gli americani sono notoriamente dei “prenditori” di denaro: si calcola che i mutui siano pari a circa $ 2,7 trilioni, mentre i “consumer loans” raggiungono i $ 2 trilioni. Fenomeno che potrebbe nascondere, però, un rivolto negativo, vale a dire una diminuzione della marginalità del settore, che potrebbe quindi “riallinearsi” con la tendenza di fondo, come detto in precedenza, non particolarmente positiva.
Il settore che dovrebbe uscire peggio è quello della tecnologia, con un restringimento degli utili di oltre 15 punti percentuali, “marcato” da vicino dalle telecomunicazioni, con un calo appena inferiore (– 14,9%).
Al di là delle trimestrali, un altro segnale che invita ad assumere atteggiamenti meno rigorosi per quanto riguarda le politiche monetarie è quello che arriva dalla Banca Mondiale, che ha rivisto al ribasso il dato sulla crescita globale, portandola al 2% dopo che, soltanto qualche giorno fa, il Fondo Monetario Internazionale aveva dichiarato che per vedere una crescita del 3% (sempre a livello globale) si dovrà aspettare il 2028: se così fosse, la crescita del decennio 2020-2030 potrebbe essere la più modesta degli ultimi 40 anni. Un dato, secondo la Banca Mondiale, per il quale, oltre all’inasprimento delle condizioni monetarie, entra in gioco un altro fattore determinante, vale a dire l’invecchiamento della popolazione (con l’Italia quasi “capofila”, come testimoniano i dati pubblicati la settimana scorsa, con le nascita per la prima volta sotto le 400.000 unità – dato 2022).
Le tensioni geopolitche nel mar della Cina, con le esercitazioni navali al largo di Taiwan da parte di Pechino (che hanno immediatamente scatenato le reazioni diplomatiche degli Usa), non sembrano turbare più di tanto i mercati.
A Tokyo il Nikkei svetta con un + 1,10%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng segna un + 0,42%.
Appena debole invece Shanghai, in ribasso dello 0,19%.
Futures ovunque positivi, ad indicare aperture in rialzo dei vari indici.
Petrolio di nuovo in crescita, con il WTI tornato sopra i $ 80 (80,56).
Gas naturale Usa a $ 2,173 (- 0,14%).
Oro oltre i $ 2.000 (2.016, + 0,52%).
Spread che riparteda 185 bp, con il BTP al 4,02%
Bund al 2,17%, mentre il treasury Usa tratta al 3,39%.
€/$ a 1,0889, sui livelli di giovedì.
Bitcoin in gran spolvero, con i valori tornati sopra i $ 30.000 (30.078), valori che non si vedevano dallo scorso giugno.
Ps: le diete oramai fanno parte della nostra quotidianità, rispecchiando delle abitudini di vita che vanno per oltre il controllo dell’alimentazione. Si calcola che oltre il 79% della popolazione mondiale (quindi circa 5,6MD di persone)sia onnivara. I vegani rappresentano il 3% (così come i pescetariani – quasi un neologismo – , mentre i vegetariani un altro 5% e i “flexitariani”, coloro cioè che limitano il consumo di carne e di pesce solo in qualche occasione, sono il 14%. L’India è il Paese al mondo con il maggior numero di vegani e vegetariani, quasi il 40%: la conferma che l’alimentazione spesso deriva anche da tradizioni religiose, oltre che dal livello sociale.