Tra pochi mesi Amazon compirà 30 anni: la nascitadi quello che oggi è uno dei brand più conosciuti al mondo risale, infatti, al 5 luglio 1994. Questa volta, però, il “sogno americano” prende corpo non da un garage, ma da una stanza della casa che l’allora trentenne Jeff Bezos aveva appena comprato sulla West coast americana, a Bellevue, una cittadina a pochi chilometri da Seattle. Dopo soli 3 anni la start-up, che deve il suo nome all’omonimia son il fiume che attraversa la foresta amazzonica (un richiamo dovuto, secondo il suo fondatore, al fatto che la portata della libreria digitale su cui poteva contare la società, che ha iniziato la sua attività distribuendo unicamente libri, era paragonabile a quella del fiume più lungo al mondo insieme al Nilo, e quindi immensa), approdava già alla borsa americana. Per il suo arrivo in Italia, però, bisogna aspettare il 2014: da gennaio di quell’anno, infatti, viene attivato anche nel nostro Paese il primo servizio di spedizione serale, che consentiva, nel giro di poche ore, di ricevere a destinazione la merce ordinata (nel frattempo si era andati ben oltre la libreria…). Chi, in questi 10 anni, non ha fatto acquisti utilizzando il negozio on line più diffuso al mondo, comprando dal prodotto più semplice e banale a quello magari non così semplice da trovare, magnificandone la comodità e l’efficienza, con tempi di consegna a volte stupefacenti.
Oggi Amazon, per la cronaca, vale qualcosa come $ 1.800 MD (circa € 1.670 MD): quasi quanto il PIL del nostro Paese (siamo vicini a € 2.000 MD).
E’ di questi giorni uno studio di Confcommercio sulla presenza della piccola distribuzione nelle nostre città.
Veniamo quindi a sapere che, negli ultimi 10 anni, nelle nostre città sono scomparse 111.000 attività commerciali, a cui si devono aggiungere 24.000 imprese ambulanti. In tutto, quindi, 135.000 imprese commerciali sono scomparse. Ad essere maggiormente colpiti sono state i negozi di giocattoli, le librerie (primo “bersaglio” di Amazon), i negozi di dischi (complice anche la digitalizzazione musicale), ma anche ferramenta e i negozi di abbigliamento. Una vera e propria “disertificazione”, che ha cambiato il profilo urbano dei nostri centri storici, lasciando il posto soprattutto alla ristorazione, con la proliferazione di bar e tutto ciò che riguarda il fast food.
Allo stesso tempo, sempre nel nostro Paese, il giro d’affari generato dagli acquisti on line è aumentato sino a toccare, nel 2023, i 35 MD di €. E c’è da star certi che la stragrande maggioranza è transitato da Amazon.
Banale ricordare l’enorme incremento che si è verificato con la pandemia, con le vendite on line quasi raddoppiate nel nostro Paese (ma è molto probabile che il fenomeno abbia riguardato gran parte del globo), diventando, in quella fase, uno vero e proprio “strumento di sopravvivenza”. Per poi sfociare in un’abitudine di vita. A fronte di costi gestionali ed operativi sempre maggiori ha fatto riscontro, quindi, una diminuzione dei ricavi: un mix micidiale, che ha reso insostenibile, per molti, la prosecuzione dell’attività (non va dimenticato anche lo sviluppo della grande distribuzione, nel frattempo passata agli “store di quartiere”).
Se ci si fermasse ad una semplice analisi economica, le cambiate abitudini un qualche vantaggio lo hanno portato: al di là dello stare comodamente seduti sul divano, è indubbio che il prezzo medio dell’on-line è inferiore a quello che si troverebbe nei negozi, se non altro per l’accorciamento della catena (oltre all’enorme potere negoziale nel frattempo acquisito da Amazon).
Ma ben sappiamo che tutto non si può misurare sul mero vantaggio economico (a volte veramente modesto): se le nostre città, e ancor di più i nostri centri storici, si svuotano è dovuto anche al fatto che preferiamo cliccare un tasto che indossare le scarpe, uscire, entrare in una libreria, andare alla ricerca di un libro, chiedere un parere a chi ce lo propone e scoprire molte altre cose. A rimetterci, quindi, è il nostro sociale, destinato, quello sì, ad impoverirsi.
Nuova giornata di record quella di ieri a Wall Street. Per la prima volta nella storia, lo S&P 500 ha toccato quota 5.000 punti, anche se poi ha chiuso a 4,997,91 (+ 0,06%). Nasdaq + 0,16%, Dow Jones + 0,13%.
Questa mattina gran parte delle borse asiatiche (Cina, Taiwan, Corea, Indonesia etc) sono chiuse: sono iniziati infatti, i festeggiamenti del Capodanno lunare, che, in Cina, si protrarranno per circa una settimana.
Modesto rialzo per il Giappone, con il Nikkei che cresce dello 0,10%.
In discesa Hong Kong, con l’Hang Seng in calo dello 0,83%.
Intorno alla parità i futures.
Nuovo rafforzamento per il petrolio, con il WTI che tocca i $ 76 (76,19).
Pesante ribasso, questa mattina, per il gas naturale Usa, in calo del 5%, a $ 1,801.
Ancora stabile l’oro, a $ 2.047.
Spread sempre a 155,9 bp.
Rendimento del BTP a 3,92%.
Bund a 2,35%.
Treasury Usa al 4.14%.
€/$ a 1,078, sui valori di ieri.
Ulteriore balzo per il bitcoin, che questa mattina si affaccia oltre i $ 46.000 (46.318).
Ps: si svolgerà nella notte di domenica (ma in Italia sarà già mattino) la finale del Super Bowl, probabilmente l’evento sportivo, ma soprattutto mediatico, più importante al mondo (si calcola che il giro d’affari generato sia pari a circa $ 17 MD, per l’80% determinato da food e bevande). La sede sarà a Las Vegas. Molti degli spettatori che assisteranno alla finale arriveranno con jet privati. C’è però un problema: i 4 aeroporti (oltre a quello cittadino, altri 3 vicini) hanno esaurito i “parcheggi”. In tutto 475 posti, destinati, appunto, ai jet privati. Tutto esaurito. Quindi bisogna atterrare, farsi venire a prendere alla scaletta dell’aereo e far ripartire l’aereo, per poi farsi nuovamente venire a prendere. Per la cronaca, anche l’anno scorso, a Phoenix, i posti sono andati esauriti: però erano 1.100.