Oggi, dopo la scontatissima decisione della BCE (tassi giù dello 0,25%: i bookmakers probabilmente non avrebbero neanche più accettato scommesse), sono molti coloro che, calcolatrice alla mano, “faranno di conto”.
Innanzitutto il Tesoro. Le dimensioni del nostro debito pubblico (ormai a € 3.000 MD, di cui € 2.458 costituito da titoli di Stato) giustificano ampiamente la soddisfazione per il taglio: il costo medio per interessi si aggira intorno al 2,85% (ma se fermiamo l’osservazione unicamente alle emissioni dell’anno in corso siamo al 3,59%). In termini assoluti, significa che l’anno scorso il Tesoro ha “speso” per interessi circa € 79 MD (cioè il 3,8% di PIL); quest’anno a budget sono stati messi € 84 MD (3,9% di PIL), che sfioreranno i 100 MD l’anno prossimo (96 MD, 4% di PIL). Se al ridimensionamento deciso ieri ne seguissero altri (secondo Moody’s Ratings si potrebbe arrivare a 100 bp – 1% – di riduzione, ipotesi forse eccessivamente ottimistica), il risparmio per le nostre casse è stimato in € 3 MD, che diventerebbero 7 l’anno prossimo e 10 nel 2026.
Ci sono poi le famiglie. Tutti sappiamo come il costo dei mutui abbia avuto un’impennata tremenda, con il costo della rata spesso raddoppiata, facendo aumentare non di poco le insolvenze, o costringendo molti (soprattutto chi ha contratto il debito negli ultimi anni, con un’incidenza, quindi, molto elevata della parte “interessi” rispetto al “capitale”) a sacrifici notevoli. Rispetto a quello che è il valore medio di un mutuo nel nostro Paese (€ 126.000, durata 25 anni), il risparmio sarà pari ad € 18 al mese (ovviamente si fa riferimento ai mutui a tasso variabile, che hanno come “base” il tasso €uribor a 1 o 3 mesi, scesi di 25 bp).
Non da meno le aziende, per le quali i costi dei prestiti e dei finanziamenti cominciano ad essere più favorevoli. Ad aprile il costo medio su un prestito bancario era pari a circa il 5,32%: ecco, quindi, che ci si torna attorno al 5%, con qualche “affaccio” anche sotto. Probabile, quindi, che le imprese tornino a finanziarsi con maggior intensità, dopo che, soprattutto dall’anno scorso, io ricorso al debito è notevolmente diminuito.
Per arrivare ai mercati.
Il tema, in questo caso, forse è un po’ più complesso, in quanto “i conti” non si fanno tanto sulla base delle decisioni di ieri, quanto sul percorso che la BCE (per non parlare della FED) deciderà di intraprendere: la calcolatrice, pertanto, oggi serve a poco, avendo (i mercati) già “scontato” il taglio (una delle loro caratteristiche principali è di muoversi in anticipo). Anche i movimenti di ieri, infatti, sono “figli” non tanto del ribasso quanto delle aspettative sul futuro prossimo.
Dalle parole della Lagarde si ha la conferma che la Banca Centrale, nei prossimi mesi, “navigherà a vista”, guardando di volta in volta all’andamento dei dati, alla ricerca di validi motivi per proseguire nei ribassi. Al momento, quindi, nessuna strada è tracciata. Anzi, l’indicazione di un’inflazione in rialzo (seppur di poco, + 0,20%), rispetto a quanto in precedenza stimato, per quest’anno (2,5% vso 2,3%) e l’anno prossimo (2,2% vso 2%), mentre rimane invariata per il 2026 (1,9%) fa pensare che il percorso non sarà così semplice e lineare, non permettendo l’utilizzo del “pilota automatico”. Il comportamento dei mercati di ieri può fornirci qualche indicazione.
In primo luogo si ha la conferma che avremo ancora una fase “higher for longer”. Non a caso, limitando l’osservazione al nostro indice MIB, possiamo notare come a trarre il maggior beneficio siano state, ancora una volta, le banche, con rialzi superiori al 2%: tassi alti più a lungo, anche se è iniziato il viaggio a ritroso, significano ancora bilanci in gran spolvero, con utili che rimarranno a livelli tali da fornire grandi soddisfazioni agli azionisti (grandi e piccoli). Se. Invece, guardiamo agli spread, non solo ieri non sono diminuiti (e questo lo si poteva immaginare), ma, al contrario hanno fatto un piccolo passo avanti (per es, il nostro BTP è passato dal 3,81% al 3,87%, il bund dal 2,50% al 2,54%). Segno che non ci si aspetta chissà quale movimento nei prossimi mesi.
E’ probabile, peraltro, che le parole un po’ “bipartizan” da parte della Lagarde (taglio dei tassi sì, ma per il futuro ci teniamo “le mani libere”) siano state dettate anche dalla volontà di non creare “problemi” al rapporto di cambio €/$. Parole più “decise” sulla via dei tagli quasi certamente avrebbero provocato una corsa al $ (il differenziale tra tassi BCE e tassi FED si sarebbe ulteriormente ampliato, spingendo ulteriormente l’acquisto del “biglietto verde”), fattore piuttosto negativo per la UE, che si troverebbe ad “importare inflazione”, avvenendo il pagamento della stragrande maggioranza delle transazioni commerciali internazionali in $.Vanificando e rendendo, anzi, controproducente la manovra monetaria in questione.
E quindi avanti con la strategia dei piccoli passi tanto cara ad Henry Kissinger, Segretario di Stato Usa negli anni del “disgelo” tra Usa e Cina.
La settimana si chiude con i mercati asiatici un po’ “svogliati”, con movimenti modesti.
Shanghai al momento si mantiene marginalmente positiva (+ 0,12%), mentre a Hong Kong l’Hang Seng arretra dello 0,57% (settimana + 1.6%).
Nikkei piatto, con un bilancio settimanale di + 0,5%.
Positive Seul e Sidney, rispettivamente a + 1% e + 0,3%.
Dopo la chiusura piatta di ieri sera a Wall Street, questa mattina i futures fanno segnare rialzi attorno allo 0,20% a New York, mentre sono poco mossi in Europa.
Continua la ripresa del petrolio, con il WTI che “consolida” a $ 75 (75,63).
Gas naturale Usa $ 2,828.
Oro ad un passo dai $ 2.400 (2.394,90, + 0,08%).
Spread a 131,1.
BTP 3,85%.
Bund 2,54%.
Treasury al 4,29%.
Bitcoin a $ 71.236, in rialzo questa mattina.
Ps: forse andrebbe modificata l’espressione “italiani popolo di santi, poeti e navigatori” (trae origine, come noto, da un discorso tenuto da Mussolini nel 2035), aggiungendo “e di tennisti” (come, a suo tempo, sempre in ambito sportivo, siamo stati “sciatori”). In attesa dello “scontro” di oggi pomeriggio, in semifinale, tra Alcaraz e Sinner, sono approdati alle finali del Roland Garros il doppio maschile (Bolelli-Vavassori) e il singolare femminile, con Jasmine Paolini. Un’atleta capace di andare oltre i suoi limiti: è alta, infatti, “solo” 1,63 mt: in un’epoca in cui il tennis (in altezza) è cresciuto più di altri (in ambito maschile ci sono tennisti di 2 mt e oltre, in quello femminile si va facilmente intorno a 1,80) il risultato della tennista toscana è ancora più eclatante.