Il PIL della Cina (da anni la 2° economia al mondo) per il 2023 è stato pari a circa $ 17.600 MD. Per quest’anno si prevede una crescita del 5%, quindi circa $ 900 MD.
I consumi interni pesano per un modesto 30%: tanto per fare un esempio, quelli americani arrivano ad incidere sul PIL Usa per l’80%. Potrebbero bastare questi semplici numeri per spiegare molte cose, oltre a confermare che la crescita del “dragone” potrà realizzarsi solo le esportazioni continueranno a rimanere molto sostenute.
Molte, evidentemente, sono le implicazioni. Lo sa bene Xi Jinping, il Presidente cinese, che, dopo 5 anni, torna in Europa, uno dei principali sbocchi per le merci cinesi.
E lo sa ancora meglio Macron, la cui leadership in Patri è messa fortemente in discussione e cerca, di conseguenza, seguendo la sua vocazione “europea”, di “coinvolgere” l’Europa (con Ursula von der Leyen alla disperata ricerca di consensi per “giocarsi” la carta del rinnovo di Presidente della Commissione europea, anche se, oramai, il suo destino sembra segnato).
Sullo “sfondo” si intravede, in maniera molto chiara, la guerra russo-ucraina. La Cina, oramai, è il principale alleato commerciale della Russia, che ha “dirottato” verso Pechino la vendita dei propri prodotti energetici. Facile immaginare che, quindi, nei colloqui si parli della guerra e del ruolo che la Cina può avere per individuare una soluzione. Anche perché, dall’altra parte, è probabile che la leva commerciale venga usata come un “grimaldello”, mettendo in guardia il leader cinese sui rischi che un suo prolungato e importante sostegno a Putin potrebbe causare, con, banalmente, l’inserimento di dazi (dopo quelli americani) che sarebbero causa di ulteriori problematiche all’export cinese e al commercio internazionale. Una situazione che, se dovesse verificarsi (ipotesi non così remota, dopo che la von del Leyen, nei giorni scorsi, aveva fatto intendere che potrebbe avviare la loro introduzione già dal prossimo mese per quanto riguarda le auto elettriche) renderebbe impossibile il raggiungimento degli obiettivi di crescita dell’economia cinese come sopra indicato.
La geo-politica, ancora una volta, si conferma, quindi, centrale per lo sviluppo delle varie economie e il buon andamento dei mercati finanziari. E se la Cina ha “bisogno” dell’Europa, è vero anche il contrario. L’immenso mercato cinese è stato uno degli artefici della crescita che molte aziende europee (basti pensare al lusso) hanno ottenuto in questi anni: nel momento in cui l’area è andata in crisi, le ripercussioni non si sono fatte attendere, con ricadute pesanti sui ricavi e ancor di più sugli utili aziendali (e con le quotazioni azionarie in molti casi piuttosto penalizzate).
Tante, pertanto (forse troppe), le questioni sul tavolo. E quando gli argomenti sono tanti, e tutti tremendamente importanti, non è semplice trovare la migliore soluzione, soprattutto se le posizioni non sono così vicine.
Certamente almeno su un tema la partita, al momento, è impari: quella degli aiuti statali alle aziende (peraltro molte a totale controllo statale). Oggi, infatti, sono molte quelle che ricevono dal Governo Centrale aiuti in grado si sostenere lo sviluppo e la ricerca, oltre che il mantenimento dei posti di lavoro. Cosa, invece, praticamente impossibile da noi, vuoi per la presenza di leggi che limitano, non poco, l’intervento statale, vuoi per il fatto che le risorse finanziarie non permettono “voli pindarici”.
Vedremo se, tra un museo e l’altro, e una gita sui Pirenei, il “luogo del cuore” di Macron, che lì passava le sue vacanze, l’Europa, più che la Francia, avrà modo di “muovere la classifica”.
Ieri sera nuova chiusura positiva per i mercati americani: Dow Jones + 0,46%, Nasdaq + 1,13% (a questo punto ha praticamente recuperato la debacle del mese di aprile), S&P 500 + 1,03%.
L’Asia “risponde” con il Nikkei di Tokyo a + 1,57%, Kospi di Seul a + 1,9% e Taiex di Taiwan a + 0,3%.
Positiva anche Sidney, a + 0,8%.
Meno brillanti i mercati “great China”, con Shanghai a + 0,11%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng, dopo 10 sedute con il segno più, si prende una giornata di pausa (– 0,75%).
Futures ovunque intorno alla parità.
Stabile il petrolio, con il WTI a $ 78,59 (+ 0,03%).
Gas naturale Usa a $ 2,165, – 1,55%.
Poco mosso anche l’oro, a $ 2.329,6 (- 0,16%).
Spread che si riaffaccia a 130 bp (131,6), con il BTP a 3,78%. Ieri è partito il collocamento del nuovo BTP Valore, con le sottoscrizioni che hanno raggiunto i 3,7 MD, cifra significativa anche se lontana dai risultati delle precedenti edizioni (quella di febbraio-marzo, nel primo giorno, aveva toccato i 6,4 MD).
Bund a 2,46%.
Treasury 4,48%.
€/$ 1,0756, con $ in lieve recupero.
Bitcoin sui livelli di ieri ($ 63.615), dopo essersi affacciato oltre i $ 65.000.
Ps: qualche giorno fa tutti i media avevano dato ampio spazio alla notizia della clamorosa cessione di un immobile nel centro di Milano, in pieno “quadrilatero”, al prezzo “imbarazzante” (non solo per i valori milanesi) di € 1.3MD, corrispondenti ad € 110.000 al mq (la superficie complessiva è di circa mq 11.800). Sempre a Milano, questa volta, però, in Galleria Vittorio Emanuele, Tiffany si è aggiudicata l’utilizzo di un negozio (mq 174,5), di proprietà del Comune (come tutti gli spazi commerciali presenti in Galleria) al canone annuo di € 3,6 ML (tremilioni e seicentomila euro): tradotto, € 20.630 per mq all’anno. Ipotizzando un rendimento dell’investimento del 6% annuo (percentuale non così elevata per questo genere di operazioni), si arriverebbe ad un valore (ipotetico) di € 60 ML. Che sarebbero, al mq, € 343,.839 (tralasciando i decimali). Ancora una volta si conferma che tutto è relativo.