L’andamento di ieri dei mercati europei (quello USA è “fuori dai radar”, facendo storia a sé, mentre quelli asiatici, pur nella loro eterogeneità, di certo non considerano l’Europa il loro “faro”) conferma come, di fatto, abbiano immediatamente “preso coscienza” della situazione francese.
Spesso, in situazioni analoghe, abbiamo notato come l’emotività diventasse padrona. In questo caso, forse anche perché, in effetti, la reazione emotiva c’è già stata (quella che ha fatto seguito all’annuncio, a sorpresa, da parte di Macron, di elezioni anticipate), non è stato così. Va detto, peraltro, che forse diremmo cose opposte se il risultato avesse visto il trionfo, così come i sondaggi lasciavano presagire (a proposito, sarebbe curioso capire su quali basi sono stati rilevati: mai indagine preliminare, probabilmente, si è dimostrata più inattendibile), della destra, che avrebbe allontanato non di poco Parigi dall’Europa.
Messa in un angolo la “rivoluzione”, la Francia si trova oggi a fare i conti con ciò che molti temevano, vale a dire una governabilità in salita.
I tre partiti più forti che le elezioni ci hanno consegnato, infatti, tra di loro “non si parlano”, avendo programmi e idee lontanissimi: i gruppi che li compongono (per esempio, il Nouveau Fronte Populaire, considerato il vero vincitore, comprende 5 gruppi: La France Insoumise, il partito socialista, i verdi, il partito comunista e altre sigle minori) mettono insieme ben 493 dei 577 seggi, lasciando ai partiti minori solo le briciole.
Senz’altro, dunque, i francesi, ma non solo loro, dovranno munirsi di pazienza per vedere la nascita di un nuovo Governo.
Probabile che, al di là di alcune dichiarazioni scontate da parte di chi ha vinto, che vorrebbe immediatamente ricevere l’incarico a formare il nuovo esecutivo, inizi una fase di studio, alla ricerca della “terza” (o quarta) via. Una via che, a detta di molti, dovrà per forza di cose passare attraverso il “frazionamento” delle alleanze che si sono formate nelle scorse settimane (il maggior indiziato, ovviamente, è il Nouveau Fronte Populaire, con alcune distinzioni che si stanno già manifestando).
Ne sono ben consapevoli, appunto, i mercati. L’entusiasmo per lo scampato pericolo “destrorso” è bilanciato dalla incontrovertibile realtà dei numeri di cui Macron, nell’assegnare l’incarico di formare il nuovo Governo, dovrà tener conto. Una situazione assolutamente nuova per il Paese transalpino, da sempre abituato a compagini di Governo piuttosto chiare e rapide nella loro formazione. Ciò che (i mercati) temono è che l’instabilità politica contribuisca ad aumentare problemi già presenti (e recentemente evidenziati, sia dalle società di rating – vd S&P Global Ratings, che poco più di un mese fa ha abbassato di un “gradino” il livello del debito francese – che di qualche società di Asset Management che, soprattutto, dalla UE, che ha avviato, nei confronti anche di Parigi, una “procedura d’infrazione” per deficit eccessivo). Il convincimento è che una soluzione si trovi (anche perché per almeno i prossimi 12 mesi non si voterà, come prevede la Costituzione francese, che vieta il ricorso a nuove elezioni nell’anno successivo ad eventuali elezioni anticipate), “tagliando fuori” le forze più estremiste (e quindi La France Insoumise da una parte e il Rassemblement National dall’altra), nella consapevolezza, però, che nel frattempo si vivrà “alla giornata”, nell’impossibilità, quindi, di mettere mano a riforme degne di questo nome e sempre, comunque, convivendo con la “precarietà politica”. Insomma, quello che si può definire il “male minore”, che è cosa ben diversa dalla “cosa migliore”. Ecco, quindi, che non dovremo stupirci più di tanto se vedremo i mercati muoversi senza una direzione precisa, alternando sprazzi di fiducia ad altri dove la preoccupazione la fa da regina. Un po’ come è successo ieri, con Parigi che, a fine giornata, dopo un andamento ondivago, ha chiuso in territorio negativo. Né, peraltro, per le medesime ragioni, dovremmo assistere a tonfi eccessivi.
La giornata di ieri, intanto, si è chiuso, oltre oceano, con i nuovi record del Nasdaq (+ 0,3%) e S&P 500 (+ 0,1%).
Questa mattina a Tokyo ha messo le ali il Nikkei, in rialzo di oltre il 2%, sulle voci che la Bank of Japan stia per avviare una serie di incontri per fornire nuove rassicurazioni ai mercati.
In accelerazione, in questi minuti, sia, a Hong Kong, l’Hang Seng (+ 0,26%) che la borsa di Shanghai, in rialzo dell’1,34%.
In salita gli indici di Sidney (ASX 200 + 0,7%), Seul (Kospi + 0,2%) Mumbai (Sensex + 0,2%).
Nuovamente positivi i futures americani, mentre quelli europei dimostrano qualche segno di fragilità (Eurostoxx -0,24%).
Stabile il petrolio, con WTI a $ 82.35.
Idem il gas naturale Usa ($ 2,371, + 0,04%).
Oro a $ 2.372 (+ 0,28%), dopo il calo di ieri.
Stanile lo spread a 136,6.
BTP 3,88%.
Oat francesi 3,17%.
Bund 2,53%.
Poco mosso anche il treasury Usa, a 4,28%.
Stabile l’€/$, a 1,0826.
Segnali di ripresa del bitcoin, a $ 57.409 (+ 1,25%).
Ps: uno degli indicatori ultimamente utilizzati per misurare la qualità della vita è la vicinanza di punti vendita (alimentari) alle abitazioni dei cittadini: in altre parole, quanta distanza devono percorrere, a piedi (la cosi detta “walking distance”) per raggiungere il negozio più vicino alla propria abitazione. Una buona qualità di vita fissa in 15’ il tempo massimo. Un’indagine de Il Sole 24 ore ci dice che i cittadini del sud Italia, almeno in questo, vivono meglio rispetto a quelli del nord: a fronte di una media italiana pari al 39%, al sud si raggiunge il 60%. Diverso il discorso per la Gdo (grande distribuzione), che vede in testa Torino e Milano, rispettivamente con l’80% e il 76%. Ma la cosa grave, tanto per cambiare, riguarda la sanità, con oltre il 51% delle persone che ha difficoltà a raggiungere un pronto soccorso.